«Effetto Burundanga» di Alessandro Raschellà

L’autore è quello di Mia Nonna Fuma, che è un po’ che “spiega” il romanzo su Instagram

Avrei fatto bene a prestare più attenzione ai suoi post, capaci di palesare alcuni riferimenti e citazioni presenti nel libro… poiché io, in Effetto Burundanga, non c’ho proprio capito nulla!

Naturalmente è ignoranza mia…

Una cosa simile l’avevo letta solo in Anna di Ammaniti, e non mi aveva per niente fatto saltare dalla gioia…

Sì, avevo presente George Romero e 28 Days Later di Danny Boyle: il film di Boyle lo adoro, e mi piace molto anche Romero, ma non sono tra i fan più accaniti…

per cui un romanzo di zombie che, semplificando, è fatto da zombie da ammazzare a ripetizione, non è proprio il romanzo che fa per me…

ma fin qui, vabbé, ci sarebbe solo da constatare idiosincrasia personale per il genere…
ed è un genere che Raschellà fa suo ottimamente, anche nel sottotesto politico dello zombie, caro a Romero…
ed è proprio nel sottotesto politico che io non ho capito granché…

Effetto Burundanga mi è sembrato la stessa storia raccontata 5 volte, con un’assenza di vicenda, o di intreccio, che io ho trovato opprimente…

nei 5 episodi si sviscera la stessa situazione, in cui cambiano solo alcuni particolari “etnologici” per rendere il mutatis mutandis, senza che accada davvero qualcosa: si descrivono le “società”, le organizzazioni sociali dei 5 momenti come se fossero tutte diverse, ma in realtà dopo un po’ appaiono tutte simili (ecologismo qui, microeconomia là, fanatismo di questa o quella idiozia lì, nichilismo anestetizzante là)… io mi sono domandato il perché di questa “serialità” (concetto con cui ho serissimi problemi, si sa)…

è proprio l’innesco dell’ambientazione, appunto della “situazione”, che si ripete inceppandosi tutte le volte…

Le contingenze incipitarie di tutti e 5 i capitoli sono che c’è una comunità disfunzionale che porta all’emigrazione di un gruppo di mezzi parenti…
la cosa, in tutti e 5 i capitoli, continua col presentarci l’emigrazione che va comunque a ramengo, perché la gente del mondo è matta e alienata, o per droga o per rincitrullimento digitale, e poiché l’emigrazione si effettua in mezzo alla solita orda di zombie, sempre quelli (di Romero, 28 Days Later e tutta la baracca), che i protagonisti non fanno altro che ammazzare ogni 4 secondi, in scene che sono sempre le solite: ammazzano lo zombie in cucina, in salotto, nell’assedio decisivo, nella prima apparizione sconcertante di zombie: zombie che si ripresentano sempre in tutti e 5 i capitoli come se fossero “nuovi”, ricomparsi nuovamente: una palingenesi sinusoidale di zombie di cui i protagonisti si stupiscono ogni volta nonostante i racconti di nonni, zii, mamme, babbi, sorelle e fratelle e nonostante alla radio si parli di zombie!
sì perché e anche le “pause” del romanzo, che sarebbero appunto le trascrizioni degli interventi alla radio, descrivono ancora zombie che vengono ammazzati qui, là, di sotto, di sopra, sempre con gli stessi suoni, gesti, e sequenze: alla 13esima descrizione identica di uccisione di zombie (su centinaia di descrizioni identiche di uccisioni di zombie) io, devo essere sincero, non sapevo più come fare…

Naturalmente queste mie critiche sono idiote, perché è evidente che la ripetizione faccia parte dell’intento di Raschellà (e tante altre fiction si basano sulla ripetizione, da quelle più simili, cioè Alien, a quelle meno simili, cioè Guerre stellari)…

E l’intento è quello di seguire Romero, si diceva, nel sottotesto politico: si vede la voglia di criticare la società tout court in tutte le sue incarnazioni presenti e future: società che mortifica arte vera e individualismo e corre verso la distruzione in ogni tempo…

il drammone mio, lo accennavo, è che la connessione tra il sottotesto politico e la ripetizione delle situazioni apocalittiche (alcune anche livellate in maniera molto particolare: certe volte il mondo descritto sembra del tutto privo di agenzie quali che siano, in altre invece si avverte che qualcosa che funziona esiste) mi è del tutto sfuggita, e certi simboli (il sempre “delirato” museo d’arte moderna, le sculture oracolari che o si vedono o si immaginano, il sempre destabilizzante rapporto con le generazioni precedenti, con tutti i padri indecisi e inetti, o le madri scapestrate, o gli amici quasi zii qui e là, riproposti all’infinito) davvero non li ho colti, anche perché, con l’emigrazione al centro di tutti e 5 gli episodi, alla fine tutto sembra risolversi nella solita litania dell’Italia insalvabile e divisa tra nord e sud e tra provincia e città: una litania che, con l’emigrazione in mezzo, non sono riuscito a capire se pende dalla parte di Silvia Avallone (cioè di coloro che vogliono restare nella piccola patria della regione natia per forza e considerano un sopruso il dover essere costretti ad andare via anche solo per fare la spesa) o dalla parte di certo (ma non tutto) Virzì (che odia il pronvincialismo e lo getta via del tutto, buttando il bambino con l’acqua sporca, per finire a dire che i paeselli dovrebbero bruciare e si dovrebbe tutti andare a vivere in città) [e sia detto che io detesto sia Avallone sia Virzì]

Eppure è proprio la litania migratoria che sembra essere l’elemento centralizzante del romanzo… quella litania, come constatazione della vita apatica di posti non costruiti per il benessere (appunto senza arte, e senza modi di convivenza o servizi al cittadino), funziona (e l’ultima scena alla Ciàula scopre la luna di Pirandello è forse l’unica che mi sia davvero piaciuta), ma come quella litania si connetta con tutto il resto degli elementi descritti nelle 5 parti (le società descritte nel minimo dettaglio, i personaggi descritti nel minimo dettaglio [anche incorrendo nella voglia di dire tutto quello che c’è da dire sul personaggio in poche righe, anche quando quel passato di quel personaggio non servirà a niente né nella diegesi né in ulteriori simboli: finisce che quelle poche righe inzeppano il periodo assai inutilmente], le istanze simboliche di replicazione) davvero non ho saputo interpretare…
Se le 5 distruzioni del romanzo ci sono solo per enfatizzare la nenia del migrante dimidiato tra nostalgia e odio per la patria e che non sa scegliere tra il partire, il restare o il partire per insieme rimpiangere e maledire il paesello (o la patria) insalvabile, perché era necessario fare 5 distruzioni? Non ne bastava una?

Ribadisco che non voglio offendere e che sto solo esprimendo gusti… magari un pubblico più aperto all’horror zombesco, e più attento ai rimandi intratestuali (e sono questi che Raschellà spiega su Instagram), anche musicali (che io non ho per niente capito), adorerà Effetto Burundanga… anche un pubblico più attratto alle narrazioni da “world building” fantastico-fantascientifiche (e io odio il world-building), quelli che leggono 1090 pagine solo di descrizione di speculazione sul come “potrebbe essere” una società finta invece di avere una vicenda e una diegesi, sarà certamente più incline a leggere Effetto Burundanga con piacere…

In me rimane l’idea di aver letto un qualcosa che parte come Threads, che denuncia bene l’alienazione di addiction di smartphones o di droga, ma poi continua con la guida turistica dei posti strambi che non ci sono, governati da santoni uno più assurdo dell’altro, inzeppata di botte da orbi con gli zombie che durano pagine e pagine e pagine e pagine e pagine tutte uguali, e che finisce con l’irrisolvibile disagio dell’emigrazione: tutti elementi, magari bisognosi ognuno di generi e tempi narrativi diversi, frullati insieme in un miscuglio assai eterogeneo, e pleonasticamente ripetitivo…

Ma questa è solo l’impressione mia…

e sarò felice di essere smentito da altre impressioni!

e sarò felicissimo se Raschellà interverrà di persona, con un commento o con un contropost, magari insultandomi ché non riesco a capire un ciufolo del suo romanzo, così come succede in Annie Hall con Marshall McLuhan (se ne parlava anche con Chicco l’anno scorso)!

3 pensieri riguardo “«Effetto Burundanga» di Alessandro Raschellà

Aggiungi il tuo

  1. Insultare mai! Grazie per aver dedicato il tuo tempo a leggere e recensire il mio libro, mi ha fatto piacere leggere la tua opinione sincera… io non mi ero reso conto di aver riempito il libro di zombi, difatti volevo che fossero solo una parte (non quella dominante) del romanzo, e capisco che non possano piacere a tutti. La tua analisi è stata ben giustificata, mi consola che tra le tue recensioni negative di libri sono in buona compagnia (vedi Durastanti) :)

  2. Così su due piedi mi verrebbe da dire: “5 ripetizioni” … è la giusta cifra per permettermi di capire, dato che io sono un po’ una da sette fette … scherzi a parte risulta molto interessante, in particolare per le citazioni musicali.

Scrivi una risposta a Keep Calm & Drink Coffee Cancella risposta

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Blog su WordPress.com.

Su ↑