D’Avena ha spesso raccontato la sua prima sigla, Bambino Pinocchio, del 1981…
Era scritta da Luciano Beretta (testo) e Augusto Martelli (musica)…
e ha sempre detto che non aveva nessun tempo a disposizione per imparare le canzoni: che addirittura in poche ore, con la base già pronta, doveva impararsele (probabilmente a orecchio) e inciderle…
di come la base fosse composta, di come il testo fosse elaborato, e quale rapporto c’era con l’anime di partenza, è invece tutt’oggi poco chiaro…
Si sa che tutto dipese da Alessandra Valeri Manera, che a inizio carriera in Fininvest non era neanche 25enne…
Dalla sua bio si evince che era una ricca sfondata, che aveva fatto qualcosa di “giornalistico” che la mise in contatto con il coro dell’Antoniano di Bologna, e che trovò lavoro, come tanti in quel periodo, nella appena nata TV privata di Silvio Berlusconi niente meno che come capo assoluto della programmazione per ragazzi…
Marco Bellavia, in un’intervista disponibile su YouTube, racconta di una Valeri Manera che già dai primi tempi rispondeva a Berlusconi e imponeva un target completamente bambino alle trasmissioni (Bim Bum Bam, Ciao Ciao, Game Boat ecc.) e ai cartoni: imponeva un linguaggio pulito a tutti e riferimenti bambineschi in maniera oltranzista, anche quando la stampa criticava il prodotto…
Esiste un’intervista di quasi 1h a Valeri Manera, tutta da ascoltare, soprattutto le cose che si afferrano tra le righe…
Poiché se certamente i precedenti in RAI della gestione dei cartoni animati nipponici era forte, con tante idee fatte per la TV dei ragazzi degli anni 1975-1983, con tanto di gestione non originale delle sigle (cioè con rare traduzioni delle sigle giapponesi effettive del cartone e più frequenti composizioni ex novo per la RAI: sono famose le sigle che, per esempio, scrisse Vince Tempera e cantò gente come Georgia Lepore, come anche quelle, bellissime, di Nico Fidenco), le remore del MOIGE sui robottoni e lo snobismo culturale di stare spendendo soldi pubblici per un tipo di intrattenimento allora considerato deteriore lasciarono l’iniziativa alla TV privata quasi subito, proprio dai primi anni ’80, e Valeri Manera ebbe una carta bianca quasi priva di concorrenza sia sullo scegliere i cartoni, sia sull’adattarli, sia sull’appioppare loro una sigla: tutte cose che faceva sì con esempi della RAI di pochi anni prima ma che poi, dopo il 1983, ha gonfiato a numeri industriali con un Berlusconi che, vedendo i risultati enormi dell’occupazione pressoché esclusiva della fascia di mercato per bambini, gongolava a mille!
Quali fossero i titoli di studio e di professione di Valeri Manera non si sa, ma erano anche altri tempi, i tempi in cui il personale non sapeva fare niente, ma si inventava tutto: la storia di Valeri Manera che, forse giornalista, si ritrova a fare un lavoro televisivo nuovo senza alcuna preparazione mediologica e che si trova a inventare modi e tempi di produzione e creazione di roba televisiva, è comune a gente come Gerry Scotti, Claudio Cecchetto o Jocelyn Hattab che, negli stessi anni e in analoghe TV private, si inventano figure come il Veejay e la comunicazione della videomusic…
Si sa che, quando non sussistevano sinergie europee (in essere già nelle gestioni della RAI, che comprava spesso anime già comprati dalla Francia, per esempio), Valeri Manera andava personalmente in Giappone a scegliere gli anime che riteneva più di successo e li comprava prima che fossero conclusi: e se nella serie, all’improvviso, compariva un elemento che “turbava”, solo allora interveniva nell’adattamento, con probabili assurdità, dovute a un continuo work in progress che non conosceva il senso del preventivo nei numeri continuativi ingenti dell’industria… prima del Grande Fratello, la fascia pomeridiana di Mediaset comprava e doppiava decine di cartoni animati all’anno, e il personale non era di migliaia di persone, ma era un gruppo molto selezionato che non aveva tutto ‘sto tempo di visionare effettivamente i cartoni…
poi molte scelte fatte da Valeri Manera erano esportate nei canali di franchising berlusconiano (La Cinq in Francia e TeleCinco in Spagna), con gli svarioni che si moltiplicavano anche in Europa!
Per gli anni poco prima del 2000, un collaboratore di Valeri Manera, Nicola Bartolini Carrassi, detto Ryan, ha scritto una sorta di libro di memorie, intorno al 2005, in cui descrive alcuni modi di acquisto dei cartoni… un libro che giustifica completamente il modo di agire di Mediaset, e ribadisce che concetti come mestruazioni o baci gay erano troppo, secondo lui, per essere fruiti dai bambini italiani, così come i nomi giapponesi o le cose troppo nipponiche…
e che si comperassero come roba per bambini di 6 anni cartoni invece palesemente prodotti per gente che aveva dai 15 ai 25 anni è un errore che né Bartolini Carrassi né Valeri Manera hanno mai riconosciuto: per loro l’importante era importare, e se poi l’importato lo si comunicava male, chissene: intanto l’avevi in Italia, e poi quel che succedeva succedeva: fermi immagine post-prodotti, situazioni imbarazzanti in un doppiaggio nonsense, vabbé, per loro era il sistema giusto per far capire agli italiani i cartoni nipponici…
contenti loro…
Per quel riguarda le sigle, abbiamo un’intervista di Franco Fasano, riferita però agli anni ’90, quindi ad anni un pochino “tardi”, in cui dice che Valeri Manera gli mandava la sinossi del cartone e solo su quella Fasano poteva comporre… Valeri Manera raccomandava di comporre su un testo «in inglese maccheronico» che abbozzasse metri e ritmi sui quali solo dopo Valeri Manera scriveva il testo…
Per periodi leggermente antecedenti, c’è un’intervista a Enzo Draghi, che ricorda molte ore di lavoro con Cristina D’Avena in studio di registrazione, e afferma che Valeri Manera non correggeva assolutamente niente del composto musicale, proprio manco ci metteva bocca; cioè lui componeva come gli veniva e quella sigla era già la definitiva… inoltre, dice che già nel percorso in macchina dall’ufficio di Valeri Manera a Cologno Monzese fino a casa sua a Voghera, subito dopo la “presentazione” del cartone da fare, cominciava a ideare qualcosa e a canticchiare in macchina, registrandosi con un registratorino mentre guidava…
Possiamo solo azzardare paragoni con altri specialisti delle sigle, cioè Riccardo Zara e i Cavalieri del Re, che hanno sempre ribadito quanto l’emittente comunicasse loro solo alcuni elementi della trama del cartone, quasi random, e che la parola d’ordine per la composizione, l’arrangiamento e la registrazione della sigla fosse «fate in fretta»… parola d’ordine usata anche da Valeri Manera sia per le sigle sia per l’edizione italiana (post-produzione e doppiaggio) dei cartoni che importava?
Sembra di sì, perché la fretta è stata confermata da Marco Masini per la sigla di Shaman King del 2005: lui ha parlato di «una settimana»…
Comunque sia, Valeri Manera, di fretta o no, cominciò a scrivere di persona i testi quasi subito, già dal 1981, anche se la sua industria delle sigle si è stabilizzata nel tempo… i casi come Bambino Pinocchio di avere testi di altri è rimasta fino verso al 1985, e pochissime volte Mediaset ha tradotto sigle straniere (vedi John e Solfami nel 1983 o la prima canzone dei Puffi [cioè Noi Puffi siam così] dell”82, solo arrangiata da Augusto Martelli), poi le cose si sono consolidate…
Augusto Martelli, una sorta di compositore ufficiale di Fininvest e di Berlusconi (sue le sigle dei Ragazzi della 3a C, di Casa Vianello, suo l’arrangiamento dell’inno del partito Forza Italia [però composto da Renato Serio] ecc.), è tornato spesso a comporre per Valeri Manera (Tulipano nero, Holly & Benji, le sigle di Bim Bim Bam ecc.), e gente come Enzo Draghi era della squadra di Martelli, ma è stato suo padre, Giordano Bruno Martelli, a cominciare a plasmare le sigle di D’Avena…
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GIORDANO BRUNO MARTELLI
Sono poco più di 15 le sigle che Giordano Bruno Martelli scrive per Valeri Manera e Cristina D’Avena ma effettivamente dà il tono a tutto…
Una delle prime è Là sui monti con Annette (’84), ma quelle che io ritengo fondanti sono L’incantevole Creamy ed Evelyn e la magia di un sogno d’amore (entrambe ’85)…
fa anche roba come Kiss me Licia, Lovely Sarah, Love me Licia, Memole, gli Snorky, Puffi di qua Puffi di là e Sandy dai mille colori…
Rispetto al figlio, Giordano Bruno impone una grande attenzione ai timbri: nella sua orchestra percussioni e ottoni sono splendidamente in primo piano: Creamy viene annunciata da due colpi di timpano, Memole designa la sua pasticciona natura di folletto con un pesante colpo di gran cassa, la magia di Evelyn è annunciata da prorompenti ottoni quasi straussiani, che picchiano possenti nel battere, e ancora Creamy ha una sorta di intro con una specie di fanfara…
Memole, però, ha anche aggraziati flauti boscosi nella tavolozza e alcuni strumenti elettronici si sentono in Love me Licia…
Questo sistema timbrico ha contraddistinto completamente la natura della sigla per bambini: infantile ma non scema, suadente ma non rimbambente…
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PIERO CASSANO
Durante il regno di Giordano Bruno, scrive per Valeri Manera anche Piero Cassano dei Matia Bazar: Nanà Supergirl e Pollon sono sue…
Altri personaggi di certa scena rock hanno lavorato per Valeri Manera (Alberto Baldan Bembo ha scritto Lady Georgie, per esempio) e Cassano ha lavorato, per Pollon, con Wladimiro Albera (cioè Vlaber o Wlaber), ma Cassano si è dedicato alle sue sigle con molto divertimento…
Pollon è una sorta di Boléro di Ravel in miniatura, con su un sacco di strumenti e timbri che si aggiungono via via che la sigla ripete il suo motivo, sempre aggiungendo anche qualche cellula melodica (è quindi più un primo movimento della 7a sinfonia di Šostakovič [vedi Symphonies])…
Nanà Supergirl è sempre curiosa perché è in minore: sembra una canzone triste…
La grana di Cassano per Cristina D’Avena è davvero preziosa, e ci sono mancate altre sue sigle…
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DETTO MARIANO
Uno dei più grandi autori di musica leggera italiani, collaboratore quasi fisso di Celentano (testimoniò a favore di Celentano nella disputa con Don Backy a proposito del brano Canzone del 1968), e autore di numerosissime e famose colonne sonore per un sacco di commedie italiane anni ’80 (di Pozzetto, Castellano & Pipolo ecc. ecc.), era uno di quelli che Valeri Manera “prese” dall’esperienza RAI: aveva già scritto alcune cose per i cartoni della TV di stato nel ’75-’82 e affianca per un po’ Giordano Bruno e Cassano componendo almeno un capolavoro: Il grande sogno di Maya…
costruita come una «piramide d’armonia», simile a Dal tuo stellato soglio del Mosè in Egitto di Rossini, Il grande sogno di Maya è un immenso sistema di modulazione costante, ostinato e progressivo, che comunica con un sincero senso dell’urgenza e della costanza il messaggio di dovercela fare piano e piano e con insistenza… ogni tanto sembra Beethoven!
Una meraviglia!
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NINNI CARUCCI
Carmelo, detto Ninni, Carucci, dopo canzoni per Gino Paoli, si dedica a Cristina D’Aveva e ad Alessandra Valeri Manera con una esclusività effettivamente pazzesca…
Dal 1985 al 1997, Carucci, con un regno certo ogni tanto aperto agli altri (vedi Silvio Amato, Massimiliano Pani, Enzo Draghi ecc., e poi, dal ’95, Franco Fasano) ma pressoché totalizzante, ha scritto idealmente quasi tutte le sigle della Mediaset nel momento della massima espansione…
è quasi il musicista di D’Avena per antonomasia…
La sua potenza di novità rispetto a Giordano Bruno è evidente negli incipit di Occhi di gatto e Mila e Shiro: la sua consapevolezza più rock, segnata dalla predilezione per il sax (là dove Giordano Bruno prediligeva gli ottoni), quasi esclude i residui più infantili ancora presenti in Giordano Bruno (ma sono residui che purtroppo rispuntano nel tempo, soprattutto per andare dietro al soggetto dell’anime, vedi i patetismi della Scoperta di Babbo Natale, del Regno di Oz, e del pur bellissimo Mio Mini Pony) e si basa spesso sull’uso di motti specifici, di tre o massimo quattro notarelle, che costituiscono costruttivamente la sigla completamente: le tre note di Occhi di gatto, e i colpi di batteria di Mila e Shiro (che meravigliosamente edificano la sigla piano piano e sono così distintamente rock rispetto ai classici timpani di Giordano Bruno: sono anche impagabili nel descrivere le pallonate di pallavolo che rimbalzano!) sono i mattoni della sigla, il materiale musicale [un modo comune, a quel tempo, a tanto pop, vedi, per esempio, Sarà perché ti amo, scritta da Dario Farina per i Ricchi e Poveri nel 1981].
Un uso della musica anch’esso, come quello di Giordano Bruno, derivato da Strauss, ma più sul versante dell’invenzione tematica invece che sulla timbrica (dove era Giordano Bruno)…
Carucci ha sistemato anche i telefilm di D’Avena, non solo Licia (Teneramente Licia è nelle Musiche per San Valentino) ma anche le serie di Cristina (Arriva Cristina è fantastica)…
Nei suoi tanti anni, molti sono stati i capolavori: certamente È quasi magia Johnny (dove è ancora evidente l’impasto del materiale nei trilli quasi circolari del sax nell’incipit), Il mistero della pietra azzurra (anche qui si nota che lo stile melodico di Carucci si basava su una giustapposizione di cellule lunghe e notarelle corte), Hilary (ancora immersa di sax), i molto divertenti Gemelli del destino (con gli umoristici modi orientali) e Batman, i molti interessanti sistemi particolari di D’Artagnan, Robin Hood, e le prime due Sailor Moon… da notare, soprattuto, che Il piccolo lord (’89) anticipa le istanze dei Modà (è uguale Non è mai abbastanza, 2013)…
però tantissimi sono stati anche i fallimenti: i plagi della Isla Bonita di Madonna per Sailor Moon e il cristallo del cuore, e delle Vacanze romane dei Matia Bazar per Sailor Moon e il mistero dei sogni, erano estremamente pesanti e parecchie volte un senso di routine prevale su molta roba, da Alvin Superstar alla Scuola di polizia ecc., quasi tutte uguali…
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DRAGHI, PANI, AMATO E CHIARAVALLE
Negli anni maximi di Carucci hanno trovato spazio anche altri compositori, ed Enzo Draghi è stato tra i più prolifici. Sue molte delle sigle dei Puffi (spicca, tra le tante tutte abbastanza uguali [anche se lui si ricorda di averne composte solo 3], I Puffi sanno), delle trasmissioni (diversi Ciao ciao), e poi Conte Dacula, Tutti in campo con Lotti, Lady Lovely, Palla al centro per Rudy… Tante sigle le ha anche cantate lui stesso, che era la voce di Finicelli nel Mirko dei telefilm di Licia: Lupin, I cinque samurai e le Tartarughe Ninja per esempio (cantò anche la prima versione della Spada per Lady Oscar, che però è di Carucci [Draghi ha detto che D’Avena era restia a cantare una sigla nuova per Lady Oscar, paurosa di lesa maestà nei confronti di quella dei Cavalieri del Re, e poi si è convinta quando ha visto che anche la nuova sigla di Carucci faceva successo])… è stato un artista solido e sicuro, che merita molto rispetto… anche se per i primissimi anni si è un po’ “vergognato” di fare parte del mondo animato: le prime sigle che ha cantato le ha firmate con nomi collettivi (i.e. i titoli finali indicano “Gli amici di Lupin” come “cantante” della sigla di Lupin)
Massimiliano Pani, il figlio di Mina, ha scritto roba come Prendi il mondo e vai e Siamo fatti così…
non è roba brutta…
Silvio Amato ha scritto Che campioni Holly & Benji (una di quelle cantante da Marco Destro, che dal ’94 al ’97 affiancò D’Avena), I segreti dell’isola misteriosa, e La porta socchiusa ai confini del sole: io le ho sempre trovate un po’ noiose…
Valeriano Chiaravalle, ancora oggi protagonista delle canzoni sanremesi, ha scritto almeno un capolavoro per D’Avena, cioè Terry & Maggie, ispirata di temi quasi classicheggianti, alla Haydn!
Ha scritto anche roba carina per Marco Destro (Skeleton Warriors, VR Troopers ecc.)…
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FRANCO FASANO
Quando Carucci ripiega sui plagi (Sailor Moon e il cristallo del cuore è del ’95), l’autore di Fausto Leali è già al lavoro…
Sulle prime si instrada assai su Carucci (Un fiocco per sognare, Lisa & Seya, Piccoli problemi di cuore, Beethoven), poi immette un’idea di complessità e di gigantismo…
per esempio immette il rap (in Curiosando nei cortili del cuore e in Rossana, ’98 e 2000), ma soprattutto attua modalità di fusione dei ritmi simili agli espedienti di Verdi (il Miserere del Trovatore), Meyerbeer e Claude-Michel Schönberg (One Day More dei Misérables): la cosa inizia con Un incantesimo dischiuso tra i petali del tempo (’97) e già si presenta a livelli mirabili, con una capacità di invenzione timbrica e ritmica formidabile, che spazzava via la stanca routine del Carucci terminale…
Le sue due canzoni per Card Capture Sakura (Pesca la sua carta e La partita non è finita, ’99 e 2001), soprattutto la seconda, sono tra le sigle di D’Avena più belle…
In Fasano si vedeva quanto il tempo fosse un contenitore per il ritmo, e nello stesso tempo, davvero come Verdi e Meyerbeer, Fasano riesce a far entrare tutti i ritmi possibili, facendo una somma delle parti che va al di là delle sue singole componenti!
La fusione dei ritmi e i momenti rap si accompagnava a un respiro davvero da musica classica (non sono casuali i riferimenti a Verdi e Meyerbeer), con tanto coro diviso (e non omofono come era stato fino ad allora), e con un sistema strumentale che era più da orchestra che da band… come se Fasano tornasse un po’ al sistema di Giordano Bruno, ma con più mezzi e più cazzimma… I tempi di Fasano, infatti, sono stati gli ultimi gloriosi dei cartoni Mediaset, e Fasano ha beneficiato della consapevolezza… per capirsi: ai tempi di Fasano erano un po’ scemate le ritrosie ed erano spariti un po’ di pregiudizi della stampa per Cristina D’Avena e per gli anime… quelli di Fasano sono tempi in cui i cartoni animati erano roba normata e normale, accettata anche dal MOIGE, e molto facilmente commercializzabile a livelli che ancora Carucci si sognava… e Fasano ne ha altamente approfittato proponendo la sua grandeur…
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GIORGIO VANNI
E veri botti commerciali sono stati i brani di Giorgio Vanni, seppur quasi sempre cantati da lui invece che da D’Avena…
Dragon Ball (’99) e i Pokémon (’99), o Detective Conan (2002), effettivamente delle hit, sono roba del solo Vanni, ma il loro successo si è riflesso anche su D’Avena che ha usufruito di Vanni per Always Pokémon, All’arrembaggio (2001, forse il capolavoro di Vanni) e per quell’opus magnum misconosciuto che è stato Fancy Lala…
Vanni aveva anche lui un’ottima consapevolezza, ma era poppettaro invece che classico, un pop intelligente, come quello di Chiaravalle: Vanni aveva l’idea di stare scrivendo una canzone più che una sigla…
Il giovanilismo di Vanni, inoltre, ricco di idee discotecare e di remix, nel tempo della consapevolezza di Mediaset, aiutò non poco a svecchiare tutto, è indubbio… poiché se la bellezza di Fasano rimaneva in un certo senso tradizionale, Vanni richiamò nuovi bambini, nuovi giovani, e nuovo pubblico, anche i teenagers più sdruciti più attenti ai videogiochi che alla TV…
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Dopo i fasti di Vanni, il mondo delle sigle di Cristina D’Avena, e il regno di Alessandra Valeri Manera, vanno a tramontare…
Marco Bellavia e Roberto Ceriotti hanno sempre detto che dietro alla scusa ufficiale dei troppi costi decretanti la chiusura di Bim Bum Bam si nascondeva la voglia di Mediaset di puntare tutto sul Grande fratello, ritenuto il futuro di una televisione già ampiamente attaccata da canali tematici e web…
Le sigle di Cristina D’Aveva, quindi, sono diventate terreno del ricordo e della nostalgia, che ha annacquato qualsiasi consapevolezza critica…
ma 40 anni sono tanti per relegare prodotti artistici alla mera nostalgia… e che certi motivi siano stati apprezzati anche dai figli di chi li ha ascoltati la prima volta denota un qualcosa che c’è, e che forse sta nella perizia di queste persone che hanno plasmato le stagioni di Cristina D’Avena…
Buon Natale^^
wow, pensavo avresti parlato di D’avena (grande plasmatrice delle sigle della mia infanzia) ma non mi aspettavo questa grandissima disquizione! cmq, per me Vanni resterà sempre nel cuore <3
triste che all'epoca – come i doppiatori ora – cantanti e doppiatori avevano poche ore per imparare il testo e interiorizzarlo