Le otto montagne

Finalmente vedo anche io Le otto montagne, con, nelle orecchie, tanti giudizi degli amici: tutti mi hanno detto «bello, ma lento»… oppure «Lento, ma bello»

Una storia di amicizia virile che vorrebbe essere stra filosofica negli intenti (con il mondo capitalistico che ti ingurgita nella sua economia, anche se tu vorresti rimanere “animale” tra i monti), e che si presenta con un 4:3 sorprendentemente capace di mantenere il paesaggismo del soggetto…

a me non ha detto cose così “nuove”:
il rapporto tra i due che non si rivolve mai e che si realizza “stanco” negli anni, ma che rimane comunque inossidabile;
la storia familiare di progressiva alienazione dalla famiglia e poi di riavvicinamento quando si è grandi;
la lotta per trovare qualcosa da fare e vivere, nell’esistenza capitalistica;
il rifugiarsi in un posto solo e il complementare bisogno di non fermarsi mai nei viaggi…

tutte cose che per alcuni saranno gorghi di interesse metafisico, ma che a me sembrano cose banalissime, che si vedono tutti i giorni e di cui si ha esperienza nel racconto di qualsiasi persona, anche di quella appena conosciuta…

quel banale dovrebbe essere trasfigurato dal rigore del 4:3 e dalla sua capacità di risultare emotivo e vario nonostante la costrizione della sua strettezza… cioè: come la bellezza dell’immagine permane anche nelle ristrettezze del 4:3 (vedi anche Juste la fin du monde), così la poeticità dell’esistenza dovrebbe scaturire dalle ristrettezze della banalità delle vicende esposte nella trama…

mah…

certamente sì:
Le otto montagne non è un film brutto: i messaggi sono giusti, e anche vedere roba di tutti i giorni ben rappresentata con piacevoli immagini documentaristiche (condite con buonissime musiche ambient), non è tempo perso (anche se il tempo impiegato, come sempre, è troppo: possibile che si debbano fare film che durano per forza più di 130 minuti???)…

ma dire che non annoi, o che non ti faccia uscire dal cinema così arricchito, è ugualmente certo… anche perché gli snodi attanziali sono telefonatissimi e risaputi…
che ci sia la redenzione,
il riappacificamento con la figura paterna,
e la non possibilità di trovare una quadra nell’esistenza…
…sono cose che uno sa appena il film comincia…
e quando quelle cose si realizzano dopo quasi 3h così come le si erano “sapute” all’inizio può portare agli sbadigli più che alla presa di coscienza…

è anche ovvio che tali film piacciono non per la vieta trama ma per la loro componente pittorica, cartolinesca, e per i posti che fa vedere: belle montagne valdostane innevate che fanno sempre bene…
e piacciono anche a chi ha bisogno che la propria banalità venga rappresentata: quelli che godono, al cinema, nel vedere recitati i propri gesti, fatti tutti i giorni: come se il vederli al cinema li rendesse meno insignificanti (un tema su cui discuto molto in questo blog)…

e nel vedere la banalità proiettata in paesaggio, nel trasfigurare la quotidiana uggia del vivere capitalistico, nel proporre le storie d’amicizia perduta e ritrovata e di ricompattamento familiare da tutti vissute a 30 anni, è effettivamente un film efficace…

e se uno cerca quelle tematiche, quelle tematiche ce le trova ben messe…

chi quelle tematiche le schifa, beh, allora è bene che stia alla larga…

e forse tra questi ultimi ci sono io a dire che Le otto montagne è meglio di tante cacchiate…
ma un miracolo mi sentirei di dire che non è…

Un pensiero riguardo “Le otto montagne

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