«Rigoletto» al Macerata Opera Festival 2025

In questo blog, di Rigoletto ce n’è da benedire e da santificare…

Al debutto, nel 2015, non mi ero per niente accorto della presa innovativa dell’allestimento di Federico Grazzini, anzi, lo considerai quasi classico dopo le svolte filologiche degli anni ’80: poi ho visto che a questo show si sono abbeverati in tanti, in pratica tutti quelli che ho visto successivamente (dal Michieletto al Circo Massimo, 2020, al Livermore al Maggio, lo scorso febbraio)…

Saltai la ripresa del 2019, e oggi rieccomi a vederlo, incuriosito dal cast e ansioso di dare una seconda possibilità maceratese a Ruth Iniesta e Jordi Bernàcer, correttini ma sbiaditini nella Lucia di Lammermoor del 2023

La paurosa bocca del Joker e il luna park fatiscente, popolato dai gangster del duca e da furgoncini e roulotte dietro i cui sportelli chiusi si consumano le più atroci nefandezze, rendono lo spettacolo di Grazzini, dopo 10 anni di plagi, ancora ottimo nel catturare l’essenza malsana di Rigoletto

Se in Lucia fu corretto a forse un po’ tecnico e moscio, in Rigoletto Bernàcer ritrova le corde di quello che forse vuole dirigere: non tutti sono adatti a tutto…

si vedeva che Bernàcer non vedeva l’ora di dirigere Rigoletto e lo ha affrontato con tutti i sentimenti possibili…

completamente ignorando, se non per la battuta «tua sorella, e del vino», l’edizione critica di Martin Chusid dell”83 (veicolata per il pubblico di massa a partire dal disco inciso da Sinopoli a Santa Cecilia nel 1984, che comunque non la dichiarava, e lettera morta già nel 1988, quando l’orgoglioso disco ufficiale di Riccardo Muti con la Scala fece abbastanza flop [tanto che oggi è difficile sentirlo anche nelle principali piattaforme streaming]: la si è sentita, sporadica, qua e là, in spettacoli diretti da Chung, Muti, Gatti e forse Luisotti e Gardiner: un nulla rispetto alle miliardate di rappresentazioni di Rigoletto che la ignorano), Bernàcer recupera tutti gli acuti di tradizione, e accetta tutte le puntature cadenzali comode per i cantati (anche se non permette alcun gorgheggio ad libitum alla Bonynge) e abbandona anche la rapidità esecutiva che, pur con gli acuti, aveva impresso Francesco Lanzillotta al debutto dello show nel 2015, e propende per un Rigoletto quasi anni ’60-’70, alla Giulini (’79), alla Rudel (’78), alla Kubelík (’64), o addirittura alla Gavazzeni (’60)…

Un Rigoletto passionoso e dolente, per nulla action ma molto melodioso, quasi sinfonico, anche se molto adatto alle voci…

Non per questo è risultato un Rigoletto smorto di cristalleria musicale non drammatica: la diegesi era garantita benissimo, non dal punto di vista action ma da quello della disperazione e della sciagura: «Cortigiani, vil razza dannata» (con i rafforzi degli archi a contrappuntare le pause del cantante), le maledizioni e il temporale del terzo atto sono stati fantastici per la loro presa di petto della narrazione all’interno del dettato musicale, con un connubio tra vicenda e musica davvero degno dei fasti del passato…

Eccezionale la concertazione, pur con minimi acciacchi fisiologici (nel primo atto con l’orchestra sul palco e nel terzo in un pezzo concitato): gli attacchi orchestrai erano precisissimi, e Bernàcer ha trovato un modo di far risaltare strumenti e voci veramente mirabile per lo Sferisterio…

molto suggestivo il coro del temporale, posizionato in loggione…

Nikoloz Lagvilava (Rigoletto) ha optato per un Rigoletto più di rabbia che di tenerezza, e più da recitazione che da melodia, ma la sua precisione era sgargiante…

Ivan Magrì (il duca) ha indugiato in tanti acutoni felicioni, quasi alla Bonisolli, con la stessa tendenza al forzuto ai limiti dello sguaiato tanto caro al pubblico, ma glielo permettevano le caratteristiche del suo personaggio, effettivamente sgarbato e spaccone…

Ruth Iniesta (Gilda) ha fatto sembrare tutto semplicissimo, dal tratteggio di una Gilda infantilissima, capricciosa e appassionatissima, con movenze, insieme, da bambina viziata e da ormonica adolescente, fino alla lucentezza smagliante di un canto agilissimo, correttissimo e insieme ammirevole come il meccanismo perfetto di un artistico orologio costruito con perizia e amore!

Luca Park (Sparafucile) è stato corretto, anche se forse non memorabile…

Carlotta Vichi (Maddalena) ha dato al tutto sommato ingrato ruolo di Maddalena (canta un solo atto e deve spaccare per forza) certe particolarità di potenza e graffio simili, perfino, ai fasti nobili di Elena Obrazcova…

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