Sarà una Rivisione estraniante molto breve, perché non ho né voglia né competenza per parlare a modo di questo piccolo capolavorino, rifiutato da Tim Burton (ma in cui rimangono due persone che saranno molto care a Burton: Catherine O’Hara e Stefan Czapsky, gaffer di Michael Ballhaus e futuro dop della crema della crema del Burton degli anni tra 1990 e 1994) e arrivato nelle mani di uno Scorsese intento a leccarsi le ferite del flop di King of Comedy e dello stop della produzione di Last Temptation (uscito poi nell”88)…
hanno tutti già detto delle tematiche della castrazione (dai disegnini nei bagni del bar di John Heard ai topi in trappola nella camera di Teri Garr), dell’ombra di quasi-esperimento di un topo intrappolato in un labirinto, e del sistema d’incubo progressivo, molto onirico e nelle corde di un Griffin Dunne, allora molto attivo e potente, ben radicato in un certo horror (vedi An American Werewolf in London dell”81: una caratteristica continuata nell’episodio dell’Alfred Hitchcock Presents girato da Burton e scritto da Michael McDowell, uscito poi nell”86): in molti hanno sottolineato che con una camminata media tra i 45 e i 90 minuti, il protagonista sarebbe tranquillamente arrivato a casa senza tanti drammi…
ma le cose verosimili e realistiche vengono tutte meno in questo apologo del movimento di macchina strambo (la prima collaborazione tra Scorsese e Ballhaus), che ha il cuore nella performance dei crestati (ansiosi di avere il protagonista nelle loro cerchia), in cui lo stesso Scorsese manovra, apparentemente a caso, un riflettore su una folla inferocita…
un regista che illumina gli inferi di un ometto di cui non si sa nulla, che per rincorrere un impossibile amore (una straordinaria Rosanna Arquette), iniziato nel modo più assurdo possibile (ai tavoli di un bar a parlare di Henry Miller: una cosa che smaschera la sicumera di Dunne, certo che una donna possa essere attratta dal suo intelletto), si trova nel suo inconscio, a temere le sue paure infantili (la storia che il protagonista racconta a Linda Fiorentino sull’aver passato, da piccolo, la notte in un reparto ustionati, cosa che genera il terrore per una Arquette che lui si immagina ustionata), a essere rincorso da donne che lo ingannano, turbano e infine quasi uccidono (Verna Bloom che lo “imbalsama”), a enunciare una tremenda paura del sesso che si tramuta in paura dei rapporti sociali tout court, con tutti che lo inseguono, a lui, sicuro di non fare nulla se non ingannarsi leggermente (le ustioni di Arquette sono presunte: sono solo un tatuaggio: Dunne è stato vittima di un suo miraggio cinematografico della mente) quando è solo sua e del suo pressappochismo da yuppie la colpa di ogni cosa (visto anche che basterebbero 45 minuti di cammino per mettersi in salvo, invece di affidare chiavi di casa a sconosciuti o lamentarsi, come un qualunquista qualsiasi pieno di denaro ma a corto di spiccioli, del costo della Metro), facendo rientrare After Hours nello smascheramento dei nuovi professionisti arruffoni che fu al centro dell’osservato Yuppie Nightmare Cicle (ci si possono contare anche Fatal Attraction, ’87; Something Wild di Demme, ’86; anche Desperately Seeking Susan di Seidelman, ’85, con la stessa Arquette)…
After Hours è la mente degli anni ’80: ingigantita di significati incoerenti (i tanti simboli ricorrenti, dai paperweights Paris bagels alle allusioni spoiler degli altri personaggi che spesso anticipano ciò che avverrà: che nelle statue potrebbero esserci dei morti sembra risaputo nel quartiere), incapace di rapportarsi con le conseguenze delle proprie azioni, allucinata dalla paranoia che tutti vogliano farle del male (i tanti personaggi che vogliono trattenere Dunne, o che, come i crestati, vogliono appropriarsene, farlo diventare come loro, in un assorbimento tanto paventato da Dunne), e atterrita dalle proprie paure da maschio etero cis, così insicuro da sfoggiare una sicumera fasulla come le immagini dei piani sequenza, deliranti e onnipresenti (mossi quasi randomicamente, come Scorsese stesso muove il riflettore sulla folla dei crestati), che la rappresentano…
non l’ho mai visto
ma mi intriga l’idea di un film rifiutato da burton e che è diventato un cult di scorsese