«La sirenetta» nuova

Credo che non ci sia un filone cinematografico sul quale ho spalato più letame di quanto ne abbia spalato, negli anni, sui live actions Disney…

ecco una breve carrellata:

Il Jungle Book di Stephen Sommers, targato 1994 (e sono quasi 30 anni), non l’ho mai visto…

gli 101 Dalmatians di Stephen Herek, 1996, uguale…

la Mowgli’s Story di Nick Marck, 1998, non credo di averla mai sentita nominare…

102 Dalmatians di Kevin Lima, 2000, l’ho snobbato, ma gioì tanto del suo flop…

per 10 anni per fortuna la abbozzarono e non ne fecero più, poi Tim Burton ha fatto Alice in Wonderland e rieccoci (è in Burton VI)… Burton si è preso da solo la pena dell’ammorbo dei live actions anche se un concorso di colpa grosso lo ha avuto Zemeckis con il Christmas Carol del 2009: animato ma remake

Sorcerer’s Apprentice di Turteltaub, 2010, non andai a vederlo…

Saving Mr. Banks di Lee Hancock, 2013, è al n. 23 del Conte di Palomino: mi annoiò…

Maleficent di Stromberg, 2014 è al n. 34 del Conte di Palomino: non mi disse niente…

la Cinderella di Branagh, 2015, invece mi piacque! (è al n. 27 di Psych!)

il Jungle Book di Favreau, 2016, mi rifiutai di vederlo…

la seconda Alice di un tale che si chiama James Robin, 2016, la disertai…

la Beauty and the Beast di Condon, 2017, mi fece onco…

Christopher Robin di Marc Forster, 2018, non l’ho visto…

la Mary Poppins nuova di Rob Marshall, 2018, mi fece dormire…

il Dumbo di Burton, 2019, mi piacque, e forse neanche poco!

l’Aladdin di Guy Ritchie, 2019, lo detestai…

il Lion King di Favreau, 2019, mi procurò molto dolore…

la seconda Maleficent di Rønning, 2019, non mi disse nulla…

di Lady and the Tramp di Charlie Bean, 2019, non credo di aver mai sentito parlare nessuno…

la Mulan di Niki Caro, 2020, per fortuna non uscì grazie al COVID e quindi la saltai…

la Cruella di Craig Gillespie, 2021, invece, la trovai adorabile!

il Pinocchio di Zemeckis, 2022, è andato solo su Disney+ e quindi è stato facile evitarlo…

del Peter Pan & Wendy di David Lowery, 2023, ho visto solo una sequenza centrale: m’ha fatto pietà…

quindi cosa dire di questa Sirenetta…?

di sicuro ha senza dubbio aiutato a scremare dalle amicizie tanta gente che me l’ha menata, per anni (dal 2019), con la cacchiata che Ariel non poteva essere nera…

anche nel 2018 i suprematisti avevano rotto la minchia con un vociferato reboot di Buffy reo di poter avere la protagonista nera, e già nel 2011 avevano scassato con gli asiatici alla corte di Odino nel Thor di Branagh…

Io litigai a diritto con Tony per questa ragione

l’argomentazione del «non dovrebbero colorare Ariel, ma inventare un personaggio nuovo e chiamarla Cirisbiella» mi faceva ridere…

e le supposizioni su «come la voleva Andersen» mi facevano infuriare, e neanche poco (ho anche preso in esame con tutta la buona volontà possibile la filologia anderseniana per dimostrare che Andersen di Sirenette ne ha scritte 3!)

per cui ho finito per supportare assai questa Sirenetta imminente (che intanto venivano a girare in Sardegna), anche se sapevo bene di stare supportando un live action Disney che mi avrebbe senza dubbio fatto vomitare come tutti gli altri!

ma il solo fatto che la osteggiassero per palese razzismo mi irritava…

Adesso è uscita ed era ovvio che, dopo tanto ciarlare a cazzo, finisse per risultare una cosetta che, come volevasi dimostrare, è del tutto inutile…

fa senz’altro bene vedere una Ariel un pochino più intraprendente, ma non è che quella dell”89 fosse scema… io, poi, che non distinguo i colori di nessuno, manco mi sono accorto che fosse nera, ma io sono un privilegiato: per tanti è importante vedersi rappresentati, e io, maschio bianco etero (ma spero non basic), mi sono visto rappresentato fin troppo spesso!

per il resto, questa Sirenetta di Marshall è come ci si può aspettare un live action Disney girato da Marshall, cioè da uno dei registi che, a conferma della compattezza del suo staff (con lui ci sono sempre Beebe, Myhre, Atwood, Wyatt Smith [però conosciuto solo a partire da Nine nel 2009], e poi il marito, il produttore e creative associate John DeLuca [senza di lui, Marshall ha girato solo Chicago, il suo esordio, ma erano già sposati]), si ritrova ad adattarsi, col medesimo sforzo, a qualsiasi cosa gli venga proposta da Hollywood, dai revival di Broadway (Chicago, Nine, Into the Woods [che è al n. 29 di Psych!]) agli episodi di franchise (il quarto dei Pirates of Caribbean) che inaugurano i suoi contratti scritti col sangue per Disney (le nuove Mary Poppins e Sirenette)…

quelli di Marshall (e DeLuca) sono tutti contratti milionari, di filmoni grossi, che Marshall *amministra*…

con Myhre e Atwood garantisce uno sforzo costruttivo capace di spendere bene i soldi messi in campo…
con Beebe (un maestro della cinematography digitale) trova una quadra di presentazione del lusso degli effetti speciali (onde evitare i disastri fatti da Condon e Schliessler in Beauty and the Beast)…
con Wyatt Smith trova un modo di découpage così prevedibile, calmo e risaputo, da non turbare mai la guidatissima visione dello spettatore, in un impianto diegetico così liscio, preciso e puntuale da risultare quasi una camomilla, un té delle cinque, un pisolino consolante invece che un film

i film di Marshall sono così: sono luccicanti piattumi che si vedono senza sforzo…

molte volte, per Dick Donner, io tiro fuori giganti della Hollywood classica per trovare comparazioni: per Donner cito sempre Michael Curtiz o addirittura William Wyler…

per Marshall dovrei tirare fuori gente magari come Woody Van Dyke, cioè Woodbridge Strong Van Dyke II, ovvero One Take Woody, colui che diceva sempre «buona la prima» e amministrava mostri costruttivi (spesso di Cedric Gibbons) per la MGM in progettoni sempre belli grossi (vedi il primo Tarzan del 1932)…
Van Dyke finì per girare quasi 100 film: Hollywood si affidava a lui perché non spendeva tanto, garantiva il prodotto finito in tempo, senza sbracamenti e con la sicurezza di aver speso “a modo”, secondo direttive…

Marshall, già abituato all’industria di Broadway, porta sempre a casa la pagnotta in modo anonimo, semplice, in tempo e in budget, da vera industria

Marshall, come One Take Woody, sa, inoltre, gestire lo scheduling dei divi, con parsimonia, destrezza e ordine…

più che un regista è il direttore di un ufficio, o di un magazzino di logistica…

Nelle sue mani Sirenetta fila via senza che ci sia davvero una cosa che desti curiosità, o perfino meraviglia…

Il suo mestiere pratico non lo fa incappare nelle assolute schifezze in cui sono caduti Condon, Ritchie e Favreau (cioè movimenti di macchina fuori posto, scenografie sballate o sistemi fotorealistici inefficaci: benché una sua pecca grossa potrebbe essere il non aver scovato un modo per rendere il regno di Tritone più “galleggiante”: sembra un posto con gravità di superficie dove le cose cadono; inoltre è poco calibrata l’inquadratura dell’abbraccio finale: Bailey rimane parecchio fuori campo), ma quello stesso mestiere non lo rende capace di fare niente se non *eseguire* un programma, e quindi i suoi film, inclusa questa Sirenetta, non sanno di nulla: nella precisione amministrativa, Marshall non trova mai né sensi né significati nell’immagine, né riesce a rendere i suoi shot divertenti (come invece è riuscito a Gillespie e a Burton)…

finisce che la tensione è zero e che anche i numeri musicali sono smorti e quasi immobili, nonostante lo sfoggio di coreografie…

La confezione però è brillante e il packagin molto “puccioso”…

per capirsi: ‘sta Sirenetta non annoia, ma neanche acchiappa…

sta e resta lì

resta lì, tra l’altro, anche a durare più del dovuto (2h 15′)

si dovrebbero ammirare le prove attoriche, ma io ho avuto la malaugurata idea di vederlo doppiato…

un doppiaggio che, complice anche la recente scomparsa di Ermavilo (ossia Ernesto Brancucci: su YouTube ho sentito Patitucci chiamarlo Ermavílo [sono le sillabe iniziali dei nomi dei componenti della sua famiglia]), che nella comunicazione social è diventata motivo di ostentazione di continuità valoriale negli eredi (la moglie Marinella e le figlie Virginia e Lorena), si è molto autocelebrato…

si è molto detto (in Moana) dei passaggi dalle traduzioni canore fedeli allo spirito (e non alla lettera) delle canzoni, in essere proprio fino all’avvento di Ermavilo in pianta stabile (cioè dall”86 ca. e poi definitivamente dal ’93, quando muore Piero Carapellucci), alle traduzioni non fedeli né alla lettera né allo spirito (a partire dall’egemonia di Michele Centonze, appunto dal ’93) ma aderenti al labiale…

in Frozen e Moana era evidente quanto il personaggio cantasse una cosa ma ne agisse un’altra (appunto quella che si vedeva in video e che aderiva al testo inglese del tutto differente dall’adattamento italiano), ma allora, almeno, l’idea di labiale era rispettata…

in questa Sirenetta, Massimiliano Alto e le Brancucci, in preda alla voglia di far vedere il fondamentalistico rispetto con i testi del 1989, fatti proprio da Ermavilo con Carapellucci, mantengono completamente quei testi e se ne fregano del labiale!

in Part of Your World, Halle Bailey non muove la bocca mentre Yana_C gorgheggia eccome per andare dietro al testo ’89, evidentemente “allungato” con nuovi gorgheggi…

e nella reprise di Part of Your World, se nell”89 Patitucci doveva stare dietro al labiale animato di Glen Keane, e quindi poteva dribblare diversi problemi, stavolta Yana_C arranca nel labiale effettivo e completamente diverso di Halle Bailey ripreso in primissimo piano…

sono problemi grossi quando devi andare dietro a qualcosa di già fatto (vedi anche l’arrancamento di Cosolo alle prese con le scelte di Renato Izzo per Dune), ma avendo a che fare con attori “diversi” rispetto all”89 (e quindi senza le gatte da pelare che ha avuto invece Fabrizio Pucci in Ghostbusters: Afterlife, per esempio), Alto e le Brancucci non fanno una distribuzione malvagia…

Sara Labidi è molto brava sulla Bailey parlata;

Ciro Clarizio su Tremblay (Flounder) è carino;

Ambrogio Colombo va di gran classe su uno splendido Art Malik (Grimsby);

ma ci sono anche le scivolate:

Pedicini trabocca malamente come sempre su un Bardem in completo miscast;

la scelta di affidare a Simona Patitucci (la Ariel dell”89, scovata da Piero Carapellucci dal teatro e dal cinema [le aveva però già fatto fare particine in Oliver & Company], come quando, negli anni ’70, Mario Maldesi convinceva gente come Glauco Mauri o Stefano Satta-Flores a fare doppiaggio: è rimasta una meteora del doppiaggio) la parte di una Melissa McCarthy non così in palla (era evidente che ha girato tutto quanto da sola chiusa in uno stanzino ai Pinewood!) è stata carina, ma forse meno voglia di nostalgia avrebbe emendato alcune “svogliatezze” di McCarthy facendole magati trattare a Francesca Guadagno (quella che l’ha doppiata di più)… non che Patitucci abbia fatto male eh… ma io ho visto “scollamento” [la curiosità vuole che Carapellucci, nell”89, volesse Patitucci per Ursula e le fece fare i provini sia per Ariel sia per Ursula, e Patitucci vinse entrambe, e fu Patitucci a scegliere Ariel; Sonia Scotti per Ursula è stata trovata per caso solo perché, a corto di tempo, Andrea De Leonardis, autore dei dialoghi e parte della “dinastia” a cui Disney affidava i film già dai tempi di Walt, mise in giro la voce della mancanza di una Ursula in CDC, voce intercettata da Rossella Izzo del Gruppo Trenta, che “prestò” Scotti alla CDC, dove fece una colonna separata solo per lei; ma anche Patitucci fece Ariel in colonna separata];

Federico Campaiola è oRendo su un già di suo oRendo Jonah Hauer-King (Eric);

Alessia Amendola, tutta maniera e niente arrosto, ha tramortito la comicità di Scuttle (che era Awkwafina) con un generico doppiaggese uguale a mille altri (avrei pagato per sentire cosa si sarebbero potute inventare, con quel personaggio, artiste abituate all’animazione come Valentina Mari, Ilaria Latini o Perla Liberatori);

Mahmood ha fatto sentire tutta la sua colonna separata: la sua voce ineducata non è arrivata ai punti massimi di vergogna ottenuti da Ilaria D’Amico (con Carlo Cosolo) in Eragon (2006: sarebbe stata Rachel Weisz), da Tiziano Ferro (con Marco Mete) in Shark Tale (2004: sarebbe stato Will Smith), e da DJ Francesco (con Leslie La Penna) in Robots (2005: sarebbe stato Ewan McGregor), ma ha fatto comunque di tutto per restare antipatico…
estraneo ai tempi comici, e sopraffatto dal dover stare dietro al ricordo di Ronny Grant (scovato da Carapellucci nell”89 dall’industria discografica, anche se nel ’79 già Fede Arnaud gli aveva dato un personaggio da doppiare nell’Hair di Forman) si vedeva davvero (come Melissa McCarthy) essere in un’altra stanza, isolato dagli altri…
Massimiliano Alto ha garantito un certo equilibrio e gli ha fatto centrare almeno una battuta (il «ciao bella» detto nella conchigliona)…

Su Mahmood in particolare, ma su tutto il film, si può concludere che l’aver voluto mantenere esattamente e a tutti i costi le scelte di Ermavilo, Carapellucci e De Angelis ha inficiato il lavoro di Alto…

se mantenere «piacioro» (del tutto inventato da De Angelis e Mete nell”89: Buddy Hackett dice solo «any time, sweetie, any time») e «arricciaspiccia» (cioè Dingle Hopper) era doveroso, invece termini come «signorinella» e molti altri (in bocca soprattutto a Mahmood ma anche a Pedicini) si sentono provenire quasi da un altro mondo…

Non sono 2h 15′ buttate nel cesso, no…

ma è come quelle pubblicità in cui si vedono persone depilarsi ascelle già depilate…

passi il tempo ma non lo riempi…

e i tentativi di insaporire le cose (gli appelli alla pace tra umani e pesci) non contribuiscono in niente a fare qualcosa «di più» del giocattolino costoso…

21 pensieri riguardo “«La sirenetta» nuova

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  1. Probabilmente sono razzista, perché non sono del tutto d’accordo sui cambi di etnia di personaggi parte dell’immaginario collettivo, cambi che credo puntino molto a cavalcare l’onda e a far parlare. Certo, “La Sirenetta” è una storia di fantasia, quindi la scelta è – sempre per me – poco influente. Peggio sarebbe voler etnicizzare contesti che non lo erano o lo erano molto meno (adesso si parla un sacco di Cleopatra, ma ricordo ancora che rimasi un po’ stranito con il remake di “I magnifici sette”).
    Comunque, qui si tratta del remake di un cartone riadattato da una fiaba, quindi il colore della protagonista mi importa poco.
    Tornando più nel merito e occupandoci di altre questioni da te sollevate, diciamo che non essendo mai stato un fan dei film d’animazione Disney, a maggior ragione non credo mi piacerebbero granché questi rifacimenti. Ho visto solo “Il re leone” e boh, stavo bene anche senza. Non l’ho schifato, ma avrei potuto usare il mio tempo per altro.
    Il doppiaggio sa essere infame, fosse per me solo sottotitoli e lingua originale (almeno nelle canzoni). Però forse si dovrebbe guardare all’effetto su uno spettatore bambino. Alla fine, deve funzionare primariamente su di lui. Poi che ci infilino la nostalgia – mi riferisco alle scelte lessicali da te citate – per noi vecchi ci sta, sono “costretti” a farlo, dato che siamo noi a pagare i biglietti (per noi stessi e per i più piccoli). E perché scassiamo gli ammennicoli se non ci fanno ricordare com’era trent’anni fa.
    Detto ciò, i remake possono pure fare stra-schifo, ma poi la gente, inclusa quella che si lagna, va a vederli? Se sì, ha ragione (e vinto) la Disney, c’è poco da fare. 😂

    1. Discuteremo animatamente, poiché, si avverte dal post, per me l’etnia è una cosa così priva di senso da non accorgermi neanche del colore dei personaggi. E Angelica dell’Orlando furioso, che è cinese, descritta bionda e con gli occhi azzurri, non ha dato mai fastidio a nessuno, così non dà mai fastidio a nessuno l’imago christi di un palestinese che sembra un norvegese. Dà fastidio però quando un bianco lo tingono di nero, e snobbano le lamentele dei giapponesi sulle Memorie di una geisha recitate da Indonesiane o su anime nipponici fatti con Scarlett Johansson o su Mickey Rooney tinto di giallo. Sembra che i gialli e i neri non debbano lamentarsi sennò rompono, mentre i bianchi possono gridare al vilipendio di cultura quando vogliono… bah… io invece, ripeto, sarei per fregarnene…
      Sulla nostalgia, lo sai: io la odio, la trovo ridicola. Star Wars era fatto per nostalgia di Stewart Granger, ai fan di Granger fece schifo, e oggi ha creato nostalgia Star Wars stesso con nuovi Star Wars che ai vecchi fan di Star Wars fanno schifo: la nostalgia è la morte del senso, dell’estetica e dell’intelligenza. Difatti credo che alla lunga non paghi: si fanno film per nostalgia che incassano ma poi non reggono davvero. Non mi sembra di vedere già adesso orde di fanciullini che idolatrano Emma Watson invece che la Belle del cartone, perché la nostalgia è come un fiammifero: brucia tanto ma subito…
      E dire “vabbè, intanto a fare i live actions nostalgici guadagnano, quindi hanno ragione”, ok, sono d’accordissimo… ma chi di nostalgia ferisce, di nostalgia perisce: di soldi ne fece tanti Donald O’Connor con Francis il mulo parlante, e produsse diversa nostalgia proprio nei bambini, ma non è che lo trovi nei libri di estetica come invece magari ci trovi la Biancaneve animata di Disney, e oggi una “coda lunga” di incassi con Francis col cacchio che ce l’hai, mentre ce l’hai eccome con Biancaneve e ce l’hai a mille con i classici animati del Renaissance che, vedi Belle, già adesso stanno perdurando, in “cultura”, sui loro remakes…

      1. Ahah, sì!!! “Memorie di una geisha”, mi ricordo! Libro americano, film girato a San Francisco, attrici cinesi! Be’, dai, un po’ si lagnano anche se gli asiatici sono interpretati da bianchi, tipo l’Antico nell’MCU, però capisco cosa intendi. 😉

  2. Biopic su gente bianca recitati da neri a me sembra un contentino e pure offensivo. Perché Anna Bolena nera se era bianca? Ci rende tutti meno razzisti? E qual è il messaggio di Bridgerton? Che anche i neri avrebbero avuto il diritto di essere nobili? Ma quella è storia e cambiarla per essere inclusivi mi sembra un po’ triste. E poi sì, è vero che i personaggi di fantasia non hanno etnie, ma guardo caso in Peter Pan sono tutti indiani, africani e cinesi tranne l’unico stronzo (capitan uncino) che è bianco. Anche lì non comprendo il messaggio, forse noi bianchi ci dobbiamo sentire stronzi solo per essere bianchi? A me sinceramente sta annoiando questa inclusione forzata, ma questa è solo l’opinione di un poveraccio, tra l’altro io la Sirenetta e Peter Pan non li vedrò mai a prescindere dagli attori 🙂

    1. Ben venga Anna Bolena verde e Achille rosso: quando le Storie (maiuscole) si fanno storie (minuscoli) i personaggi sono funzioni e non più persone e se nella storia (minuscola) è bene che ci sia un personaggio rosso allora ben venga il personaggio rosso. E se anche non fosse importante un personaggio rosso nella storia è assai nutriente, secondo me, vedere personaggi di colori diversi là dove non si sono mai visti (cioè a Hollywood)…
      E i bianchi che si lamentano di essere rappresentati come stronzi ricordano i cattolici che si atteggiano a perseguitati solo perché dopo millenni di prevaricazione vengono oggi un po’ fischiati: cioè, hanno prevaricato da sempre e ora che vengono un pochino messi da parte per far vedere altre parti del mondo, allora si lamentano: insopportabile…
      O come i fasci che il 25 aprile ricordano le due o tre vendette private partigiane che, secondo loro, insozzano tutta la Resistenza: cioè i fasci hanno picchiato e ammazzato 20 anni e appena qualcuno gliele ha rese allora si atteggiano a vittime: insopportabile…
      In Peter Pan, Wendy continua a essere una lattea bianca angelicata e buonissima: non è abbastanza?

      1. Vedere personaggi di colori diversi a Hollywood, ma anche nel resto del mondo, è una meraviglia, vedere una bambina nera commuoversi mentre guarda la sirenetta è stato meraviglioso. Nella mia via convivono famiglie di almeno 10 diverse nazionalità e vedere mia figlia giocare con bambini neri e arabi per lei di nessun colore mi emoziona. Vivere con diverse culture è una fortuna, vivere la diversità come normalità significa avere capito il mondo. I cattolici e i fascisti di cui parli fanno più schifo a me di quanto possano fare schifo a te. La citazione al bianco stronzo di Peter Pan è figlia di mesi in cui ho avuto questa conversazione troppe volte su questo tema che mi sta sfondando le palle (non sapevo neppure che Wendy fosse interpretata da una bianca e non la vedrò mai perché non m’interessa). Detto questo, se dovessero fare un biopic su Jim Morrison interpretato da Denzel Washington perché il personaggio è una funzione, io m’incazzo come ti incazzeresti tu e tutta la comunità nera a livello mondiale se John Goodman interpretasse Loius Armostrong nel suo biopic. La diversità non l’insegni storpiando la storia, dare a rossi ruoli di personaggi storici gialli per compensare anni di soprusi nei confronti dei rossi mascherandoli di scelte artistiche non serve a nulla, e Anna Bolena nera è patetica come la vittoria dell’Ucraina a eurovisione dell’anno scorso.

      2. Io ho invece grande curiosità di vedere Denzel Washington nel ruolo di Morrison!
        Val Kilmer manco me lo ricordo più!
        E il Peter Pan odierno di Disney plus, di cui ho visto solo una sequenza centrale, lo sto evitando con tutto me stesso!

      3. Non ne troverei di migliori, anche se un bel Satchmo al femminile fatto da Whoopi Goldberg lo vedrei altrettanto bene!

  3. io alla fine forse lo vado a vedere domani con un’amica (se pacca la visione salta e studio per gli esami, che è meglio)

    più che altro vorrei scrivere un articolo sul blog
    il mio articolo-reaction sul perke l’ariel nera mi sembrava sbagliata ormai lo trovo antiquato (non mi dà più sensazione la mancanza dell’iconigrafia e la disney è famosa per stupr+re le fonti letterarie) ma è indicizzato e mi trovo nuove visite settimanali. Non vorrei mi facesse cattiva pubblicità e immagine, almeno vorrei vedere il film e scriverne nuovamente, così da avere un’opinione con cui argomentare

    che poi, l’ariel nera tra i lovers e gli haters del film, per entrambi lei è il male minore della pellicola per cui quel post mi fa fare veramente una brutta figura ora (e no, non ho intenzione di privatizzarlo o cancellarlo)

  4. Credo che sia una sfida persa in partenza quella di fare un remake di qualsiasi classico Disney che sia migliore dell’originale, ammesso che ai vertici interessi ciò e non solamente vendere abbonamenti, tazze e pupazzi. Ma diciamo che, di qualsiasi film, tecnica d’animazione o genere si tratti, la frase di lancio (sottintesa forse ma comunque strombazzata per vie traverse) “questa volta il/la protagonista ha la pelle di un altro colore!” non mi sembra un motivo sufficiente per vedere (e tantomeno per realizzare) un film. Sembra più una strategia di marketing Benetton che un manifesto artistico…

    1. Ma forse è bene unire utile e dilettevole: se proprio devi farli per vendere (e, come dicevo, rinunci alla coda lunga poiché vendi solo per un annetto: il marketing della Belle di Emma Watson è già finito dopo pochi anni mentre la Belle animata resiste dal 1991) allora non trovo malvagio “usare le vendite effimere” per, per lo meno, far vedere qualcos’altro oltre che i soliti bianchi…

  5. Sono uscito da Cruella con l’intenzione di non sprecare mai più tempo e denaro su questi film, e ho tutta l’intenzione di mantenere questo proposito; con La Sirenetta, poi, ho un legame affettivo tutto particolare, per cui non ho davvero alcun interesse a vederne una copia carbone in live-action. La mia Ariel, la mia Ursula, il mio Sebastian, sono quelli del 1989 che mi parlavano quando ero bambino, mi sta bene che nuove generazioni possano averne di diversi ma a me, semplicemente, non interessano.

    Ammetto che ci sia poi anche una buona dose di fastidio, come ogni volta in cui si dice che questi live-action approfondiscono i film originali, che, quindi, in sottinteso sono superficiali e infantili (definire superficiale e infantile Il Re Leone del ’94 è semplicemente una bestemmia). La Sirenetta animata è un bellissimo film, ancora oggi molto solido e molto attuale, e Ariel è un bellissimo personaggio che, come tanti personaggi femminili Disney ante-2000, è stata sottovalutato tantissimo, al punto che viene da chiedersi se tanti detrattori il film lo abbiano visto – o lo abbiano capito.

    L’unica cosa che mi ha fatto piacere leggere, su questo remake, è che, contrariamente a quanto successo in molti degli altri, non è stata data una tragic backstory a Ursula che giustificasse il suo ruolo: cattiva era e cattiva rimane, come dovrebbe essere! E qui parte la nostalgia per i grandi villain del passato – per quanto, udite udite, mi sembra di aver capito che anche il prossimo Disney, Wish, abbia finalmente un villain! Mamma mia, la speranza di avere un personaggio carismatico come è stata, senza andare troppo lontano, Gothel nel 2010 è enorme!

    1. Ah, a me Cruella è piaciuto!
      Le backstories per i cattivi non sono il massimo ma io sono anche un po’ stufo che i cattivi siano i personaggi più figli, cosa che alimenta il secolare cattivismo-maledettismo che è precipitato nell’idea che più sei un prepotente prevaricatore e più sei simpatico… per me i cattivi migliori sono quelli di Lynch: nessuno vuole granché prendere un caffè con Killer Bob!

      1. Di Cruella ho adorato i costumi e tutta l’estetica punk che adotta, ma l’ho trovato piuttosto insulso; però c’è Emma Stone, che amo tantissimo, per cui andarlo a vedere era d’obbligo.

        Secondo me queste cose non sono necessariamente una conseguenza dell’altra. Non è la presenza o meno di una backstory a rendere, secondo me, un personaggio più o meno carismatico, perché questo dipende da come è scritto e interpretato.
        A me dà fastidio che la backstory sia usata come giustificazione di comportamenti malvagi: è vero, ha torturato per anni una persona, ma poverino quando era piccolo gli è morto il gatto. Secondo me questo sì che, traslato nella vita reale, può diventare un problema quando applicato a persone che manipolano, mentono, feriscono e uccidono.

        Inoltre i personaggi che fanno del male senza una motivazione sono utili, io credo, perché insegnano la sgradevole verità che al mondo esiste gente che è semplicemente cattiva, che fa del male semplicemente perché può farlo, perché dà loro piacere farlo. E’ la forza di personaggi come Malefica (quella animata), che maledice una bambina semplicemente perché le dà fastidio il comportamento del padre e perché ha il potere di farlo.

        Il problema del fascino del male è decisamente molto più ampio e trascende i villain Disney. Si associa piuttosto, penso, al fascino verso ciò che è proibito e verso le persone che dei tabù hanno il coraggio di infischiarsene. Si può risalire al fascino conturbante di personaggi come Dracula, o ancora prima a Lucifero stesso, che nel 600 diventa un eroe tragico e da allora ha fatto arrapare generazioni e generazioni di teenagerini pieni di angst adolescenziale.
        Il problema, ancora una volta, sta nel cercare di traslare il fascino di una figura letteraria su persone reali dando forma a dinamiche davvero pericolose, non nel fatto che i personaggi letterari stessi appaiano affascinanti, carismatici e interessanti, anche e soprattutto se malvagi; questo, in una certa misura, credo sia inevitabile.

      2. Credo anche io che la backstory inasprisca il problema dei cattivi troppo fascinosi! Ma con più Killer Bob in giro le cose si sistemerebbero velocemente!

  6. Non amo i film in live motion… ho amato i cartoni della Disney, quando sono stati fatti, e detesto l’idea che debbano essere riscritti e rigirati. Riguardo all’etnia della Sirenetta, è una cazzata, cioè, per me ben venga la sirenetta nera, immaginarsi. La Disney però sta facendo tutto un pink-green-correct washing che alla fine risulta un po’ vomitevole…

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