Napoleon

Su Ridley Scott ho scritto tanto…
…forse troppo…
[oggi la sproloquiata per Passparnous del 2021 è disponibile anche qui]

La consapevolezza dell’esistenza della sua ennesima director’s cut di 4 ore, già pronta per l’imminente streaming di Apple, fa vedere il Napoleon di 2h e 40′ del cut per la sala come qualcosa di quasi rapsodico: una serie di episodietti della in ogni caso già stranota biografia di Napoleone presi quasi alla cieca tra i tanti disponibili (si ignorano Marengo e la Spagna, per esempio)…

Ma, si sa tutti, che Scott con Napoleone ha a che fare da sempre: The Duellists, del ’77, il suo primo lungometraggio, è ambientato durante le guerre napoleoniche… [nell’articolo del 2021 per Passparnous ho cercato di dimostrare che tutto lo stile visivo di Scott è già completamente in uno spot del pane britannico del 1973: Scott aveva già 36 anni: e che quindi uno dei suoi “ultimi” film coincida con il primo non desta grandi sorprese]

Ma la stranota biografia e la dimestichezza scottiana dell’argomento rendono Napoleon uno strano film di Scott…

Da quasi 20 anni (vedi le disamine complessive in Up and Down di Ridley Scott e in Last Duel), Scott ha deciso di fare il vate della complessità (vedi anche quanto si dice a latere di House of Gucci), ma con Napoleon, a causa dell’andamento rapsodico che pesca a tentoni dalla vita di Napoleone, sembra ripiegare nella semplificazione

Napoleon, almeno nella cut di 2h e 40′, è una sorta di caricatura di Napoleone, che obbedisce alla legge hollywoodiana del biopic (vista anche in Walk the Line) di scovare una cifra onnicomprensiva di una vita e su questa costruire tutto quanto: una cifra basta sia, una qualsiasi, una piccola cosa che serva per parte per il tutto di tutta un’esistenza umana…

Luhrmann, recentemente, come il Mangold di Walk the Line, obbedisce a questa legge trovando nell’infanzia black di Elvis tutto Elvis, anche quello adulto e poi “senile”…

e Scott fa uguale: “rimpicciolisce” tutto Napoleone alla relazione con Giuseppina…

fino ad adesso Scott aveva fatto film di monumentale complessità, sviscerata in dialoghi massosi da alternare alle battaglie e ai momenti di puro visivo

  • il Colombo di 1492 è usato per parlare di tutto e di più (della modernità, del genio, del mondo nuovo che apre la scoperta dell’America e della reazione del vecchio sistema), con una serie di dialoghi interlacciati con epiche scene di battaglia/esotismo di pura visualità…
  • Black Hawk Down, tra le tante battaglie, aveva dialoghi di disperazione per la nichilistica condizione bellica dell’esistenza…
  • Kingdom of Heaven è fatto di dialoghi imperscrutabili sulla complicatezza della laicità medievale alternati a battaglie…
  • Body of Lies è tutta una chiacchiera su quello strazio (e lo vediamo proprio oggi) del Medio Oriente alternata a scene d’azione varie…
  • Robin Hood è tutto un tentativo di parlare dell’arzigogolo della Magna Charta insieme a battaglie varie…
  • Exodus è tutto di dialogoni sulla follia religiosa alternati a battaglie…
  • All the Money in the World, tra le contingenze narrative, ha tutta un’ansia velleitaria di parlare dell’OPEC e della Guerra fredda…
  • The Last Duel, tra tutte le botte da orbi possibili, vuole illustrare lo strazio del Medioevo…
  • House of Gucci, in mezzo all’arredamento e ai costumi lussuosi, butta là il cambiamento tra il vecchio capitalismo familista e il nuovo liberismo finanziario dei petroldollari…

tutta ‘sta roba produceva film non solo visivi ma anche tanto pensosi e spesso verbosi…

in Napoleon tutto lo strazio alla Quatrevingttreize (Victor Hugo, 1874: e ricordiamoci della rievocazione di Waterloo nei Miserables: tesissima!), alla Balzac, alla Dantons Tod (Georg Büchner, 1835), alla Tolstoj (sia Borodinó sia l’incendio di Mosca sia la ritirata sotto l’attacco dei partigiani di Kutúzov è narrata come non mai in Guerra e pace, 1867), alla Abel Gance (il suo Napoleon del 1927), alla Bernanos (Dialogues des Carmélites, 1949 e Poulenc, 1957), magari di sotterfugi politici, di logos sui trionfi della borghesia (alla Rouge et le Noir di Stendhal, 1830), sulla corruzione del potere, sulla Realpolitik della guerra, sul tarpamento delle ali della libertà, sulla impossibilità delle rivoluzioni, sul ripiegamento reazionario di qualsiasi nuova idea liberatrice…
…che uno si aspetterebbe da chi questi discorsi li ha fatti, mutatis mutandis, per il Medioevo, per Mosè e per Colombo…
…in Napoleon non ci sono…

Napoleon si diverte a fare una caricatura della Terreur, della politica repubblicana rivoluzionaria, e di quel Napoleone che da tutto questo è venuto a galla, dando per scontato che Napoleone è già reazionario, fin dall’inizio; che la borghesia ha già vinto, nella sua declinazione peggiore della ricchezza producente una nuova e updated aristocrazia; che la guerra è inevitabile e basta…

Le idee, così tanto rispettate da Scott nei film precedenti (soprattutto in The Duellists, tratto da Conrad, che di quelle idee ne sviscerava parecchie e Scott era stato bravissimo a imbrigliarle visivamente) – e che sarebbero potute essere, di nuovo, la dicotomia tra nuovo e vecchio, tra utopia del progetto e distopia della realizzazione, tra la giustizia e i prezzi che siamo disposti a pagare per ottenerla – in Napoleon vengono spazzate via per far posto a tutti i luoghi comuni sul Napoleone libidinoso, sgarruffato ma sotto sotto tenerone…

e nel rimpicciolimento del biopic si vede un Napoleone che fa tutto solo e soltanto per Giuseppina, anche dopo che l’ha lasciata, come se la bramosia di potere del nuovo borghese/aristocratico che si fa imperatore fosse tutta poggiata sulla tenerezza quasi amicale che aveva con Giuseppina… una tenerezza amicale che però non gli impediva di maltrattare assai la stessa Giuseppina con piccoli screzi vari domestici…
per cui, quel tanto amore cos’era?
davvero solo cavillo edipico (Giuseppina come Maria Letizia Remolino)?

boh…

in questo rimpicciolimento, Scott finisce quasi per far passare gli aristocratici addirittura come simpatici (vedi Aleksandr I e Wellington, un elegante Rupert Everett, alla fine presentati quasi come la voce della ragione o della vera galanteria: uno shift di senso simile a quello del recente Jeanne du Barry), perfino aprendo il fianco al realismo britannico che si prende gioco dei francesi regicidi con la solita sbobba che gli inglesi uccisero sì un re nel 1649, ma poi lo rivollero indietro dopo una 10ina d’anni, e dal 1689 hanno convissuto con la monarchia senza fare tutto quel baccano che ha fatto Napoleone, baccano stigmatizzato da Scott come puro capriccio di un assassino di massa (vedi l’esergo finale con la conta dei 3 milioni di morti)…

il Napoleon di Scott finisce per essere un film sulle bizzarrie idiote di riccastri fattisi nobili, che stigmatizza un periodo complesso dell’Europa come una burletta, forse scherzando proprio sulle radici dell’Europa (già molto criticate, sul versante cristiano e autoritario, in Last Duel), che non si fa mancare nessuna smorfia o esagerazione di Phoenix, nessun cliché sulla follia del tempo, dai beveroni alle satiriasi alle battutine sessiste, illustrando tutto in un mix quasi alla Marie Antoinette di Sofia Coppola (ancora, dopo Jeanne du Barry, arbitra della rappresentazione odierna dell’ultimo Settecento) fatto di colonna sonora estraniante e “comica” (il molto efficace Main Theme di Martin Phipps, di poche note, è quasi umoristico), sì robusta di esattezza classica (Haydn, Viotti e compagnia bella) ma anche piena di pezzi non canonici (Ça ira di Edith Piaf, la Dawn di Dario Marianelli per Pride & Prejudice di Madden, 2005, più chopiniano di tutti gli Chopin), che contribuisce a dare a ogni cosa una parvenza di parodia

…come se Scott, in Napoleon, avesse voluto fare appunto una grottesca parodia del periodo, additato come momento di pura irrazionalità vanesia dei singoli invece che come momento di trasformazione epocale…

si può essere d’accordo?

no?

boh…

in ogni caso, questo tono parodico rende il film divertente e lascia spesso il posto alle immancabili battaglie, che sono carine, anche se stavolta molto meno realistiche del solito (il lago ghiacciato ad Austerlitz, di cui austriaci e russi non conoscono l’esistenza, è davvero una perla di nonsense: davvero sorprendente per uno che per verosimiglianza ha fatto cucire mezzo milione di bandiere da far sventolare in Kingdom of Heaven [da non sottovalutare le voglie di rifare Aleksandr Nevskij di Ejzenštej/Prokof’ev, 1938, per uno che, ricordiamolo, ha ricalcato una scena di Paths of Glory di Kubrick; e Kubrick è proprio l’ispiratore massimo di questo film, quel Kubrick che riciclò le idee visive del suo Napoléon in Barry Lyndon, 1975]; e stupenda è la Cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca, costruita solo nel 1882 con l’idea di celebrare proprio i 70 anni di Borodinó, che svetta come il Colonnato di San Pietro nell’antica Roma del Gladiator)…

il tutto nella consueta gestione visiva gloriosissima di Scott, che livella ogni cosa sui quadri di Ingres e David (anche in scenografia, del solito Arthur Max, e nei costumi, della solita Janty Yates), badando (con Wolski) molto più al chiaroscuro, in un film che ha quasi sempre un denso grumo di cupezza visiva, quasi un viraggio scuro, su tutto quanto, forse a sottolineare che erano tempi bui

Non l’ho guardato male
è un film per divertirsi, e non si può dire che non diverta o non intrattenga…

ma il Phoenix gigione,
il tono ridicolo,
una idée fixe di innamoramento che però è anche maltrattamento,
la concretizzazione di Giuseppina tutto sommato abbastanza scarsa (Vanessa Kirby è bravina ma spero che tutto il meglio sia finito nella versione di 4h),
una soffusa apologetica della Restaurazione,
la mancanza di riflessione, se non nel nichilismo dell’esergo finale e nella stigmatizzazione complessiva del periodo come male, tout court (là dove nei Duellists di riflessione ce n’era tanta),
me lo rendono uno degli Scott meno ficcanti…

forse la versione di 4h sarà diversa…

in ogni caso uno Scott che butta in caciara la storia, andando nel parodico e nel comico in maniere estranianti, con una colonna sonora spiazzante, per illustrarti gli eccessi di una classe dirigente che alla fine, o per volontà di potere o per ormoni, produce solo morti, desta infinita curiosità più che sdegno…

11 pensieri riguardo “Napoleon

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  1. Sulla tua recensione di “House of Gucci”, avevo scritto che ti avrei detto le mie impressioni dopo averlo visto. Bene, l’ho visto due volte e in embrambi i casi non mi è piaciuto per niente. Direi che la cosa meno azzeccata è la scelta del cast, cannata in toto.
    Questo Napoleon non lo vedrò, perché apprezzo troppo Joaquin Phoenix per vederlo dentro un personaggio lontano anni luce dalla sua bravura.

  2. Devo vederlo stasera. Non mi ero informato e ignoravo che ci fosse una versione “estesa” e a me non piace molto vedere quelle tagliate… Temevo inoltre che puntasse molto sull’aspetto della relazione sentimentale… Magari mi piace lo stesso, però ‘nsomma.

  3. se i miei compagni di classe non lo hanno già visto lo vedrò (e farò un post sui 4 blockbuster del 2023) ma di mio sono troppo dubbioso
    è da prima del 2010 che scott non fa grandi film; e gli alien sono orridi

    non so
    sta pure floppando lol

      1. Per le sue tasche no, ma non è detto siano brutti film. I film di Joe Dante sono quasi tutti stati flop, ma sono uno meglio dell’altro…

  4. Ho letto con interesse il tuo articolo su tutti i film di Scott, bellissimo, profondo e illuminante e mi dispiace dissentire sulla critica a Napoleon che ritengo invece essere il capolavoro di Ridley Scott. In primo luogo credo che il film vada visto come “Napoleone di Scott” al pari del Casanova di Fellini, in entrambi i casi gli autori hanno stravolto la storia, piegandola alla loro visione. Sulla base di questa lettura dobbiamo accettare questo lavoro squilibrato, monumentale e straordinario.
    Il film si muove su due binari: quello della storia, dove la parabola di Napoleone viene rappresentata in chiave distaccata e nichilista e quello intimo che più interessa a Scott, dove il film compie le scelte più coraggiose ( la sessualità ridicola e meccanica, la debolezza del protagonista gigante nella storia ma debole nella vita di coppia etc).
    Incredibile come sempre la visione pittorica di Scott, unico film che regge il confronto visivo con Barry Lindon. Forse ci dobbiamo rendere conto dell’enormita’ dell’impresa, della difficoltà di affrontare questo film.
    Sul protagonista, direi che e’l’ennesima prova magistrale di Phoenix.

    1. Ah, ok. Magari quando vedo la versione di 4h la penserò come te!
      Sperando che i miei precedenti su Napoleone (tanti, non solo cinematografici, da Balzac a Tolstoj) non me lo facciano di nuovo vedere come una “giustificazione” di chi Napoleone l’ha sconfitto!
      Non vedo l’ora!

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