Musiche per l’alba

Quando, per cavoli per fortuna non miei, mi sono messo in testa di scrivere questo post, mi sono reso conto che, in tutti i post della Musica tematica, non faccio altro che ripetere le stesse opere compulsivamente…

perché continuare?

perché il blog è mio e ci scrivo l’accidente che mi pare!

E siccome faccio l’accidente che mi pare non saranno poche le musiche che a me ispirano alba ma che sono state scritte per i tramonti: perché, si sa, il tramonto è solo un’alba in rewind…

Un altro problema forse più grave sarà rappresentato dal fatto che sono tutte musiche, bene o male, simili…
Il sole che sorge piano piano, e piano piano sempre più luminoso, mi ha fatto rintracciare musiche costruite con l’espediente della variazione progressivamente più complicata di una iniziale cellula motivica: per capirsi, sono quasi tutte musiche fatte di crescendo o di accumulo di materiale su uno stesso motivo che si ripete…
quindi sarà una playlist che sembrerà un po’ ripetitiva…

inutile ribadire che i link sono inutili ed effimeri, e che sono verificati al dicembre 2024…

ALBE PER FORZA

Ci sono alcune musichette che tutti quanti associano alla mattina, sono davvero d’obbligo

per esempio:

  1. Il Mattino del Peer Gynt di Grieg (è il n. 28 di Operas IV), 1876…
    Ho sempre associato i trilletti dell’inizio al movimento delle mani che stropicciano gli occhi!
  2. L’Introduction et marche royale du lion dal Carnaval des Animaux di Saint-Saëns, composto ed eseguito nel 1886 ma pubblicato nel 1922, un anno dopo la morte di Saint-Saëns su sua specifica richiesta (voleva proprio che il pezzo fosse postumo, perché lo riteneva un divertissement privato: ebbe poca lungimiranza, oggi Saint-Saëns lo si conosce quasi esclusivamente per il Carnaval des Animaux!)…
    Non lo so se è alba, ma i tremolii e i glissandi dell’inizio dànno l’idea del sole che sorge…
  3. La Mattinata di Ruggero Leoncavallo, 1904…
    Scritta per una non povera commissione della futura EMI (partecipò anche Puccini, ma non finì la canzone richiesta in tempo) espressamente per Enrico Caruso, e solo per voce e pianoforte, questa cacchiatella sbalzellosa (poi orchestrata da molti, soprattutto su commissione dei tenori divi di turno) è un divertissement carino, anche se io l’ho sempre sopportata poco…
  4. Le albe dei Gurre-Lieder di Schoenberg, 1913…
    Nel preludio non so se si esprime l’alba, ma il suo «bagno turco di mi bemolle maggiore» (così l’ha definito Alex Ross), ispirato al Vorspiel del Rheingold di Wagner (che vedremo), dà davvero l’idea di un risveglio…
    un humus di suonetti che sanno un po’ di cinguetii un po’ di goccioline di rugiada è circonfuso da note degli ottoni che sembrano astri che girano o davvero luce che giunge a illuminare tutto… è un’orchestrazione suggestivissima!
    Il super-coro finale ha proprio l’alba nel testo (che è una traduzione tedesca di un testo danese di Jens Peter Jacobsen): rende felici!
    Al momento della prima rappresentazione della vasta cantata (non dura mai meno di 90 minuti), condotta da Franz Schreker (quello delle Musiche per il giorno della memoria), Schoenberg considerava la composizione già vecchia (l’aveva cominciata e praticamente finita un decennio prima), troppo romantica, e si deluse del successo ottenuto!
  5. Appalachian Spring di Aaron Copland, 1944…
    Scritta per un balletto di Martha Graham, comincia proprio con una sorta di alba, ma lo stesso tema, maestoso, lo ritroviamo come potente commozione subito prima del finale…
    Acchiappa!
  6. Good Morning Starshine da Hair, 1967…
    Il musical di Gerome Ragni, James Rado (testo) e Galt MacDermot (musica) è un po’ in Godspell
    È perfetta per darsi un po’ di ritmo…
    Anche se, per un’alba come si deve, dallo stesso musical, io sceglierei anche The Flesh Failures (Let the Sunshine In), cioè il crescendo compulsivo più eccezionale di tutti i tempi, anche perché foriero della più trascinante presa di coscienza politica del mondo: una luce del sole che non è solo alba ma è anche consapevolezza della necessità di un cambiamento mentale, di una svolta radicale della società, a partire dalla singola psicologia della singola persona che è, proiettata, la psicologia di tutti quanti… il mondo dovrebbe brillare come in Flesh Failures e cantare sulla musica di un sitar fatto di tele di ragno, e celebrare la vita che è intorno a noi e in noi…
  7. One day more, cioè finale del primo atto di Les misérables di Claude-Michel Schönberg & Alain Boublil (ma in realtà Herbert Kretzmer), 1983…
    Si sa tutti che Boublil & Schönberg lo scrissero in francese nel 1980 in un concept album di una 90ina di minuti le cui canzoni, una tantum, sono state messe in scena da Robert Hossein al Palazzo dello sport di Parigi… e lì, fiutato il successo, Cameron Mackintosh (il produttore più superpiù del West End) comprò tutto e con Herbert Kretzmer trasformò l’interessante esperimento scenico-musicale nel miliardario spettacolo in inglese di quasi 3h (i primi registi, sia di Londra sia di New York, furono Trevor Nunn e John Caird) in scena in tutto il mondo a partire dal 1983…
    Rispetto ai tanti musical nativi di Broadway o del West End, molte volte solo canzonificio senza alcun Leitmotiv, Schönberg dette alla sua partitura una coerenza tematica colta europea tutta da esplorare (certi temi spuntano dove non dovrebbero spuntare, connettendo personaggi ed episodi come nemmanco Wagner)… e Schönberg aveva nelle orecchie i grandi fasti del grand opéra e dell’opera italiana… in questo finale del primo atto la struttura è quella dei finali d’atto di Puccini e ha la sapienza di usare il tempo come contenitore e il ritmo come contenuto che avevano Meyerbeer e Verdi: nello stesso tempo comune a tutti convivono tantissimi ritmi, quelli dei temi personali dei personaggi che abbiamo visto nel primo atto, che si amalgamano con una magia che fa sempre piangere, anche se il pezzo non è esente da una certa enfaticità, che però gli viene perdonata, specie quando è orchestrato bene, cioè senza le paccottiglie troppo elettriche degli anni ’80 del primo run a Londra o senza le assurde Luftpause di Broadway (dove ha imperato dall”87 al 2003)…
    Nonostante tutto, quindi, è impossibile non lasciarsi abbandonare al pianto collettivo dell’enfasi di una nuova alba di lotta per la libertà!
  8. The transformation dalla Ladyhawke di Dick Donner, 1985…
    Si sa tutti che Donner, negli anni delle colonne sonore elettroniche (Tangerine Dream, Vangelis, Moroder ecc. ecc., vedi anche Chariots of fire), volle fortemente musiche sintetizzate per la fiaba che con mille problemi stava girando in Italia, tra Parma, Tuscania e Rocca Calascio (Dustin Hoffman che si rifiutava di girare in Italia, spaventato dai sequestri di persona degli anni ’70 e ’80; Rutger Hauer, chiamato a sostituirlo, che viaggiava su un Tir tutto suo che non passava tra le stradine italiane; Storaro che parlava con gli attori senza il permesso di Donner e aveva sottoposti italiani che non capivano un’acca delle istruzioni di Donner, che scambiava l’italiano con lo spagnolo e diceva gracias a tutti quanti, suscitando malcontento [interrogato in proposito, Loris Loddi, attore nel film e voce italiana del protagonista nel doppiaggio di Mario Maldesi, ha detto che tra Donner e Storaro c’era accordo completo e quindi i dissapori, registrati dai biografi di Donner e da Tom Mankiewicz, sceneggiatore del film e assistente di Donner nei primi sopralluoghi di location, durarono lo spazio di un mattino: Loddi ha ribadito che l’unico problema del set di LadyHawke fu Hauer col suo Tir molesto e con le sue pretese poco adatte al cinema on location]; una produttrice, Lauren Shuler, che esigeva tempi puntuali e budget rispettati che Donner odiò così tanto che finì per sposarla e passarci tutta la vita!): chiamò niente meno che Allan Parsons, il quale si portò dietro il vecchio orchestratore del glam, Andrew Powell (la “sua” Tumbling down dei Cockney Reber è nelle Musiche per San Valentino): è di Powell la musica sinfonica, registrata con la Philharmonia di Londra, e il tema d’amore più struggente degli anni ’80, che poi, in post-produzione, Parsons elettrificò… oggi questa musica suscita perplessità, ma per me è una delle più eccezionali del mondo e il momento dell’alba, quando Hauer e Michelle Pfeiffer si vedono prima che lei torni falco, mi strappa il fegato dallo struggimento ogni volta… sono vecchio…
  9. Belle da Beauty and the Beast di Gary Trousdale & Kirk Wise, 1991…
    Sarebbe scritta da Howard Ashman (testo) e Alan Menken (musica), che cita con grazia, arguzia e classe il primo movimento della Sinfonia n. 6 “Pastorale” di Beethoven (noi vedremo il movimento 5 tra breve)…
    È molto famosa, quindi c’è da fare pochi discorsi, e il suo «Bonjour, bonjour» è proverbiale…
    Nell’italiano di Renzo Stacchi e Piero Carapellucci, Laura Boccanera al dialogo è forse più pimpante, ma la povera Marjorie Biondo, celestiale e purissima nel canto, è forse un po’ troppo perfetta (in inglese Belle ha una sola voce, cioè la maestra di Broadway Paige O’Hara, portata in Disney dal povero Ashman, che non vide Beauty and the Beast ultimato perché morì di AIDS 6 mesi prima dell’anteprima del film al New York Film Festival)…
  10. Circle of Life dal Lion King di Roger Allers & Rob Minkoff , 1994…
    Sarebbe scritta da Elton John (musica) e Tim Rice (testo), ma poi è stata tutta presa in carico dal supervisore musicale del film, cioè Hans Zimmer… un Hans Zimmer che non era quello di oggi, ovvero l’odioso vate gigione della musica sferruzzagliata e arraffata da altri compositori spesso manco nominati (qualcuno sa dell’esistenza di Klaus Badelt, per esempio?); nel ’94, Zimmer era davvero un sommo, era uno che componeva e arrangiava davvero, all’apice della carriera, ed è sua l’idea del coro swahili di fondo, ad accompagnare non solo la canzone ma anche una delle albe cinematografiche più extrastrong di tutti i tempi, per fortuna non offuscata dalla riproposizione di plastica di Jon Favreau del 2019
    Per la versione italiana, l’inossidabile Ernesto Brancucci (capo assoluto dei doppiaggi cantanti dopo la morte di Piero Carapellucci nel 1993) riuscì a scritturare Ivana Spagna, che incise da sola, con testo italiano di Michele Centonze (in inglese, Elton John e Hans Zimmer chiamarono la grandissima vocalist Carmen Twillie), in uno studio a parte… la conduzione del doppiaggio di Lion King è però avvolta da oscurità che ancora nessuno studioso ha mai indagato davvero, un’oscurità aggravata dalle memorie claudicanti del direttore di doppiaggio Renzo Stacchi e dai rovinosi ridoppiaggi delle edizioni home video successive, che spesso ristuccano il passato senza alcuna possibilità di recupero (ancora non si sa perché Brancucci abbia doppiato Pumpaa sotto pseudonimo [ragioni sindacali?], e ugualmente non si sa perché Tonino Accolla e Brancucci vennero usati al posto degli scelti Luigi Ferraro e Renato Montanari: Stacchi dice che la Disney americana, nonostante i provini vinti da Ferraro e Montanari, una volta sentito il risultato poi volle voci più aderenti ai cantanti: cioè Accolla aveva la voce più aderente a quella di Stafoggia, cioè il Timon cantante? e Montanari lasciò quindi anche il Pumbaa recitato a Brancucci perché Brancucci aveva cantato? Boh, possibile… altri storici dànno invece la colpa della presenza di Ferraro e Montanari nei DVD anni 2000s a un errore di missaggio nella colonna di Accolla e Brancucci recitata nel ’94… credo che non si saprà mai ciò che è avvenuto)…
  11. Good Morning Sunshine degli Aqua, 1997…
    Un ritmo banalissimo ed elementare alimenta una canzonetta che però ha non va presa sotto gamba: le implicazioni tristi dell’adorazione della luce del sole, calda e coccolosa, finiscono in malinconia, come necessità della voglia di una felicità che non c’è invece che una celebrazione vuota di quella che c’è…
    in un certo senso commuove…
    da confrontare con Mille di Irene Grandi (1994)…
  12. Tutte le mattine di Valeria Rossi, 2001…
    È attribuita a Rossi e a tale F. Di Nigris…
    È davvero l’ideale per smarrirsi nel senso inesistente della vita, visto che mentre l’ascolti ti chiedi «perché?»…
    Occhio, però, che certe implicazioni lisergiche della canzone (la luna bianca, il bisogno di conferme dell’amore) funzionano anche oggi!
  13. Goodmorning, Baltimore, pezzo iniziale dell’Hairspray di Marc Shaiman e Scott Wittman, 2002…
    Nel 2007, Adam Shankman trasse dal musical un film che faceva talmente schifo da essere, per fortuna, passato dalla sala all’oblio senza lasciare traccia… ebbe però il merito di asciugare l’orchestrazione pesante di Broadway e di trovare la protagonista in una prodigiosa Nikki Blonsky, anche lei, ahimé, passata al dimenticatoio senza una vera carriera…
    La natura molto autoironica e paradossale della canzone (Shaiman è una vecchia volpe delle musichette carine, per anni arrangiatore di Bette Midler e autore di colonne sonore davvero al top: gli è mancato un po’ il graffio per ambire ai premi grossi che hanno vinto i suoi colleghi: vabbé, cavoli suoi!) dà l’energia adatta ad affrontare la mattina!
  14. Quello che non c’è degli Afterhours, 2002…
    È la musica ideale per suicidarsi in un’alba indesiderata…
    La tematica che l’alba è illusione, allucinazione pazzoide e depressoide in un mondo sfrecellato (il tappeto sonoro in sottofondo, distorto e metallico, dà proprio l’idea di ferro da cemento armato piegato e sfatto), è ancora, dopo 22 anni, allegoria dell’autoinganno dei tempi contemporanei, quelli in cui ci si aggrappa al pregiudizio di conferma eterno e incancellabile della mente fallace dell’essere umano, che non capisce una mazza di quel che gli sta intorno e quindi si accrocca in «quello che non c’è», tipo “dio”, “patria”, o “famiglia”…
    da morire, in tutti i sensi!
  15. Buongiorno a te… 2003?
    Questa sminchiatella, chiaramente ispirata alla Mattinata di Leoncavallo, è venuta fuori nel 2003 cantata da Pavarotti in un’orchestrazione ghiottona e orrendamente post-moderna (lo Strauss del Rosenkavalier, soprattutto il Walzerfolge del terzo atto, è letterariamente plagiato male) di Rob Mather con la Royal Philharmonic, ma pare che sia stata scritta da Michele Centonze (proprio quello della Circle of life), Veris Giannetti e Stefano Tellus Nanni, quasi sicuramente senza avere Pavarotti in mente… o forse sì… chi lo sa!
    Fatto sta che, come tutto il post-moderno, appare stranamente piacevolissima, orecchiabilissima e felicissima, soprattutto se uno non conosce gli ipotesti
  16. Dawn da Pride & Prejudice di Dario Marianelli, 2005…
    Quel pisano di Marianelli ha scritto, con Jean-Yves Thibaudet, uno degli inizi di colonna sonora (per il film di Joe Wright) più extrastrong che esistano!
    Nel 2021, Thibaudet l’ha riincisa in una suite e l’ha fatta molto più strettina

LE ALBE DI BEETHOVEN

È noto che Beethoven si svegliasse prestissimissimo e si preparava il caffè macinando esattamente 60 chicchi, che spesso contava uno per uno!

  1. L’attacco della Sinfonia n. 3 “Eroica” (1805, è l’ultima della Symphonies) conquista tutte le volte per i suoi due battere perentori che introducono subito un tema che però sembra nascondersi immediatamente, approfittando di una precocissima pausa sulla quinta (l’inizio posticipato, con la quinta subito in mostra, Beethoven lo ricicla nella Sinfonia 6), facendo capolino timido in diversi registri prima di esplodere contentone: un’alba frizzante bene augurante!
  2. La Romanza per violino e orchestra n. 2 (1805), per quelli di una certa età per sempre connessa allo spot del brandy Vecchia Romagna etichetta nera, col suo attacco dolcioso, subito ripreso dalla placida orchestra, dà veramente l’idea di un risveglio sereno!
  3. Mi ha sempre ispirato un mattino bello “complesso”, l’ouverture Coriolan (1807)…
    Si apre cupa e dolente, ma poi si scioglie in une musiche più «tendenti a una dolcezza irraggiungibile» mai composte da Beethoven!
  4. Con l’Hirtengesang, cioè il quinto movimento della Sinfonia n. 6 “Pastorale” (1808, la numero 4 delle Symphonies) so di barare, perché lo so che si riferisce al tramonto di un sole appena rispuntato dalle nuvole di un temporale… ma il tema della felicità per il sereno è troppo potente!
  5. Dato che siamo a inventare, la strutturazione di particolare fuga progressiva dell’allegretto, secondo movimento della Sinfonia n. 7 (1813), sarebbe adattissima all’alba…
    Ognuno lo può leggere come vuole: o come tragico dolore cosmico, o semplice indifferente divenire universale (come lo usa John Boorman in Zardoz, 1973), oppure come impeto da seguire per iniziare il giorno (dato che è solo per inconscio che gli intervalli usati inducano tristezza: Beethoven non sembrava pensarla così, visto che, dopo le urla di martirio dell’esplosione della fuga, sviluppa quegli stessi intervalli in un leziosissimo, anche se nervosetto, prosieguo di movimento)

LE ALBE DI VERDI

Ci saranno di sicuro albe più significative di Verdi, ma invece delle cose autenticamente albeggianti che ha scritto a me vengono in mente queste due melodie tragicissime (e non è una cosa nuova per me: anche la Musica delle stagioni non inclusi le Quattro stagioni dei Vespri siciliani!)

  1. Il preludio dell’Attila (1846)…
    Forse ispirato al Coriolan di Beethoven (o all’allegretto della settima?), questo preludietto è probabilmente l’ansia di tormento più pungente dell’intera musica classica…
    Tragicissimo, e pieno, nel tema melodico, di una tensione elegiaca verso un qualcosa probabilmente perduto, è adatto a un mattino in cui si ha solo voglia di piangere!
  2. Il lacerato spirito del Simon Boccanegra (pronto nel 1857 e rifatto nel 1881)…
    Distrutto e rassegnato, circondato da suoni forse immaginati di cori tra l’angelico e il perseguitante, il canto di Fiesco si lascia andare a una sorta di singhiozzi musicali che però sembrano credere fermamente a un qualcosa dopo il dolore…
    Commovente!

LE ALBE DI WAGNER

Non lo so se Wagner fosse mattiniero o no… si vocifera che la melodia iniziale del Siegfried Idyll (1870) era una sorta di sveglia che lui suonava (al piano?) per svegliare la seconda moglie Cosima Liszt a Tribschen, nei sobborghi di Lucerna, dove i due vivevano dal 1866: solo 4 anni dopo la composizione del Siegfried Idyll si trasferiranno, con i tre figli, alla Wahnfried a Bayreuth… per continuare con i gossip sulla genesi del Siegfried Idyll (che Wagner, oltre tutto, voleva rimanesse privato e che poi ha pubblicato ed eseguito perché era a corto di soldi), si può dire che era una sorta di regalo a Cosima per avergli finalmente partorito, nel 1869, un figlio maschio, appunto Siegfried, dopo ben due femmine (Isolde, nata nel 1865, ed Eva, nata nel 1867): finché non nacque il maschio, Cosima, nonostante vivesse con Wagner, rimase formalmente sposata col marito Hans von Bülow, tanto che le due bambine portarono tutta la vita il cognome von Bülow anche se furono allevate da Wagner: solo la nascita di Siegfried, del maschio, portò al tardivo divorzio tra Cosima e von Bülow: una storia davvero patriarcale
Mattiniero o no, fatto sta che alcuni pezzi di Wagner a me “ispirano” mattino, e sono pezzi belli tosti…

  1. Il Vorspiel del Lohengrin (n. 13 di Operas II), 1850…
    Già nelle Musiche per l’Estate
    Dicono che negli anni ’50 la gente pensasse a questa musica come oggi pensiamo al Nessun dorma di Puccini…
  2. So starben wir, um ungetrennt, del secondo atto di Tristan und Isolde (n. 22 di Operas III), 1865…
    Lascio a ognuno la volontà di pensare all’Amore come annullamento schopenhaueriano dell’esistenza come lo intende quest’opera: ognuno può ritenere, come dice Tristan, che la felicità vera dell’Amore sarebbe il sottrarsi insieme al divenire e non esistere più per trasferirsi in un’idea al di là del tempo (un amore «ewig, einig, ohne End’», eterno, unico e senza fine, perché in certe concezioni del mondo si deve specificare che ciò che è eterno è anche senza fine, perché la parola “fine” è troppo connessa col divenire)… certi giorni sono assolutamente d’accordo, ma altri non condivido la dimensione esaltante che Wagner dà a questo assunto…
    In ogni caso, la sua musica, tutta ascendente, a me ispira assai mattina… anche perché è davvero l’alba quando questo duetto accade nell’opera: gli amanti Tristan e Isolde si incontrano la notte all’insaputa del di lei marito Marke, di cui Tristan è cavaliere vassallo: nel momento del culmine dell’amore si ode, in sottofondo, la voce della dama di compagnia di Isolde, Brangäne, lì a fare “da palo” all’alcova, avvertire i due che il sole si sta alzando e che quindi Marke potrebbe svegliarsi (spoiler: presi dal sentimento, gli amanti non sentono Brangäne e uno sveglissimo Marke li sorprende: ed è solo il secondo atto, poi c’è tutto il terzo!)…
    La stessa musica torna nell’aria finale di morte di Isolde, e anche quella può essere alba, anche se, certe volte, può anche far pensare a un paradiso tanto bello quanto delusionale: nel film Aria (1987), Franc Roddam la usa in un videoclip dove una splendida Bridget Fonda si taglia le vene in maniera un po’ truculenta col fidanzato…
    Bah…
  3. L’attacco del Rheingold (n. 27 di Operas IV), 1869…
    Il mi bemolle maggiore che ispirò Schoenberg forse vuole essere l’alba cosmica dell’universo… si sente proprio che un qualcosa di “semplice” (come i purissimi intervalli degli ottoni che si staccano dal mormorio “notturno” degli archi) evolve in sempre più complessi arzigogoli, fino alla gioia allitterrante, puro fonema, delle ninfe del Reno («Weia Waga wolle du Welle»: una sorta di «ondeggia bene tu bella onda» o cose simili)…
    Essendo l’inizio del Ring des Nibelungen, cioè l’evento operistico più importante dell’Ottocento, questo attacco ha fatto scuola a tutti, da Smetana (vedi l’inizio della Vltava, che forse vedremo) in poi…
    L’ha usato fantasticamente Terrence Malick in The New World (2005)…
  4. Vorspiel della Walküre (idem), 1869…
    Come alba è un po’ brusca… forse è un’alba che si raggiunge dopo una notte di devasto… o forse è ancora notte… però quando gli ottoni prendono il sopravvento, quasi “gloriosamente”, anche se ancora in un certo senso orrorosamente, sopraggiunge una carica che mamma mia!
  5. La Siegfrieds Trauermarsch da Götterdämmerung (idem), 1875…
    È morto l’eroe (quel Siegfried col cui nome Wagner chiamò suo figlio maschio), e, in una trama che vorrebbe avere un senso anarchico e nicciano (quel Siegfried “buono buono” muore dopo essere stato “cattivo cattivo”, andando al di là del bene e del male, quindi al di là della morale del mondo vecchio in frantumi che merita di bruciare, e il suo esempio di uomo al di sopra, anche se crudele, ispirerà, forse, una nuova società di gente perfetta che vivrà di solo pensiero: o roba così, vattelappesca), quell’eroe viene elogiato da una marcia funebre estremamente pompante, che, al di là delle farloccate di filosofia spicciola della vicenda, ha una vitalità di ottimismo della volontà davvero potente…
    Inoltre, la botta fanfarona degli ottoni urlanti che si staglia sulla cupezza delle note iniziali, fa davvero sole che sorge a scacciare i dubbi!

LE ALBE DI MUSORGSKIJ

Almeno due sono ottime albe pitturate dal compositore russo, che purtroppo è stato un antipaticissimo alcolista…

  1. La seconda scena del Prologo di Borís Godunóv (n. 25 di Operas III), 1872…
    Dopo il delitto, o il rimorso del delitto, realizzato con una delle musiche più apprensive e cupe della musica classica, il protagonista dell’opera arriva al potere, e viene salutato dalla folla come nuovo zar, in un trionfo stranissimo per cui Musorgskij imbastisce lo scampanio più imperiale del mondo!
  2. Il preludio della Chovánščina (n. 36 di Operas VI), 1886…
    È anche detto L’alba sulla Moscova… oltre a essere la base per tutte le albe successive (da Puccini a Strauss), certe volute le ha riprese benissimo John Williams per Hook (vedi Spielberg IV)…

LE ALBE DI MASCAGNI

Un autore forse mattiniero è Mascagni, che le albe, almeno in gioventù, le ha viste perché «andava a letto tardi»: era un animale notturno conclamato e nei viaggi (soprattutto all’estero) si lamentava di non trovare ristoranti notturni aperti…

  1. Per mia insulsa coglionaggine, non ho mai associato l’attacco di Cavalleria rusticana (1890) all’alba, eppure, effettivamente, lo si vede anche nel film di Karajan/Falck/Strehler e nel molto più famoso film di Zeffirelli (nei Bellissimi coetanei, e vedi anche qui), vorrebbe essere proprio l’alba…
  2. Non credo volesse per niente simboleggiare il mattino, ma la cupezza ebraica dell’Intermezzo dell’Amico Fritz (1891), strutturata su una melodia quasi tzigana, che all’improvviso si apre a un sorprendente maestoso, affiancando tonalità molto lontane e giocando tra maggiore e minore per ottenere un trionfo da quello che pochi secondi prima sembrava un lamento, può, secondo me, bene adattarsi a un improvviso sole che sorge…
    confrontate il trucco delle tonalità lontane che si uniscono alternando maggiore e minore anche in due pezzettini ovviamente ispirati a Mascagni, cioè la sigla di Matlock di Dick DeBenedictis (1986) e Earth to Asgard del Thor di Patrick Doyle (2011)… (Amico Fritz è qui)
  3. Invece conclamata alba è Sono io, la vita, cioè il così detto Inno al sole della Iris, 1898…
    Non è esente dal kitsch (gli intervalli iniziali ricordano un po’ quelli del Rheingold?), e siccome Mascagni era un emblema della musica italiana potente durante il fascismo (Mascagni fu glorificato come una vecchia gloria venerata, e Mascagni era un felino: a essere così adorato gongolava!) questa musichetta è stata mandata e rimandata anche per radio all’infinito fino agli 1950s nelle salse più tronfie…
  4. L’intermezzo di Isabeau (1911)…
    Per me è molto albeggiante… bello cullante ed evocativo…

LE ALBE DI PUCCINI

Altro animale notturno, Puccini ha composto diverse albe famose…

  1. L’inizio del terzo atto di Bohème (1896) è ambientato in una freddissima alba ai confini dell’area urbana di Parigi, anche se le scale pentatoniche fanno già pensare a qualcosa di orientale (6 anni prima di Butterfly)…
  2. L’incipit del terzo atto di Tosca (1900) è una un po’ prolissa alba su Roma, con tanto di stornello del pastore e scampanio… tutte le evidenti derivazioni dall’Alba sulla Moscova di Musorgskij sussistono solo per suggestione, poiché la Chovánščina fu rappresentata fuori dalla Russia solo nel 1913; Puccini poteva forse conoscere Borís Godunóv nella parziale partitura pubblicata nel 1896, da cui magari deriva lo scampanio, ma anche Boris fu rappresentato fuori dalla Russia dopo Tosca (nel 1908), quindi credo che modello per questa alba romana sia stata di più la Ouverture 1812 di Čajkovskij che in quanto a campane non scherza… però è indubbio che per Suor Angelica (che stiamo per vedere), l’Alba sulla Moscova è fonte di sicuro!
    Gustav Mahler detestò Tosca e prese in giro, oltre alla scena di tortura del secondo atto, proprio l’uso esagerato delle campane in questo attacco del terzo quadro: diceva che nei teatri austro-tedeschi non potevano essere disponibili tutte le campane richieste, e quindi l’editore Ricordi e Puccini avrebbero dovuto portare l’opera in tour con le proprie campane “italiane” al seguito…
  3. Io accosto all’alba la graziosa Ave Maria che apre Suor Angelica (1918): è apparecchiato su poche note scampanate nel silenzio, che si sviluppano nel coro e nei versi degli uccellini flautati… è leziosissimo (una delle sorelle di Puccini era badessa e, nonostante il soggetto tragico, Puccini sembra considerare il convento un posto quasi piacevole benché nella stessa trama si palesi come luogo di ingiusto martirio) ma carino… Suor Angelica ha poi tutto un suo tema che è pressoché identico a quello dell’Alba sulla Moscova!
  4. Il Nessun dorma della Turandot, 1924…
    E Grazia Alcazzo…
    Stateci attenti che come lo si sente sempre è una superfetazione anni 1950s e sarebbe scritto in tutt’altra maniera (vedi qui)…

LE ALBE DI STRAUSS

Richard Strauss esce dalle orecchie di questo blog!
Lo tiro fuori per tutto quanto, e quindi non poteva mancare in questo post, anche se i pezzi proposti sono già stati messi in tutte le altre Musiche tematiche!

  1. La Sonnenaufgang di Also sprach Zarathustra (1896) è strafamosa ed è anche nella Musica per l’estate
  2. Hab’ mir’s gelobt del Rosenkavalier (1911)…
    Pezzo strappacuore in cui una nobilissima donna si accorge del tempo che passa e quindi deve lasciare il giovane amante… parte tutto da quattro note, che piano piano incalzano il culmine dell’emozione!
  3. Non so perché io associo all’alba i primi 45 secondi dell’Ariadne auf Naxos (la versione del 1916, anche lei nelle Musiche per l’estate): sembrano cominciare in medias res e illustrare tutta una ridente comunità che si risveglia, con alcuni ancora intorpiditi dagli sbadigli (i cullanti ritmi puntati dei violini che fluttuano come piume che cadono)…
  4. Anche della Sonnenaufgang della Alpensinfonie (1918) si è parlato fin troppo… è sempre godurioso sentire la luce del sole che scende sulle cose, con note discendenti, affiancate a piccoli vortici, come rivoli di riflessi che si creano tutto intorno… libidine!
  5. Im Abentrot (1948, eseguito postumo nel 1950 e da me citato fino all’inverosimile nelle Musiche per le stagioni e nelle Musichine per San Valentino) non ci incastra una beata fava perché si intitola Al tramonto, ma per me va bene anche per l’alba!

LE ALBE DI RESPIGHI

  1. La Fontana di Valle Giulia all’alba delle Fontane di Roma (1917) è davvero un’alba con tutti i crismi! Un appassionato di John Williams ci troverà diversa roba della produzione spielberghiana anni ’80 (E.T., The Mission da Amazing Stories [roba in Spielberg III], e chi più ne trova più ne metta!, ed è una cosa che vale, in generale, per tutte le Fontane romane…)
  2. A me ispirano molto l’alba, perché sono composti con le cellule motiviche che si sviluppano e ampliano, anche I pini della Via Appia dei Pini di Roma (1924, già nelle Musiche per l’estate)… dànno una bella carica! (forse la si apprezza di più se si ha nelle orecchie i Pini sul Gianicolo, ma anche no)
  3. Mi fa alba anche la Befana delle Feste romane (1928)…
    Incasinatissima di modi alla Stravinskij, ha un cuore mozzafiato di follia ispirata e rivendicata, pimpantissima ed emozionante, che gigantizza lo stornello romanesco con una grandiosità monumentale da infarto!

LE ALBE DI JANÁČEK

Purtroppo non sono albe, ma dànno l’idea!

  1. Odešli della Jenůfa, 1904 (già nelle Musiche per la primavera) è sicuramente un tramonto… ma fa sempre bene!
  2. Anche il finale di Příhody Lyšky Bystroušky, 1924 (anche lui nelle Musiche per la primavera) è quasi certamente un tramonto, e alcuni l’hanno inteso perfino come da fine vita (col personaggio che muore)… sono interpretazioni che io riffuggo e che Janáček (nonostante abbia voluto questa musica al suo funerale) ha spesso discacciato preferendo l’ambiguità della musica, che, in ogni caso, esprime la gioia circolare di un qualcosa che ricomincia, una palingenesi della vita!
  3. L’Intrada finale della Messa glagolitica, 1927 (nelle Musiche per l’estate) dà una carica che mamma mia!

NON SONO ALBE MA PER ME LO SONO!

  1. La mourisque, ovvero la sesta del Danserye (terzo libro delle musiche) di Tylman Susato, 1551…
    Una bella marcia regale ma al tempo stesso squinternata e felice per iniziare la giornata!
  2. Oui, vous l’arrachez à mon âme del Guillaume Tell di Gioachino Rossini, 1829…
    Sì, vabbé, in francese, purtroppo, esiste una sola incisione in studio, quella di Gardelli, sì buonissima, ma probabilmente non può competere in quanto a urgenza e godibilità con l’edizione nel pesante e reazionario (tolse gli espliciti riferimenti alla Libertà) italiano di Calisto Bassi registrata da Riccardo Chailly con Mirella Freni e Luciano Pavarotti: Chailly comprende bene la voglia di esprimere l’Amore tra i due personaggi, e sottolinea l’incalzare trino dell’orchestra, che come un contrafforte architettonico puntella la voglia di stringersi dei protagonisti…
    Una musica amorevole per darsi la carica al mattino!
  3. Il primo movimento della Sinfonia n. 4 “Italiana” di Felix Mendelssohn-Bartholdy, 1833…
    Sembra un risveglio perfetto da casa del Mulino Bianco, quando, molto inverosimilmente, tutto va nel verso giusto: ma è un ottimismo che all’alba ci vuole!
  4. Il finale del Concerto per pianoforte n. 1 di Franz Liszt, 1855…
    Ha fatto scuola a tutti, a Grieg, a Čajkovskij, a tutti!
    E il finale, in cui si concentrano tutti i temi precedenti, con la pressione dell’orchestra sul pianoforte e con il triangolo a risuonare come una sveglia su un sogno che sembra non volerne sapere di interrompersi col risveglio, anche quando si sa di stare sognando, dà l’idea di una fretta di fare le cose tutta mattutina!
  5. Vltava, n. 2 di Má Vlast di Bedřich Smetana, 1875…
    Si sa tutti che descriverebbe un fiume, dai piccoli zampilli delle sorgenti, fino alla piena della massima portata…
    ma ha tutte le caratteristiche di queste musiche per l’alba: una cellula che inizia, appunto albeggia, che si sviluppa sempre più…
  6. Almeno due musiche del Ballo Excelsior di Romualdo Marenco, 1881 (n. 34 di Operas VI) si adattano all’alba…
    Lo strombattutissimo preludio, già innodistico come le di là da venire colonne sonore dei cinecomics
    Il dolcissimo arrivo della Luce a scacciare l’Oscurantismo
    Qualsiasi stragiata colonialista e sciovinista presente nel libretto e nella coreografia dell’arraffone Luigi Manzotti viene spazzata via dalla conoscenza musicale di Marenco, davvero sopraffina!
  7. Il finale dell’Atto 2 di Spjáščaja krasávica (La bella addormentata) di Čajkovskij, 1890 (n. 41 di Operas VII)…
    Castello rinchiuso nel sonno eterno della maledizione di Carabosse, e il principe Desiré (il desiderio che farà finalmente crescere la bella addormentata nei torpori dell’infanzia prolungata, una bella che si chiama proprio Aurore, l’alba dei sentimenti, vedi anche Maleficent 2) che si aggira nelle stanze silenziose… atmosfera di attesa che Čajkovskij fabbrica come solo i grandi riescono, con tutti i suoi accordi mai risolti e sempre col fiato sospeso della tensione…
    Altro che alba! Vorresti che durasse tutta la vita! (per chi ha curiosità, la risoluzione è questa qui: un vissero tutti felici e contenti bello bertadèro, anche se c’è sempre tutto il terzo atto a rappresentare le nozze con tanto di mici che danzano!…)
  8. L’inizio di Kullervo di Sibelius, 1892 (già nelle Musiche per l’estate) è da inizio avventuroso di un giorno in cui è tanto freddo!
  9. La Marcia del Ljubóv’ k trëm apel’sínam (L’amore delle tre melarance, L’amour des trois oranges) di Prokóf’ev, 1921…
    Prokóf’ev la scrisse in russo ma la rappresentò per la prima volta in francese prima di tornare in Unione Sovietica…
    Divertente e adatta ad entrare allegramente in nuove avventure a giorno appena iniziato!
  10. L’Adagio della Gajane di Aram Chačaturján, 1942…
    Chačaturjan l’ha elaborato molte volte, e il pezzo che intendo io è quello che esiste nella terza suite che lui trasse dal lungo balletto Gajane e che Gennádij Roždéstvenskij incise a San Pietroburgo, probabilmente alla Filarmonica, in Ital’jánskaja Ulica, forse nel 1960 (il phonogram pare che sia del 1961), e che Kubrick ha usato in 2001: A Space Odyssey nel ’68…
    È per un’alba tramortita dalla routine, magari nebbiosa…
  11. La Gassenhauer nach Hans Neusiedler (1536) di Carl Orff e Gunild Keetman, 1950…
    È già nelle Musiche per la Resistenza… come altre mai fa dello sviluppo progressivo del semplice materiale di partenza un’arte!
  12. Instant Karma! di John Lennon, 1970…
    Uno dei pezzi più belli prodotti dalla maestria di studio di quell’assassino pazzoide di Phil Spector… We all shine on! serve per seguire il flusso dell’esistenza! Soprattutto in un’alba risplendente!
  13. 99 Luftballons dei Nena, 1983…
    Una ragazzina così pucciosa e cerbiattosa come solo gli anni ’80 hanno saputo creare, in un dialetto lirico del Brandeburgo (i Nena erano di Berlino Ovest) ci chiede se abbiamo un po’ di tempo per lei, così ci canta una canzone…
    Già innamorati al solo averla vista, ci mettiamo ad ascoltare la sua storia di 99 palloncini che, semplicemente volando tra i confini presidiati, incrudeliscono la Guerra Fredda tanto che le conseguenze sono disastrose per il mondo intero… «99 Jahre Krieg ließen keinen Platz für Sieger»: 99 anni di guerra non hanno lasciato spazio per alcun vincitore… e la morale è che, quando vedremo di nuovo 99 palloncini in aria, sarà meglio lasciarli volare, in piena Libertà…
    La traslazione in fumetto della tematica tragica, la scanzonatura del ritmo applicata a un tema così importante, e l’esecuzione così vivace della ragazzina, che come un folletto gentile ma ammonitrice racconta questa storia pensante e potente, rendono la storia una delle opere più necessarie del mondo, anche in tempi odierni, dopo più di 40 anni…
    è per un’alba felice ma tanto consapevole!
  14. Manic Monday delle Bangles, 1985…
    Credo che l’autore sia addirittura Prince, che, mi sembra di ricordare, l’ha scritta per un altro gruppo e che poi l’ha affibbiata alle Bangles perché gli piaceva Susanna Hoffs (pettegolezzi da Novella 2000 che, nel caso di Prince, spesso ci azzeccano!)…
    La filastrocchetta strofica, pimpante ma con certi toni più placidi, è l’ideale per affrontare i singoli giorni della settimana facendo finta che tutto va bene quando invece siamo morti dentro!
  15. It is accomplished di Peter Gabriel, 1988…
    Finale del film cristologico di Scorsese
    La sua ripetizione compulsiva è gioiosa! Dà il ritmo alla giornata!
  16. Resurrection da The Abyss, 1989…
    A oggi l’unica collaborazione di Alan Silvestri con James Cameron: Resurrection commenta una delle scene più emozionanti del cinema, quando Mary Elizabeth Mastrantonio viene rianimata da un disperatissimo Ed Harris…
    Altro che alba! È ritorno alla vita!
  17. Laura’s Theme da Twin Peaks, 1990…
    Da una delle notti più nere e dense di incubi del mondo (manco la Erwartung di Schoenberg nelle Opere per Halloween) “nasce” qualcosa… l’Amore? la Tenerezza?… la notte però permane… e te stai a contorcerti dalla disperazione!
    Quel grande genio che è stato Angelo Badalamenti crea uno dei temi più coinvolgenti del mondo, che sta al pari di Verdi e Beethoven!
  18. It can’t rain all the time da The Crow, 1994…
    Al testo è accreditata la sola Jane Siberry, e alla musica il credit è congiunto tra lei e Graeme Revell, compositore che non ha mai ottenuto la fama che meritava, ma che con titoli come ‘sto The Crow di Alex Proyas e con The Saint di Phillip Noyce, film forse discutibili, ha composto alcuni pezzi suggestivi… The Crow è ancora famosissimo, dopo 30 anni, a causa, forse, del macabro dettaglio dell’incidente sul set che uccise l’attore protagonista neanche 28enne…
    La musica vive di notte, tanta notte più che alba… ma vale per tutte le notti: l’alba arriverà!
  19. My thoughts be bloody da Hamlet, 1996…
    Patrick Doyle l’ha composta per una delle inquadrature più larger than life nell’Hamlet di Kenneth Branagh: un maestoso zoom all’indietro che, impossibilmente, copre centinaia di metri mentre Branagh traduce in esaltazione al di là della vita la voglia di vendetta (che è pacificazione mentale) di Amleto… ennesima cellula motivica che si amplia e fa battere il cuore!
  20. Truman sleeps da The Truman Show, 1999…
    Philip Glass l’ha scritta per fare un favore a Burkhard Dallwitz, responsabile della colonna sonora del capolavoro di Peter Weir…
    È uno che dorme, ma la dolcezza immensa del pezzo, tra i più commoventi di Glass, si adatta a un’alba che era meglio se non arrivava!
  21. Unthought Known dei Pearl Jam, 2009…
    Se si parla di progressioni successive, questo ostinato è tra le più “acchiappanti”… e dice cose intelligentissime, psichiche e di grande incoraggiamento!
  22. Stay da Interstellar, 2014…
    Forse l’ultima vera colonna sonora di Zimmer, per il film “meh” ma commovente di Christopher Nolan è una delle nostre progressioni di piccole cellule motiviche che si ripetono più efficaci del mondo: usa davvero bene gli esempi straussiani tra maggiore e minore dello Zarathustra e ha ancora una potenza sonora invidiabile…
  23. The End da Carol, 2015…
    Carter Burwell scrive uno dei suoi capolavori novecentisti (tra Busoni e i romanticisti americani post 1945) per l’opus magum di Todd Haynes, così importante da essere ancora vergognosamente disconosciuto, con quello che è forse il finale più forte di tutti i tempi..
    Più che alba è notte truce e triste d’inverno, con l’incessante lavorio degli archi in cui i legni si insinuano melodiosi ma malinconici a voler esprimere tutto il non detto della vita, tutto il potenziale non possibile dell’esistenza…
  24. Colors dei Black Pumas, 2019…
    Secondo Carlo Emilio Gadda, l’alba è una cosa che, definendole con la luce, nomina le cose… e i colori che l’alba fa nascere, ogni giorno, si mescolano in questa ripetitiva musica degli astri, ritmata ma fluida, liquida e scorrevole…
  25. The Feels di Labrinth, 2023…
    Anche lui tra Badalamenti, Verdi e Beethoven fa nascere tensione dolce e coccolosa, quasi cullante, dalla più sfasciante tristezza: in fin dei conti il pezzo sembra parlare di uno morto sotto un camion (come il Due novembre di Emilio Solfrizzi: «ti fermasti allo Stop e desti precedenza a destra, poi non ti ho più vista: il Tir veniva da sinistra!»), ma è trasceso in una roba mistico-trionfante (nel film Aria, che abbiamo già visto, Ken Russell aveva pensato un soggetto simile perfino per Nessun dorma!) come in un qualcosa di futurista: Labrinth è come Boccioni che fa un quadro slurpante e simbolico che sembra rappresentare mondo, universo e metafisica, ma che però illustra solo e soltanto sua mamma sul terrazzo a Milano!
    …la usava una mia coach in piscina per lo stretching finale: un rilassamento lisergico!

8 pensieri riguardo “Musiche per l’alba

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  1. Toc toc… arrivo dal repost sul Blog di Evaporata.

    Posso permettermi di suggerire “Good Morning, Good Morning” dei Beatles, da “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band?”

    E’ una cosa che se la sento di mattina mi prende bene… 🙂

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