The Lost Daughter

È di quelle narrazioni che vanno adesso… stile Sorrentino
Quelle che «suggerisco, suggerisco, suggerisco»… e suggerisco così tanto che poi, alla fine, a cosa volevo alludere suggerendo manco lo so più…

SI buttano là cosette del tipo

  • Colman è morta…
  • Colman non si ricorda le cose bene: scambia l’auto del mafioso greco per la sua e non si ricorda mai dove mette la bambola rubata…
  • Buckley si immagina di scopare con Sarsgaard prima di scoparci davvero: è immaginazione/sogno o cos’altro?
  • Colman ha fascinazione per Ed Harris… o forse no…
  • Colman ruba la bamboletta per surrogato di infanzia…
  • Colman sta minuti e minuti delle 2h eterne di ‘sto film a pulire e ripulire ‘sta bamboletta… è davvero surrogato di rapporto con le figlie?
  • Colman ha fascinazione per Dakota Johnson, ossia una mamma repressa: è transfert della madre che è stata?
  • le figlie di Colman/Buckley ci sono? Non ci sono mai state?
  • per farci capire qualcosa, Colman racconta tutto, per lunghi minuti di monologo supportato da zero immagini (là dove le immagini, quando si tratta di farci vedere Buckley che sogna di scopare con Sarsgaard, sono presentissime e quasi invadenti), a un poveraccio anche lui annoiato di ascoltarla… ma quello che Colman racconta è vero o, siccome Colman non si ricorda manco com’è la sua auto, è tutto immaginato?
  • Colman è stata ammazzata dalla mafia greca perché ha aperto la mente di una Dakota Johnson succube dei mafiosi…?

Tutto questo porta a 2h piene di sotterfugi, di immagini di sottotesto, che alludono a chissà quale tranello, a chissà quale rivelazione, a chissà quale logos, alla Albee: alludono a figlie immaginate, a gravidanze isteriche, a Doppelgänger bambolottosi, a roba alla Lynch di “scambio” tra i personaggi…

e per 2h stai lì a dirti che la povera Maggie Gyllenhaal, in quello che è forse il suo primo lavoro registico, farà qualcosa, concluderà qualcosa, paleserà con sostanza almeno una delle infinite cose che ha suggerito

invece no…

finisce che

  • Colman col cacchio che è morta…
  • della mafia greca non frega nulla a nessuno…
  • Dakota Johnson ha già la mente aperta senza l’aiuto di Colman…
  • Buckley, Sarsgaard se l’è scopato dopo che se lo è immaginato…
  • le figlie ci sono: e ci si parla pure al telefono…
  • Colman non ci fa un accidente con Ed Harris…
  • cosa Colman volesse fare con ‘sta bamboletta non si sa: tutti i più di 45 minuti dedicati alla bamboletta diventano stopposamente inutili: quando si arriva al dunque Colman confessa a Dakota Johnson: «sì sì la bamboletta l’ho presa io perché sono stata una madre snaturata»… quasi giustamente Johnson le risponde «ma te sei psicopatica» e le tira uno spuntone per capelli nell’addome!

cioè finisce che tutto il costruito di angustia e speculazione che si ha sul potrebbe della trama e delle immagini (il cui merito principale è del montatore Affonso Gonçalves), alla fine non è un cacchio…

alla fine è una gigantesca, pleonastica, noiosa ed egosintonica superfetazione di trasfigurazione del banale

mi spiego: tutto l’ambaradan narrativo immaginato, cincischiante su simbologie alla ‘ndocojocojo tipiche degli impressionabili (e la bambola uguale a quella di mi’ figliola, e le analogie tra me e gli altri che a me sembrano pressanti quando invece sono assai alla lontana), si rivela solo e soltanto una masturbazione mentale di una poraccia 50enne che si trova a fare impossibili bilanci della vita, incapace di tessere le fila tra responsabilità e fatalità, incapace di capire quanto della sua vita è stata colpa sua e quanto invece frutto di sfortunate circostanze…

un bilancio che coinvolge una speculazione impossibile sulla maternità, con i dubbi

  • «ma se i figli non li facevo? o non era meglio?»,
  • «ma se i figli non li facevo sarei stata felice lo stesso?»,
  • «e se non li facevo poi però mi mancavano, e allora come si risolve?»

Sono bilanci ai quali chi ha visto altri adattamenti dai romanzi di Elena Ferrante è familiare: anche I giorni dell’abbandono (di Faenza, 2005) è tutto una masturbazione mentale di una, poverina, abbandonata dal marito che svariona con deliri mentali sul perché, sulla colpa sua o non sua…

e come allora, anche in The Lost Daughter le risposte alle svarionate mentali di bilancio della vita non ci sono…

e come potrebbero esserci?

e perché eludere la mancanza di risposte con svalvolii deliranti che tentano di costruire qualcosa di mentale là dove non c’è nulla di fattuale (se non banalità di tutti i giorni: non è che essere mamma è una cosa così speciale nel mondo)?

perché l’horror vacui della vita produce speculazione delusionale di cose che avrebbero potuto esserci?

mah…

forse perché tutti si fa così: tutti si fa bilanci là dove i bilanci non ci possono essere, appunto per esorcizzare la nostra impotenza e impermanenza completa, e per dare senso a cose appunto quotidiane e triviali… [vedi anche Due vite…]

ed ecco il problema vero di The Lost Daughter:

dopo che si sono sgonfiate tutte le nuvole di nulla immaginate, che non sono servite a un cazzo se non a riempire 2h ore di nulla di niente, cosa rimane?

rimane una 50enne che riflette, sconcertata, se la maternità l’ha voluta, se invece le è caduta addosso, e poi constata che tanto, ormai, dopo 50 anni, cos’è è stato, è stato: le figlie ci sono e la vita ormai è questa…

e questa è genialità o ridicola banalità?

queste constatazioni

  • le hanno fatte solo Ferrante e Gyllenhaal perché sono geni?
  • vanno fatte perché così chi fa constatazioni simili ha un “supporto letterario-filmico” nelle parole di Ferrante e nelle immagini di Gyllenhaal?

oppure queste constatazioni le può fare chiunque e alla fin fine hanno lo stesso valore conoscitivo del dire «piove, se non porto l’ombrello mi bagno»?
Perché, sì, la maternità sarà anche un drammone complesso, ma il finire per dire «oh, ormai sono mamma e ciccia, nonostante le mie figlie le volessi affogare» è un qualcosa di geniale? è un qualcosa di riflessivo? o è solo sfogo privo di pensiero? sfogo privo di interesse?

  • fare un film su quanto sia ingiusto dover fare la cacca la mattina proprio quando devi andare a lavorare, finendolo poi con «eh oh: è un dramma defecare con la fretta, ma ormai questo è, i miei orari sono questi e ormai ci sono abituato e ho somatizzato il dolore» è qualcosa di intelligente e interessante?
  • non solo: finire il quel modo sulla cacca mattutina quando per tutto il film si è speculato sulla cacca suggerendo tumori al colon, avvelenamento da cibo, pressioni delle lobby della carta igienica, come lo rende il mio film? geniale o una stupidata?

Mi sa che avevo già citato L’enfer di Denis Tanovič (2005) come film non perfetto sulla maternità: non perfetto ma almeno diceva qualcosa, rispetto alla scoperta dell’acqua calda travestita da thrilling che propone la povera Gyllenhaal…

Confrontare anche il terrore di una pugnalata all’addome inconscio-psicologica effettiva, di quelle significanti, cioè quella in cui incappano Laura Dern e Julia Ormond (loro sì connesse per archetipi e non per coglionerie da menopausa) in INLAND EMPIRE (di Lynch, 2006), rispetto a questa sciocchezzella tra Johnson e Colman…

però, per carità, Colman e Buckley bravissime eh…
molto efficaci anche Dakota Johnson e Dagmara Domińczyk…

non voglio apparire come il misogino patriarcale di turno…
chi ha bisogno di elaborare la maternità in modi propri, forse, troverà motivi di conforto in questo filmetto noiosetto… anche perché, come si diceva appunto con Sorrentino, per tanti è tanto bello rivedersi nei film (contenti loro)…

ma magari c’è anche di meglio…

conclusione ovvia: è un film di MERDflix…
…per forza è una cacchiata…

e io scemo che li guardo

12 pensieri riguardo “The Lost Daughter

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  1. Ecco, dopo una recensione tua così spero di restarci alla larga. A occhio lo vedo come possibile suggerimento della mia dolce metà, però. Speriamo passi inosservato!

  2. come sempre sei troppo ermetico, devo vedere il film per capirti al 100%
    però ho capito che non ti è piaciuto
    forse allora è stata una fortuna che non sono riuscito a vederlo, rischiavo di essere fuori target

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