‘Sta cacchio de Biancaneve

Io ero di quelli a cui forse era piaciuto (500) Days of Summer
…e mi piaceva il video di Fidelity di Regina Spektor…

per cui ho sempre un po’ sofferto per la carriera di Marc Webb, subito fagocitato dall’Uomo Ragno…
…e ora dalla Disney…

una Disney che in un mondo che cambia velocemente, non ce la fa a finire un progetto che già è diventato vecchio…

una Disney in un mondo di social network in cui il numero di reazioni del pubblico influenza del tutto il marketing…

ok: nell’Ottocento c’era già tutto: proteste dei fan, arrivate per lettera agli editori, che fanno resuscitare personaggi appena morti in grandi saghe letterarie…
…e, a inizio Novecento, identiche lettere alle case di produzione di film seriali erano capaci di indirizzare le scelta di chi la giovane protagonista avrebbe dovuto sposare…

ma erano lettere che si basavano su roba già uscita, e spesso contavano proprio sulla serialità, sul capitolo successivo e sul seguito del film… non sul film stesso, che, una volta uscito, non poteva cambiare…

ancora intorno al 2009 (la data di 500 Days of Summer, guarda caso) fu evidente a tutti che le logiche di audience erano ancora dirimentissime nel designare il destino di diverse character storylines: in Grey’s Anatomy, all’improvviso, si inventano una love story omosessuale femminile per andare incontro alle richieste del pubblico…

e tutto questo prima dei social come li conosciamo oggi: prima di Instagram, per esempio (lanciato nel 2010), anche se dopo Twitter (2006) e WhatsApp (che iniziava proprio nel 2009), che ancora non raggiungevano il livello di massa

e Grey’s Anatmoy era ancora roba seriale, che contava sulla stagione successiva…

Anche Star Wars (2017) e gli eterni disastri della Warner/DC ci hanno fatto vedere quanto il sentiment espresso nei commenti dei social network massosi determinasse la trama, la produzione e l’effettiva distribuzione di roba non ancora ultimata…

Oggi, i commenti sono in grado di far riscrivere film già scritti e di non far uscire film già girati…
e nella più indeterminata delle maniere, ugualmente equidistante da qualsiasi idea politica, con film fasci bloccati da commenti progressisti e film progressisti bloccati da commenti fasci…

tutto questo in un processo di scrittura dei film che è sempre più logorante, bradipesco e angoscioso, perché appunto quella dei social non è più reazione a quanto già visto, che si può correggere solo con un nuovo film, ma è opinione logorante a priori sul prodotto, ancora in fieri, che si pretende venga rivisto, rifatto o corretto a seconda di commenti tra loro contraddittori fatti su preview di un qualcosa che si sta costruendo e che ancora non c’è: non sono commenti su quanto è giù uscito, sono proprio indicazioni di sceneggiatura fatti sui social in un progetto di cui il commentante non sa effettivamente niente…

e sono commenti che vengono ascoltati: è come se gli operai del cantiere si mettessero a obbedire ai consigli degli umarell!

…i commenti vengono ascoltati nella speranza di poter piacere a chiunque, onde ottenere più pubblico (quindi soldi) possibile da un’utenza che su quei social non solo commenta ma anche vive, trovando in essi tutto quanto un tempo era esterno: dalla letteratura, all’amicizia, allo stesso cinema… roba che prima era fuori dai social ma che adesso è dentro

già a partire da MERDflix (2013) è cominciato il processo che ha trasformato il film in contenuto breve, in video, che ha portato a guardare più volentieri una storia di Instagram o un videino di TikTok (2016) invece di un film:
MERDflix spezzettava il film in serie tv, in tanti episodietti da 50 minuti, che insieme durano giorni ma singolarmente non raggiungono l’ora di tempo per essere visti, cosa che, complice la pandemia, ha abituato una nuova generazione di spettatori a guardare roba di ore e ore e ore solo se spezzettata in quanti più piccoli: ventoridici ore ma che però si fruiscono una per una, spezzettate, in episodietti che fuggono via in pochi minuti, come le storie o i meme dei social: ci puoi stare anche 10h a vederli uno dopo l’altro proprio perché da soli durano pochi secondi…

…e in sala, per reagire a tutto ciò e continuare a fare qualche soldo, l’unico modo trovato dall’industria è stato il caro vecchio grande evento del blockbuster, che dura comunque 3h ma è pompato come esperienza sensoriale che sul telefonino non si può apprezzare…

…anche se il blockbuster di 4h tutto insieme, o la serie di MERDflix di 8h in due giorni, sono tutti frutto della stessa visione disinteressata dell’intrattenimento visivo… sono stesso amalgama di quanti visivi parcellizzati, che vengono digeriti perché fatti a pezzettoni, anche i film in sala!

con l’aggravante dei commenti che si diceva…

perché il livellamento sul fatto che il contenuto visivo è, che sia al cinema o che sia sul telefono, una questione di videino di TikTok commentabile, fa sì che il commento capace di far rilavorare roba già lavorata e ancora non distribuita è davvero dirimente, perché agisce a tappeto su un prodotto visivo già predisposto a essere fruito da gente che sa di poterlo commentare, e quindi plasmare lui stesso, in qualsiasi modo…

l’utente adesso sa di stare influenzando, con i suoi commenti privi della contezza necessaria, la lavorazione del film: commenti che, senza contezza, sono solo rigurgito di gusti personali, o di scriteriati desideri di visione, che non funzionerebbero neanche in una fanfiction, che però si pretende possano funzionare in una produzione milionaria da distribuire in tutto il mondo…

…davvero Hollywood fa costruire i grattacieli agli umarell!

in questo clima, che sia uscita quella cacchiatella della Sirenetta nuova, sfidando i milioni di coglioni che si erano lamentati che la protagonista fosse nera, è già stato un miracolo…

…e un miracolo che sia uscita ‘sta cacchio de Biancaneve, tramortita subito dai commenti negativi, appena s’è saputo che Biancaneve sarebbe stata latina
…ed era addirittura il 2021…

per 4 anni, ‘sta cacchio de Biancaneve è stata nell’agenda dell’odio:
e Biancaneve “nera”;
e i Sette nani non nani;
e Biancaneve brutta;
e l’insulto ai valori di una volta della Biancaneve del ’37, nata per essere lattea e fascia e non nera e comunista;
e l’insulto di rifare proprio Biancaneve, quella vetusta e sconcertante fiaba che si permette di far vedere un maschio che bacia una ragazzina dormiente senza consenso;
e Gal Gadot è per il massacro di Gaza;
e Rachel Zegler è antisemita…

e tutti discorsi “sociologici” vari che hanno di molto fatto perdere il focus sul fatto che una Biancaneve sarebbe stata in ogni caso una merda solo in quanto mefitico live action Disney, cioè quella forma di blockbuster più scatologica che esista insieme ai cinefumetti

il fatto che, per caso, stavolta il live action sia toccato a Biancaneve è già grave di per sé, e non è per niente aggravato dalle coglionate dette a priori sul processo di adattamento sulla base di notizie volanti, su veline del cacchio, su piattaforme in cui la gente commenta giusto per il gusto di commentare, anche se quel commento viene poi preso dai produttori come oro colato…

produttori che ormai si sa andare avanti solo proprio con questo miscuglio Eros & Thanatos riguardante questi commenti: si idolatrano come verbo e li si temono per la loro volubilità…

il risultato è che, come sempre, ci si illude di fare le cose con criterio analitico dei comportamenti degli utenti di Instagram, proprio mentre si ignora che quei comportamenti sono erratici: sicché finisce che si va a caso anche noi proprio mentre siamo convinti di seguire infallibili e rigide regole di marketing!…

a quali film tocca il remake live action e perché?

a quali tocca il remake live action *identico* e a quale quello *riscritto*?

dei titoli già annunciati Moana, Lilo & Stitch, e Tangled sono identici perché sono “nuovi”, mentre Bambi e Gli aristogatti saranno riscritti perché vecchi e logori?

e Robin Hood? e l’Hercules di Guy Ritchie?

bah…

fatto sta che ‘sta Biancaneve l’hanno per fortuna fatta uscire, sfidando i commenti che la volevano morta prima che uscisse…

commenti che avevano ragione a volerla morta ma non perché è nera, o perché palestinese o perché israeliana, ma solo perché è blockbuster live action che non serve a niente…

e ora piangono per il flop e perché alla gente fa schifo…

l’alternativa era non farlo uscire?

o, forse, la cosa migliore era di non farne di niente…

poi però ha vinto Trump e la storiellina demente plasmata per venire incontro a più commenti possibili è diventata una storia molto politica, davvero inaspettatamente…

e la cosa rende questa Snow White, se rapportata ai disastri dei live action (rendicontati nella Sirenetta nuova), non la più malvagia delle trasposizioni…

funziona:

  1. il fatto che nessuno si prenda davvero sul serio: tutti (tranne Rachel Zegler, che vedremo) lo sanno di stare facendo una menata, e Webb cavalca bene questo sentimento…
  2. Gal Gadot è quella che ci crede meno e si diverte di più: la sua regina cattiva fa degli sguardini così felicioni da essere perfino comici, e in un panorama di canzoni obride (di quei peracottari di Pasek & Paul), la sua è quella che stona meno!
  3. Webb si mantiene rigorosissimamente semplice: la sua macchina da presa è spesso fermissima e se si muove lo fa con facili carrelli, più spesso all’indietro, a scoprire il suo lussuoso set: zero scemenze immersive (che poi vengono male), zero voglia, per fortuna, di fare qualcosa di più dell’utilitaristico piano asciutto alla Jean Negulesco, con però alcuni ninnoletti carini, alla Mark Sandrich (il primissimo piano lì, e il cambio fuoco di là), che il loro lo fanno…
    la sua è la regia di una volta: non strafa, rimane lì, ed è consapevole di dover solo fare da servizio a una sciocchezzuola di intrattenimento…
    sicché è quasi una gioia da vedere!
  4. tutti hanno osannato il palcoscenico filmato di Wicked e ora schifano il lavoro fatto per Snow White
    è davvero incomprensibile…
    Mandy Walker fa un lavoro sopraffino, rendendo finto quello che Alice Brooks aveva artistizzato in Wicked: solo che Walker lavora con Webb che, appunto, aggiunge proprio quell’ironia che mancava a Chu: finisce che l’eterno tramonto di Walker, e i suoi rossi improvvisi, funzionano pure meglio della costruzione dell’immagine di Brooks!
  5. così anche per i costumi di Sandy Powell:
    tutti hanno adorato il lavoro di Tazewell e ora detestano questo di Powell…
    eppure Tazewell è improbabile, mentre Powell partecipa all’autopresa in giro di Webb e scimmiotta quasi parodizzandoli i costumi del ’37, in un contesto postmoderno che secondo me si mangia la pura fantasia art pour l’art di Tazewell…
  6. Rachel Zegler proprio ci crede (non so come sia andata alla sua doppiatrice Arianna Vignoli, che sono troppo vecchio per conoscere)…
    è l’unica che è convinta di stare a fare qualcosa di indispensabile, davvero sicura di stare femministizzando e comunistizzando una fiaba secondo lei un tempo fascia…
    canta, sviscera qualsiasi espressività, con un range di emozioni veramente sorprendente: sarebbe stata quasi da Oscar!
  7. dopo tutta la merda dei commenti negativi, dicevo, si sono trovati ad affrontare il Trump vittorioso e quindi ci si stupisce come 4 anni di dura lavorazione abbiano prodotto un testo che sembra scritto apposta per l’oggi:
    • che parla della cooperazione vincente sull’individualismo,
    • che parla della bellezza interiore in un mondo di apparenza esteriore,
    • che porta avanti la forza degli indifesi e della protesta di piazza contro un potere guerrafondaio,
    • che si rifiuta di uccidere il tiranno ma lo lascia al suo destino greve, privo del tanto desiderato consenso popolare,
    • che ha il coraggio di dire che l’economia di guerra è sempre alternativa e mai congruente con qualsiasi altra economia,
    • che punta tutto su nonviolenza e gentilezza, che manco Gandhi, e non ha paura di essere preso in giro per questo, ma anzi insiste orgoglioso sulla protesta silenziosa contro la barbarie della prevaricazione…

poi, ok:

  1. le canzoni, si diceva, fanno pietà,
  2. i nani dànno nuovi e inaspettati sensi alla parola vergognoso,
  3. i comprimari sono da ridicolo involontario,
  4. Andrew Burnap è miscast,
  5. gli animaletti finti sono atroci di diabete,
  6. il regno del bengodi presentato, tutto fatto di materie prime e di commercio interno, è un pace e gioia completamente schematico che, all’inizio, sembra assai allineato con i dettami trumpiani che poi per fortuna la trama stigmatizza…

però, sinceramente, così tanto peggio di altra roba (e Aladdin e Il re leone e La bella e la bestia e La sirenetta e Mary Poppins de noantri ecc. ecc.) non m’è sembrato…

e dura anche poco!
solo 1h 50′!

5 pensieri riguardo “‘Sta cacchio de Biancaneve

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  1. io ho visto i costumi della regina nella sua canzone, da un video su IG; sono orridi

    il film non l’ho visto ma non mi sembra una parodia e quindi costumi così brutti proprio non li capisco; quelli di Wicked erano molto più curati sia per il personaggio sia per le coreografie

    poi mi sono sempre espresso contrario a tutti i live action disney

      1. A me i costumi di Wicked convincevano, più delle scenografie.
        Per Biancaneve non mi esprimo, non l’ho visto. Quella scena però non mi convinceva

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