Alcuni racconti famosi di Harlan Ellison

In uno scambio di battute brevissimo nel graphic novel della DC Comics, The Dark Knight Returns di Frank Miller, Klaus Janson e Lynn Varley, del 1986, e ambientato proprio in un distopico ’86, con Ronald Reagan regolarmente presidente degli USA, mentre un missile atomico lanciato dai russi sta per scoppiare su popolose città, con Superman, in segreto e in ambasce, a tentare di deviare il missile nel deserto, l’inviato del telegiornale, meticoloso e ansioso nel raccontare queste tremende notizie in diretta nazionale, viene interrotto dalla conduttrice in studio, in maniera ironica e tragica insieme, per dare la parola agli opinionisti davanti a lei: tra loro c’è Harlan Ellison…
…Miller non ci scrive integralmente il fittizio intervento di Ellison, ma tiene a scriverne l’ultima caustica battuta: «…be eating our babies for breakfast.»

Non so quali rapporti siano davvero intercorsi tra Frank Miller e Harlan Ellison:
Miller disegnerà la copertina di un libro di Ellison, Mefisto in Onyx, nel 1993…
ed Ellison aveva già lavorato per DC: aveva scritto un paio di puntate riguardanti Two-Face per il Batman di Adam West nei 1960s, e proprio nell”86 aveva scritto il n. 567 (The Night of Thanks, but No Thanks) di Batman… scriverà altri episodi nei 2000s…
nel 1971 era già stato oggetto di una sorta di parodia DC nel n. 89 di Justice League of America (The Most Dangerous Dreams Of All), in un personaggio chiamato Harlequin Ellis, in lotta contro Black Canary…

la situazione iperbolica, alla Jonathan Swift, fa pensare a uno scherzo: il telegiornale che preferisce dare la voce a un opinionista mentre sta per scoppiare una bomba atomica letale a livello mondiale è ironicissimo e tremendamente attuale, così come la indecifrabile conclusione dell’opinionista, che non possiamo interpretare a pieno, se come un monito, se riferita al nemico, o come tremenda aporia antifrastica appunto swiftiana…

…perché Ellison, in effetti, in vita, tali provocazioni le ha fatte, anche in diretta tv, per decenni (è nato nel 1934 e morto nel 2018)…

i suoi racconti possono essere davvero tanto provocatori

Io ne ho letti alcuni nel grande volumone Urania Mondadori, curato da Franco Forte nel 2021… [tali volumoni Mondadori recenti, vere bestie ingestibili di più di 1000 pagine, in copertina spesso rigida e spesso più grandi di 24 cm, benché molto meritori, ogni tanto, e pur nella ottima qualità generale dei saggi introduttivi, rischiano di somigliare ai raccogliticci Mammut Newton Compton per via della disparata e spesso poco controllata origine delle traduzioni presentate]
e da quello, soprattutto dalla vasta bibliografia lì presentata da Andrea Vaccaro, deduco gran parte delle indicazioni editoriali…

perché Ellison non è arrivato in Italia tardi, ma ha circolato in imprese editoriali dedite solo alla fantascienza, con ben poco aggiornamento sia delle ristampe sia delle traduzioni…

tre grandi antologie curate proprio da Ellison sono arrivate in Italia così:

  • Paingod and Other Delusions, del 1965, è stato tradotto da Giancarlo Cella per la Ponzoni di Milano nel 1966 (nella gloriosa collana I romanzi del cosmo, nel 1968 anche in I capolavori di fantascienza): il titolo italiano era Dolorama e altre delusioni
  • From the Land of Fear, del 1967, è stato tradotto da Guido Zurlino per la Tribuna di Piacenza nel 1978 (nella collana Galassia): Se il cielo brucia
  • Shatterday, del 1980, è stato tradotto da Umberto Rossi per la Fanucci di Roma nel 1999: Idrogeno e idiozia

Inoltre, l’Editrice Nord di Milano, almeno dal 1978, ha pubblicato gli scritti dei vincitori del Premio Hugo in una collana intitolata proprio I premi Hugo, poi ereditata dalla Urania Mondadori almeno dal ’94… la collana recepiva scritti anche già pubblicati in Italia, in diverse vesti e in diversi modi… nella primigenia impressione di Editrice Nord, i racconti lì pubblicati di Ellison furono tradotti da Roberta Rambelli, che era intervenuta su Ellison già almeno dai 1960s quando i suoi racconti uscivano in diretta qui e là…

Io ho letto solo i racconti che ho visto più linkati e celebrati nella pagina Wikipedia inglese dedicata a Ellison…

Soldier from Tomorrow (1957)
è uscito in rivista, Fantastic Universe
dal racconto, Ellison ha tratto il primo episodio della seconda stagione della serie The Outer Limits, nel 1964, intitolato solamente Soldier
il racconto è presente in From the Land of Fear: lì, Guido Zurlino, nel ’78, lo intitola solo Soldato, forse pensando all’episodio televisivo…
nel 1989 è stato incluso nella grande pubblicazione Le grandi storie di fantascienza, che traduceva i volumoni curati da Isaac Asimov, Isaac Asimov Presents the Great SF Stories, tra 1979 e 1992: in Italia, l’impresa è passata da Armenia (’87-’91) a Urania Mondadori (’92-’95), con ristampe successive di Rizzoli e Bompiani… nella primigenia stampa Armenia ’89 (poi ristampata da Bompiani nel 2000), Soldier from Tomorrow era tradotto da Giampaolo Cossato e Sandro Sandrelli…

Durante una guerra atroce, sanguinarissima, di trincea, una sorta di WW1 futuristica, con le armi potentissime e con i soldati trattati solo e soltanto da carne da macello, per un cortocircuito temporale, un soldato semplice si trova nel ’57, alle prese con treni della metropolitana, poliziotti che lo toccano (laddove, nel suo mondo di millenni nel futuro, il contatto fisico tra umani è scomparso per via delle armi batteriologiche), e una lingua che non conosce…
deciso a non dire un cavolo di niente, perché sicuro che il mondo che vede sia una trappola delle forze a lui nemiche, viene stordito e studiato da un funzionario del Pentagono e da un linguista, che riescono a capire che è un viaggiatore nel tempo, che parla un inglese semplificato, e che non riesce a fare niente se non combattere secondo le sue proprie strategie, del tutto inapplicabili alla guerra del ’57…
dai racconti che, piano piano, i presenti riescono a capire, si evince che il soldato, nonostante non sappia fare altro, odia la guerra…
impossibilitati a usarlo come arma, perché incapace di obbedire a ordini che non comprende e a usare armi per lui sconosciute, il Pentagono lo usa come attore in spettacoli di fantascienza sanguinari dove si mette in scena proprio la guerra del futuro raccontata dal soldato stesso, nella speranza di ammonire il pubblico del ’57 della piena Guerra fredda a non indulgere in troppo bellicismo…
il funzionario del Pentagono non riesce però a essere sicuro che quell’ammonimento andrà a buon fine, perché, se si sono verificate le condizioni per cui il soldato è esistito, queste, forse, rimarranno tali senza possibilità di alcun intervento passato atte a cambiarle…

Zurlino, nel ’78, lo tradusse bene, e mantenne l’inglese, e l’inglese futuristico, esplicati in nota…

nel 1983, la storia venne ripresa in un volumetto di Hulk: Ellison fece causa e ottenne i proventi di tutte le altre ristampe…
nel 1984, Ellison fece causa a Orion Pictures, sicuro che il Terminator di James Cameron fosse una riimmaginazione, se non del racconto del ’57, sicuramente dell’episodio televisivo del ’64…
Cameron smentì, ma Orion acconsentì a inserire un acknowledgement al lavoro di Ellison nei titoli finali delle versioni home video…

Letto oggi, Soldier from Tomorrow rimane carino, con la riflessione sul tempo, però, risicata rispetto al discorso anti-bellicista, oggi un po’ scontato… nel ’57 e nel ’64, invece, la storia aveva senz’altro una forza comunicativa superiore…

“Repent Harlequin!”, Said the Ticktockman (1965)
è uscito in rivista, Galaxy
in Paingod and Other Delusions, in Italia nel ’66, Cella l’aveva intitolato “Pentiti Arlecchino!” disse il Tictacchiere;
nello stesso ’66, il racconto era uscito anche nella collana Science Fiction Book Club della Tribuna di Piacenza (n. 7 della serie 3; n. 36 della numerazione totale), tradotto da Roberta Rambelli semplicemente come Pentiti Arlecchino
la traduzione di Rambelli passa per i volumi I premi Hugo di Editrice Nord dal ’78, dove il titolo diventa “Pentiti Arlecchino!” disse l’uomo del tic-tac, che sfocia immutato nelle Urania Mondadori dal ’94…

In un futuro in cui il tempo potrà essere sottratto dalle vite di ognuno, come i soldi in un conto in banca (lo spunto di In Time di Andrew Niccol del 2011: Ellison cercò di far pagare i diritti a Niccol, o di apparire come ideatore della storia nei titoli, ma dopo aver visto il film ritirò tutto), una totalitaria società di puntuali, precisi nel lavorare in ore iper-stabilite, viene sconvolta da un ritardatario cronico e orgoglioso…
la pena per i ritardi è la sottrazione del ritardo dalla vita del ritardatario, ma le forze dell’ordine, guidate dal Ticktockman (il cui nome ufficiale è Master Timekeeper), non riescono ad acciuffare il ritardatario, soprannominato Harlequin, perché nessuno conosce la sua vera identità…
Harlequin diventa un eroe ispiratore di un pubblico soggiogato e costretto nelle maglie della società totalitaria alla puntualità, che si diverte e tifa per lui! Un pubblico spettatore delle fughe del suo eroe dal Ticktockman, che Harlequin organizza quasi come eventi di massa, dichiarando la propria presenza in luoghi specifici, determinando la reazione della polizia che, però, essendo tutta quanta puntuale, se lo fa sempre sfuggire perché lui arriva in orari imprevedibili!…

Narrato in tre blocchi che un onnisciente narratore, molto parlante col lettore, mescola, facendo precedere la metà all’inizio pur mantenendo la fine in fondo, e alludendo a una sempiterna guerra che ha generato il totalitarismo degli orari, Repent Harlequin! è spigliato, divertente e nutrientissimo nell’ispirare disobbedienza civile…
alla fine, Harlequin è denunciato, con nome e cognome effettivi, da una sua singificant other, Alice, stanca dei suoi ritardi anche nella vita privata!
Ticktockman, come O’Brien con Smith in 1984, o come il Commendatore con Don Giovanni, intima a Harlequin di pentirsi, con un pentimento pubblico capace si sedare le sedizioni e le animosità che ha suscitato nella popolazione… ma Harlequin non si pente… Ticktockman, davvero come O’Brien con Smith, gli fa il lavaggio del cervello e lo tramuta in un cittadino esemplare contento della puntualità di tutti…
nel processo, è Ticktockman a fare qualche minuto di ritardo, e un suo funzionario glielo fa notare… ma Ticktockman è al di sopra della legge, e non si sottrae per niente il ritardo dalla sua stessa vita e, anzi, è infastidito col funzionario che lo ha notato!

Letto oggi, oltre all’essere divertente, la funzione di lotta contro dei tremendi costrittori della vita è carina, ma anche un po’ rivista… nel 1965 dei Free speech di Berkley sicuramente ha avuto una forza che oggi non apprezziamo…
anche se l’applicarlo al nostro mondo neo-liberista, col boss che ha la facoltà di fare tutto ciò che lui stesso vieta agli altri, suscita comunque una pesantissima indignazione!

I Have No Mouth, and I Must Scream (1967)
uscito in rivista, If
è stato tradotto diverse volte:
da Maria Teresa Guasti, come Il computer sotto il mondo, n. 44 totale della Science Fiction Book Club della Tribuna di Piacenza nel 1972;
da Roberta Rambelli, come Non ho bocca, e devo urlare, nei Premi Hugo di Editrice Nord nel 1978: traduzione che passa in Urania Mondadori nel 1994;
da Mario N. Leone, come Devo urlare e non ho bocca, nel volume Arte e cibernetica della Grande Enciclopedia della Fantascienza dell’Editoriale del Drago di Milano, nel 1981: poi ristampato in un’antologia di racconti brevi nel n. 12 dei Pocket Series, della stessa Editoriale del Drago, nel 1990…

Risentita dall’essere stata creata e impiegata nella guerra atomica, per sola distruzione e morte, una intelligenza artificiale si vendica su 5 umani, 4 uomini e una donna, prolungando loro la vita apposta per torturarli inducendoli, con controlli mentali indotti dalla guerra (succede anche in Soldier from Tomorrow: i soldati sono in contatto telepatico con i comandanti, che trasmettono loro gli ordini), a passare un sacco di pericoli, in posti inospitali, alla ricerca di cibo, o di riparo dalle intemperie cosmico-ambientali che la stessa intelligenza artificiale provoca…
questa situazione si protrae da centinaia di anni, con i 5 umani oramai rassegnati a una vita di stenti, impossibilitati a morire, anche suicidandosi, perché l’intelligenza artificiale li resuscita…
Uno di loro, però, capisce, in maniere non del tutto spiegate nel racconto, che se si dànno la morte l’un l’altro, allora l’intelligenza artificiale non può intervenire… costui, approfittando di un pericolo nell’ennesima quest di cibo, uccide gli altri 4…
furiosa, l’intelligenza artificiale rovescia solo di lui la sua vendetta, privandolo dell’aspetto umano ma lasciandogli la coscienza del dolore…

Prima di William Gibson, questo racconto presenta una senziente e vendicativa intelligenza artificiale; rendiconta molti dettagli splatter della vita pericolante dei protagonisti, e, nei ricordi dell’ultimo sopravvissuto, che ci riassume per sommi capi il mondo rappresentato, indulge in una rappresentazione atroce della donna del futuro soldatesco, vista solo come infoiato veicolo di piacere sessuale…

Shattered like a Glass Goblin (1968)
è uscito in una vasta pubblicazione fantascientifica di Putnam, Orbit, nel volume 4…
Ellison lo include in The Beast that Shouted Love at the Heart of the World, nel 1969…
Arriva in Italia solo nel 1980, nell’antologia Incubo, quarto numero della Biblioteca di Fantasy & Horror di Mondadori, nella traduzione di Gianni Montanari e Piero Anselmi: Frammenti di un folletto di vetro
non mi risulta sia stato più ristampato prima del volumone di Forte del 2021…

Ha avuto meno circolazione perché non è fantascienza, è una discesa saturnina e disperata nel vortice della droga…
un appena congedato militare perbenino va in cerca della sua promessa sposa, abbandonata prima del matrimonio proprio a causa del servizio militare… scocciata dall’arruolamento del futuro sposo, la promessa sposina si è unita a una comune lisergica e fattona in mezzo al nulla, in una villetta in mezzo ad altre villette periferiche, e nei soli 8 mesi che il militarino è stato via si è data ai party drogati e alla vita dissoluta e disordinata che il vicinato ha cercato, con le denunce, di appianare…
l’ex militare, con la disciplina, e nella speranza di portarsi a casa la futura sposina, invece imbambolata dalle sostanze e per nulla capace né vogliosa di seguirlo, mette fine ai party, calmierando le riottosità del vicinato, e regolarizza diverse bollette delle utenze… ma, alla lunga, neanche il militare e la sua millantata speranza possono nulla contro il gorgo centrifugo della disperazione addicted della comune: piano piano anche il militare vede i fantasmi e i mostri dell’LSD: pipistrelli famelici con teste di gatto, lupi mannari atroci che mangiano i cervelli, cariatidi dalle scioccanti fauci verdi… anche la sposina fa parte di questi mostri ed è lei che spacca in mille pezzi la coscienza del soldatino, che, in mille frantumi, si disperde nel niente della dipendenza…

Ancora un soldato, distrutto dalla Guerra fredda, che stavolta, invece di attraversare scenari bellici, si trova ad anelare l’Amore come una droga e per questo viene quasi preso in giro da dei drogati effettivi, in una pessimistica rappresentazione dell’affetto che si tramuta in dannazione… un po’ dalle parti dei Dead Ringers di Cronenberg (’88) e un po’ nell’allucinazione quasi ridicolmente deformata dell’episodio di Joe Dante della Twilight Zone (’83), con naturalmente Naked Lunch di Burroughs (’59) come pietra di paragone…
Nell’epoca sessantottina degli hippies, questo luciferino, delirante e pessimistico racconto, funzionò forse come il risveglio distruttivo dal sogno dell’utopia dell’amore universale pacifista…

The Beast That Shouted Love at the Heart of the World (1968)
uscito in rivista, Galaxy, come The Beast that Shouted Love
poi nel volume The Beast That Shouted Love at the Heart of the World del ’69…
Arriva in Italia come La bestia che gridava amore nel cuore del mondo, tradotto da Maurizio Nati e Sandro Pergameno per l’editore Ennio Ciscato di Milano, nel 1976…
Roberta Rambelli lo presenta La bestia che gridava amore al cuore del mondo nei Premi Hugo di Editrice Nord del ’78, e di Mondadori del ’94… sicuramente questi traduttori ci capiranno di inglese più di me, ma leggendo il testo a me sarebbe venuto da tradurre La bestia che gridò Amore nel cuore del mondo

Di quelle che ho letto io, è l’opera più radicale…
senza una sinossi spiegata è durissima capire di cosa si stia parlando…
in USA, in un presunto presente, un tale, in diverse occasioni, uccide quasi 350 persone in vari modi prima di venire arrestato: ha avvelenato l’acqua, ha fatto esplodere bombe sugli aeroplani, e ha sferragliato mitra in uno stadio…
presumibilmente millenni dopo, una squadra forse di cosmonauti trova una gigantesca statua e ne descrive sommariamente i caratteri somatici umanoidi… il narratore onnisciente ci informa che la statua ha la stessa espressione, serafica ma indecifrabile, dell’assassino di massa USA che, al momento della sentenza alla camera a gas, urla, al giudice e a tutti, che lui è una persona che AMA tutti quanti, ama tutti al mondo…
con un salto vertiginoso, il narratore onnisciente ci descrive un mondo scientifico, quantistico di spazio-tempo, Crosswhen (Rambelli lo traduce, forse malamente, Crocevia dei Quando) e quello che gli abitanti di quel posto sembra facciano: sembrano catturare varie entità maligne in giro per l’universo, in questo caso un drago a sei teste molto pazzo, e ne drenano la malvagità…
uno di loro, Semph, sembra opporsi a una di queste operazioni, mettendo a rischio l’equilibrio di Crosswhen, spiegando, malamente, che la malvagità drenata a Crosswhen forse viene riversata in un luogo quasi sacrificale che, per il bene di Crosswhen, si puppa il male come gli schiavi si puppano la loro vita di merda…
il suo interlocutore, Linah, sembra ritenere la cosa un male necessario pur di mantenere Crosswhen intatto e privo di malizia… il gesto di Semph è stato un attentato deliberato e sconsiderato al benessere di Crosswhen, che andrà processato…
De abrupto, la narrazione onnisciente ci spiega che Leone I riesce a convincere Attila l’Unno a non saccheggiare Roma, e, sibillina, ci dice che, forse, un Attila che si ammansisce in modo sorprendente è dovuto a una carica malvagia drenata non riversata, che poi, magari, è stata ripristinata perché altri, dopo Attila, hanno saccheggiato Roma senza problemi… ma la connessione tra Leone I, Attila e il gesto di Semph è accennatissima se non quasi impalpabile nell’andamento rapsodico del testo…
dopo questo passaggio storico, il racconto passa di nuovo a Crosswhen, con Semph che, per il suo gesto, viene condannato a morte… le sue ultime volontà sono di essere ricordato con una statua… Linah è convinto che Semph sia un pazzo, ma capisce, forse, la sua filosofia impossibile di pace senza il sacrificio di nessuno, anche se la ritiene completamente inapplicabile: Semph, invece, sembra compiacersi di aver fatto l’eroe per salvare universi che manco conosce…
il narratore onnisciente ci spiega il paradosso di avere un luogo incontaminato, un paradiso, a cui deve contrapporsi un inferno, così che almeno un luogo nel cosmo sia privo di follia
De abrupto, a Stoccarda, nelle rovine di una industria di tessuti che ci viene detta bombardata, un tedesco, che ci viene detto quasi morto dalla fame, trova un piccolo scrigno: il tedesco lo apre e da esso fuoriescono tuoni, fulmini e cicloni…
e il giorno dopo scoppia la Quarta guerra mondiale…

Forse traducendo chissà quale versione comunque non dichiarata, Rambelli non cita lo scoppio della Quarta guerra mondiale e nel capoverso finale ripete il discorso sul paradiso e l’inferno detto in coda alla storia di Semph…

nonostante non ci si capisca davvero un tubo, è uno di quelli che si legge con più rapidità…
la sua grana filosofica, forse taoista, del male necessario perché complementare al bene, si avvita al senso atroce di rovesciamento del disagio e della morte su un indeterminato qualcun altro per mantenere noi stessi puri, che sottintende a qualsiasi distopia (vedi anche Handmaid’s Tale), con l’accenno al nazismo dell’episodio del tedesco… [solo sinossi esegetiche fanno connettere lo scrigno trovato dal tedesco con il male drenato a Crosswhen e riversato sulla Terra]
e la qualità beffarda dell’operazione, con il folle assassino sterminatore che ha l’espressione forse felice con cui viene scolpito Semph, dà a tutto un suono molto strano e scomodo: colui che apparentemente si sacrifica affinché cessi lo scaricabarile del male sugli altri, Semph, è imparentato con il folle omicida dell’inizio…
una zampata forse cinica, o forse connaturata alla natura di follia che ha l’esistenza, con solo il paradiso, vero o presunto, forzato di scaricabarile o conservato scientemente per un equilibrio superiore, che o ne è esente o, come nel tao, è parte in causa sì per un equilibrio ma esso stesso follia, sia che lo si preservi sia che lo si voglia abbattere…
enigmatico

l’ultima parte di Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno (’95-’96) si intitola The Beast That Shouted I at the Heart of the World

A Boy and His Dog (1969)
uscito in rivista, New Worlds
ancora nel ’69, leggermente ampliato, è incluso nel volume The Beast That Shouted Love at the Heart of the World
Nel 1975 ci traggono un film, di L.Q. Jones, che Ellison disprezza…
tenta di farne uno lui, ampliando l’universo in altri due racconti (Eggsucker, ’77, prequel dei fatti; e Run, Spot, Run, ’80, sequel dei fatti) e, quando sente che le cose non quagliano, progettando anche una serie tv per la NBC (nel ’77) per cui scrive la sceneggiatura…
nel 1987, Ellison combina le tre storie in un fumetto in bianco e nero…
nel 1989, espande il fumetto in un graphic novel a colori…
nel 2003, Ellison cura un’antologia con le tre storie e il graphic novel, nella cui introduzione dice di voler trasformare il tutto in un romanzone dal titolo Blood’s a Rover
nel 2018, con Ellison appena morto, esce un volumone con tutte le varianti della storia e, per la prima volta, la sceneggiatura della progettata serie del ’77…

Tutta questa fortuna avuta in patria non ha toccato minimamente l’Italia:
nel 1987, il solo A Boy and His Dog, col titolo Un ragazzo e il suo cane, con traduzione di Maria Cristina Pietri, esce nel volume antologico Storie del Pianeta azzurro della Editrice Nord…
gli altri episodi non mi risultano essere stati tradotti…

Pietri, poveraccia, traduce il termine single con singolo: l’inglesismo single è registrato dal vocabolario di Tullio De Mauro dal 1986: un solo anno forse era troppo poco perché la Editrice Nord potesse accettarlo in suo libro…

In un mondo devastato dalla guerra, che ha creato bande armate in giro per le città, si capisce che i single maschi stanno in superficie, mentre alcune famiglie religiose, benpensanti, forse benestanti, e dalla mentalità antica, hanno conservato una civiltà pre-guerra sottoterra…
in superficie, le donne quasi non ci sono, e le poche che vengono adocchiate dai single vengono stuprate a soli fini di sfogo sessuale (vedi anche come il sopravvissuto descrive le donne in I Have no Mouth, and I Must Scream)…
sottoterra, piano piano, il gene Y sta scomparendo e nascono solo donne…
L’io-narrante Vic, detto Albert, col parlante cane Blood, addestratissimo per scopi militari e abbandonato dall’esercito dopo il fallout nucleare, vanno in giro per le città, dove è rimasta una certa civiltà metropolitana rissosa, in cerca di donne da violentare… si sa che alcune, da sottoterra, gironzolano in superficie, all’insaputa dei genitori, a caccia di emozioni o solo per vedere film veri invece delle idiozie asessuate della Hollywood classica da Codice Hays che proiettano sottoterra…
Vic e Blood trovano una di queste ragazze, Quilla June Holmes, che, dopo un iniziale spavento, si concede molto volentieri a Vic, più volte, molto contenta… e Vic stesso sente di dover avere verso di lei dei riguardi educati che non ha mai sentito di dover elargire a nessun’altra…
ma mentre Quilla parla apertamente d’Amore, Vic, nonostante la simpatia che prova per la ragazza, sembra non conoscere il sentimento amoroso…
Dopo varie lotte con bande rivali, che lasciano Blood malconcio, Quilla stordisce Vic e gli lascia un pass per sottoterra, sicura che egli la seguirà per possesso maschile
Vic, infatti, ci casca, la segue e finisce sottoterra, lasciando Blood male in arnese ad attenderlo…
Sottoterra, Vic capisce che la gente del posto lo vorrebbe come stallone per cercare di procreare maschi…
A Vic, però, interessa solo Quilla: la trova e le propone di fuggire insieme…
Quilla accetta, anche se chiede a Vic promesse d’Amore che egli forse pronuncia a parole, ma che non è per niente convinto di sentire
In superficie, Vic comprende da Blood che le bande rivali non li lasceranno mai vivere insieme, perché la superficie non è posto per le donne… e Blood ha infinito bisogno di nutrirsi, altrimenti morirà…
E nonostante l’abbia prelevata da casa, anche se consenziente, e nonostante le promesse d’Amore pronunciate a mente vuota, Vic sa di non poter riportare a casa Quilla, perché è sicuro che gli abitanti sottoterra lo imprigioneranno per sempre…
Alla fine Vic non descrive, ma lascia intendere, che ha ucciso Quilla e se n’è cibato insieme a Blood…
…perché, alla fine, un sentimento d’Amore Vic lo prova: l’Amore che un ragazzo ha per il suo cane!

Di quelli che ho letto è uno di quelli più lunghi, odiosamente beffardi e pungenti…
se Shattered like a Glass Goblin declinava l’incapacità di amare in una dannazione drogata, A Boy and His Dog la propone come sintomo maschilista autarchico e completamente misogino (anche il cane, da subito, odia la ragazza per istinto), aggravato dalla convinzione dell’io-narrante…

nel prequel Eggsucker si racconta come Blood e Vic si sono conosciuti…
nel sequel, la visione di Quilla tormenta gli incubi e i sensi di colpa di Vic e, telepaticamente, di Blood…
quando Vic, nelle eterne lotte tra bande armate, rimane vittima del veleno di un mutante, Blood non riesce a salvarlo e, appena morto, è Vic e non più Quilla ad apparire come un fantasma nelle visioni di Blood…

6 pensieri riguardo “Alcuni racconti famosi di Harlan Ellison

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  1. Leggo fumetti di supereroi da 30 anni esatti. Talvolta mi capita di concentrarmi anche su altre forme d’arte (libri, film, musica eccetera), ma oggi come nel 1995 non c’è nulla che io preferisca fare nel tempo libero rispetto al leggere fumetti.Già solo per questo, la parte iniziale del tuo post per me sarebbe stata goduria pura. Tu però hai voluto esagerare, nominando non solo i miei supereroi preferiti in assoluto (Batman e Superman), ma anche uno dei fumetti più belli in cui siano mai apparsi, ovvero Il ritorno del cavaliere oscuro. Tu ti sei soffermato su un dettaglio di quel fumetto che poi è diventato copiatissimo, ovvero gli opinionisti che commentano le azioni dei supereroi all’interno di alcune vignette a forma di schermo televisivo. Forse lo scrittore che ha saputo riprendere questo stile narrativo nella maniera più efficace è stato Todd McFarlane: non so se hai mai letto il suo Spawn, ma anche nei primi numeri di quel fumetto c’era una continua alternanza tra le azioni del protagonista e il commento che ne facevano gli opinionisti televisivi.Tornando a Batman, è successo molto di rado che lui abbia avuto al suo fianco un Robin femmina, perché sia Carrie Kelley che Stephanie Brown hanno indossato quel mantello solo per brevissimi periodi: non capisco perché, dato che entrambe sono state co – protagoniste di alcune storie indimenticabili. Carrie Kelley è apparsa come Robin in un classico come Il ritorno del cavaliere oscuro, Stephanie Brown è apparsa come Robin in un altro capolavoro, Detective Comics # 796. Se vuoi leggere anche tu quest’ultimo fumetto, a questo link trovi l’elenco delle edizioni italiane: https://www.comicsbox.it/albo/DC_796. Come vedi è stato ristampato per ben 4 volte, quindi non sono l’unico a reputarlo di una bellezza incommensurabile.

    1. A dicembre, quando elencherò i libri letti nell’anno, ci saranno diverse storie di Batman: quest’anno ho deciso di approfondirlo un po’…

      1. Devo ancora leggere tanto… non ho mai letto Year One, per esempio… sono una vergogna… tutto quello che leggerò adesso non riuscirà mai a coprire le mie lacune!

      2. Su questo sono l’ultimo che può criticarti, perché anch’io fino a pochi mesi fa avevo moltissime lacune in merito alla bibliografia di Superman. Negli ultimi mesi ho fatto un recuperone, e mi sono imbattuto in un vero e proprio filone d’oro: infatti tra gli anni 80 e 90 sono state pubblicate tante splendide storie di questo personaggio, e io mi sono dato dello stupido per averle sempre ignorate fino a poco fa. Anche adesso Superman gode di ottima salute, perché la DC l’ha messo in mano ad uno scrittore di sconfinato talento come Joshua Williamson.
        A proposito di scrittori talentuosi, ti consiglio caldamente questo splendido libro: https://wwayne.wordpress.com/2025/08/26/nel-posto-giusto-al-momento-giusto/

  2. obvi non conosco i racconti citati, sia mai che conosco qualcosa che analizzi 😂

    ma restando in tema di racconti, sto leggendo Poe (credo sia la raccolta completa dei racconti). alcuni mi piacciono ma la traduzione è terrificante

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