Oppenheimer

Io non amo Nolan, si sa…

E non amo neppure Greta Gerwig

Ma nella dicotomia odierna tra Oppenheimer e Barbie, che ripropone stancamente l’ancestrale (dai tempi di Omero ed Esiodo, di Sofocle e Aristofane, del Margites e dell’Orestea) polarità tra serio e faceto, tra commedia e tragedia, tra il dire le cose divertendosi e dirle piangendo, mi sto inclinando più per Barbie

È vero che quello di Barbie è un cinema più elementare, ma non è che Oppenheimer, a parte le classiche compartimentazioni fotografiche (i colori che designano i tempi diversi in cui accadono le cose), per altro altamente risapute, riviste sia in lavori di Nolan sia in infiniti altri (da Fellini, a Scorsese, a Navigator di Vincent Ward, ad Abel Ferrara, fino anche ad Alex Proyas del Crow, e chi più ne ha), ci dia più cinema di Barbie… anche perché Barbie ha una poetica del logos fittizio tutt’altro che scontata (le scenografie palesemente plasticose e gli stacchetti musical da manuale riflettono un’idea di metacinema che Nolan si sogna da sempre)

Ed è vero che il messaggio di Oppenheimer appare più cosmico di quello di Barbie, ma non è che la conquista della normalità di Barbie, con la sua teologia matriarcale “delle nonne”, sia una cacchiata…

Per cui, sì, le ragioni per preferire Barbie non sono peregrine…

Ma è certo che anche Oppenheimer è un film che merita di essere visto, poiché ha molti pro…

Per esempio quello di rendere mainstream un racconto assai risaputo (molto noto a chi frequenta il teatro, lo Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons, e i libri di Carlo Rovelli: il teatro dell’assurdo di Beckett deriva da questa storia, vedi quanto detto in Triangle of Sadness, e nel 1998 è stata rappresentata, bellissima, la pièce Copenhagen di Michael Frayn, arrivata anche in Italia), ma mai affrontato da Hollywood…

Il pro di farci vedere un Nolan che finalmente, più che in Tenet, riesce a orchestrare le soggettive molto bene. Lui che in Dunkirk era riuscito a fare solo tediose oggettive, in Oppenheimer ci fa vedere i pensieri del protagonista, le sue vergogne, le sue paure, con frame mentali forse addirittura inediti per lui (solo stralci di immagini mentali c’erano in Memento, The Prestige e Inception), e ottimamente efficaci (là dove le tensioni visive di Tenet c’erano ma non portavano effettivamente in nessun posto)…

È bello vedere un regista che, a livello visivo, cresce (ed era ora dopo quasi 30 anni di attività!), e cresce anche a livello tematico. Se in Tenet e in Dunkirk si palesava atroce un suo spregevole conservatorismo, che si rifletteva anche nei simbolismi atomici (in Tenet dice tranquillamente che, per ragioni psichico-personali, sarebbe bene buttare la bomba atomica per sconfiggere l’Es e compiacere il SuperIo: bella schifezza!), in Oppenheimer, Nolan sembra voler rimediare (andando dietro a Frayn un po’ parecchio: chi ha presente Copenhagen troverà Oppenheimer molto poco originale) e dire, per fortuna alla Omero/Virgilio, che sì, la bomba si butta (così come si distrugge Troia e si conquista il Lazio) ma le conseguenze nefaste ti accompagneranno per tutta l’esistenza fatta di entropia: sentir dire tutto questo a uno che fino a ieri era un retorico bellicista perfino sciovinista (Dunkirk e Tenet), è carino (anche se quei punti di vista sono mutuati da Frayn)…

Quello che non è bello è non veder mai crescere Nolan a livello drammaturgico…

Oppenheimer dura troppo…

È il sempiterno retroterra culturale ottocentesco di Nolan, quello di Hugo, di Dumas père, di Meyerbeer, del feuilleton, del grand opéra, che ammazza i suoi film… quello che fa propendere Nolan per la divagazione, per la storia collaterale, per il meandro di trama inutile…

È vero che la battaglia di Waterloo nei Misérables di Hugo non c’incastra un cacchio con la trama; è vero che il Conte di Montecristo è lungo e gli ci vuole tanto per concludere; è vero che la caccia con Nataša e i fratelli in Guerra e pace, scritta solo per dimostrare che a Nataša manca Andrej, è esagerata… ma cacchio: mentre leggi quegli episodi sei felice! Non contribuiscono granché alla trama ma implementano assai l’atmosfera…

In Oppenheimer, invece, l’ansa tramesca di Florence Pugh è solo tempo perso… così come pure le scene di nudo, inutili e sensazionalistiche (usate anche in modo squallido durate la promozione del film)…

La porzione, lunghetta, con Casey Affleck, è l’emblema dell’inutile…

Tutta la seconda parte con la vicenda di Robert Downey Jr., condotta a metà tra la commissione contro Michael in Godfather, part II e le udienze di The Aviator, con tutta un’ansia politicante che vorrebbe scimmiottare Alan J. Pakula o Primary Colors di Nichols, è pleonastica, pletorica (che “è stato Downey Jr.” lo si ripete per lo meno 6 volte) e anche un po’ moralmente furbesca alla san fasò (l’accenno alla bontà morale di Kennedy sembra davvero una leccata di culo all’Intellighenzia liberal dopo i tanti edonismi repubblicani di Dunkirk e Tenet, cosa che palesa un certo paraculismo)

È come se Nolan volesse fare il Dumas père senza averne l’intelligenza… e quindi finisce per traboccare invece che per sottolineare. Sicché se in Hugo le disquisizioni, in Notre Dame de Paris, sulla Parigi trecentesca contribuiscono a un tutto, in Nolan che imita Hugo le tette di Florence Pugh e i sotterfugi di Downey Jr. non portano a nulla: sono solo parti che non partecipano ad alcun tutto: è carne al fuoco stopposa, che avanza…

E quelle divagazioni appesantiscono anche il resto…

Oppenheimer scorre male…

E la sezione di Downey Jr. ha anche il punto debole di sfociare in una inopportuna prova di santificazione di Oppenheimer che quasi contraddice il resto del film… cioè: lavori bene per fare un personaggio contrastato, che canta la vergogna omerica del senso di colpa beckettiano dell’atomica e della guerra, e in questo modo sembri garantire bene l’espressione dello strazio di doversi piegare alle contingenze per una circostanza “positiva” puntuale pur nella certezza di dover affrontare le conseguenze per tutta la vita lineare che resta, ma poi cerchi di santificare quel personaggio! Che peccato! [un punto debole di manicheismo che affligge sempre Hollywood, vedi anche Mank]

Per cui sì…

Oppenheimer ha il merito di scoprire un Nolan capace di fare soggettive e meritevole di raccontare una storia conosciutissima ai vecchi ma non nota al mainstream né alle nuove generazioni…

Ma scorre di merda, è qualche volta politicamente paraculo, ed è drammaturgicamente un disastro per la scarsa comprensione dei modelli ottocenteschi…

Sta a ognuno decidere…

Da parte mia confesso che, piacendomi l’argomento, sono stato molto contento di averlo visto, anche se le palle mi sono arrivate a terra per la farraginosità e per la noia…

L’ho visto doppiato, purtroppo, ma mi è sembrato un doppiaggio molto lussuoso…

Tra i consueti mattatoroni affibbiati al classico cast stellare di Nolan (il super-cast è una cosa che Nolan ha preso dal Superman Dick Donner) mi è sbalzata parecchio Rossa Caputo su Florence Pugh…

Molto interessante la musica di Ludwig Göransson

ADDENDA:

L’ottavo episodio della terza stagione di Twin Peaks (2017), pur con troppe lungaggini kubrickiane (un ovvio Penderecki in colonna sonora e troppo tempo privo di dialogo), racconta la stessa storia di Oppenheimer (il Male si genera dalla bomba atomica e si sparge nel mondo senza rimedio) in soli 58 minuti e con l’efficacia della metafisica, molto più ficcante della diegesi zoppicante, tutta positiva (e quindi tutto sommato illustrativa) di Nolan… e senza alcuna paraculaggine politica…

8 pensieri riguardo “Oppenheimer

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  1. Mi è piaciuta molto la tua idea di partire da un confronto tra i due grandi eventi cinematografici (perchè dire “film” in questo caso sarebbe riduttivo in un certo senso): sembra la classica domanda “Preferisci il gelato o la pizza?” ma l’acutezza della tua analisi lo rende un punto di partenza molto accattivante per l’analisi del film, e non solo. Come sempre, il cinema rispecchia il mondo in cui viviamo, e se questi due film sono usciti nello stesso momento e hanno ottenuto entrambi grande successo di pubblico (grazie anche al marketing, ma questo non è che un punto terzo dello stesso discorso) un motivo ci deve pur essere, e tu lo hai trovato. Complimenti, ti ho letto con grande piacere.

  2. Condivido le tue opinioni sia su Barbie (che tanto stupido non era e comunque ben fatto, anche se non vedevo l’età di uscire 😊) che sul film di Nolan (che ho sopportato fino in fondo anche perché amavo, amo lo scienziato e il periodo tenebroso e incredibile dell’atomica). C’è da sottolineare che neanche a me Nolan è mai piaciuto; qui è migliorato di molto ma non abbastanza da creare sviluppi drammaturgici interessanti.
    Grazie per la tua recensione, molto interessante..

  3. Mi piace come devo sempre leggere i tuoi articoli come quando si studia un testo un po’ complicato! In definitiva credo anche io di preferire Barbie, nonostante Oppenheimer sia un film di assoluto pregio e, secondo me, grande valore; oltretutto è fantastico che la gente accorra al cinema per vedere qualcosa che non faccia parte di una property miliardaria ma un soggetto originale, per cui secondo me, ne usciamo tutti vincitori.
    Secondo me alla fine non si cerca di santificare Oppenheimer, credo che il punto sia raccontare il senso di colpa dello scienziato di fronte a un uso spietato della propria invenzione e il desiderio di espiazione; credo che in quel momento il film trascenda molto l’esperienza personale di Oppenheimer per diventare qualcosa di molto più generale e assoluto. Oltretutto Oppenheimer non ha, effettivamente, alcuna colpa, non è un mostro sanguinario e non è un assassino, e mi fanno vedere rosso tutti i commenti che leggo di questo tenore, ad invocare la damnatio memoriae nei suoi confronti.
    Non mi hanno nemmeno dato fastidio le divagazioni, sebbene alcune, come la relazione con Florence Pugh, siano effettivamente gratuite, superflue e a tratti pruriginose; anche questa, però, torna utile nella fase processuale del film, per cui diciamo che ha delle conseguenze, per quanto blande, all’interno della storia.
    Resta comunque, secondo me, un prodotto incredibilmente più interessante e maturo di Tenet, che invece probabilmente è il film di Nolan che mi sia piaciuto di meno in assoluto.

    1. Rispetto a Tenet è un netto miglioramento, anche se dopo 25 anni mi dà ancora fastidio leggere peana e peana idolatranti dopo ogni film di Nolan, come se si trattasse di Dreyer o Sokúrov invece che di un regista hollywoodiano, ottimo e più bravo di altri, ma pur sempre hollywoodiano e sempre mortalmente narrativo e letterario (è come, che ne so, se volessero dare il Nobel a Ken Follett…)

  4. Visto due giorni fa, hai ragione sull’eccessiva lunghezza e su vari punti che si sarebbero potuti tagliare senza alcun problema (sicuramente la parte con Casey Affleck, tra l’altro uno dei dialoghi meno taglienti del film), e anche io ho notato la leccaculata di JFK, e l’ho trovata strana viste le visioni politiche che si (intra)vedono nei film di Nolan… però per me è uno dei meglio film che ha fatto! Non so come sia il libro su cui si basa, se anche lì ci siano i parallelismi che lui poi ha portato sullo schermo, però a me è piaciuto proprio… e Barbie non l’ho visto!

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