Opera No. 1, small film (with music) by Hal Hartley
Poco più di 8 minuti: pochissime inquadrature di una sorta di capannone o fabbrica o scuola dismessa o teatro diroccato, fatiscente e abbandonato, con le crepe ai muri, l’acqua per terra e i tarli sulle persiane e le ringhiere (la mente fatiscente alla Fellini: le scenografie sono di Steve Rosenzweig), in cui due fanciulle sui rollerblade (la mora è Parker Posey, la bionda è Adrienne Shelly), fatue come delle ninfe classiche (o shakespeariane) foriere d’amore, decidono, cantando in una vera e propria opera con tanto di intermission, applausi e rumori di teatro, di ascoltare il pianto di una ragazza ciclista sola (Patricia Dunnock), stanca di essere single, e fanno in modo che lei si innamori di uno studioso raffazzonato (James Urbaniak), tutto dedito ai libri, così fuori dal mondo da essere posizionato in alto, lontano dal mondano, come il Socrate delle Nuvole di Aristofane…

Parker Posey, all’inizio, quasi annoiata dalla sua distanza, gli ha anche rubato un libro, le Duino elegies di Rilke, che usa per l’incantesimo: regala il libro alla ciclista e le indica l’uomo in alto:
la ciclista si innamorerà del primo uomo che vedrà…
e lo studioso si innamorerà della prima donna che vedrà…
(l’incantesimo è costituito di simpaticissime spintine e bottarelle accompagnate da suonetti di scherzo tintinnante)

qualcosa però va storto, e lo studioso vede Adrienne Shelly per prima: lei lo avverte che basterà aspettare e la donna per lui arriverà, ma lo studioso, in preda all’incantesimo, fa una violenza (segnata anche dalla musica: il tritono che accompagna le parole «I want you now») ad Adrienne Shelley togliendole i rollerblade!

senza di loro, Adrienne Shelly è solo un essere umano, per di più uomo!
l’uomo che la ciclista vede per primo dopo l’incantesimo!

Adrienne Shelly cerca in tutti i modi di rassicurarla che l’uomo giusto per lei è in arrivo e avrà con sé i suoi rollerblade!, e infatti lo studioso arriva, ma, ancora in preda all’amore per la Adrienne Shelly oramai uomo (e davanti a lui senza che lui la riconosca) accusa la ciclista di avere il suo libro, le Duino elegies di Rilke…
La ciclista, animosa verso l’interruzione dello studioso, che anche lei odia perché s’è innamorato dell’uomo sotto le cui fattezze è Adrienne Shelly, intima lo studioso di rendere i rollerblade a quello che crede un uomo, ma la studioso insiste che i rollerblade appartengono invece alla donna che ama!
Ciclista e studioso si mettono a lottare, pregni di odio l’uno per l’altra, ma le fatine insieme, Parker Posey e Adrienne Shelly, evidentemente tornata in possesso dei rollerblade e di nuovo donna fatata, forzano magicamente i due a baciarsi (in un meravigliato dutch angle)…

e l’Amore trionfa:
le fatine pattinano felicissime nello scenario sdrucito della mente ancora decadente, ma ciclista e studioso guardano insieme in alto, cotti l’uno per l’altra, sicuri del proprio avvenire di felicità…
…anche se il mondo è ancora sfatto!
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Hartley non muove quasi mai la macchina presa (solo un take un pochino più lungo su Adrienne Shelly resa umana che si lamenta di come gli uomini intelligenti siano in realtà degli scemi perché si riintontiscono appena vedono il sorriso di una ragazza) ma nei suoi shots monopuntuali gioca con il fuoco, con le composizioni strambe (nel momento dell’incantesimo sulla ciclista, Parker Posey sembra inquadrata in una sorta di tv da cui però fuoriesce perché è una finestra! una finestra di colori scuri su un contesto più chiaro: roba alla Ejzenštejn ben compreso!) e con Michael Spiller (suo direttore della fotografia, poi affermato regista di telefilm) costruisce dei giochi di luce, delle texture visive, delle composizioni immaginifiche tra le più suggestive degli anni ’90, in questo Midsummer’s Night’s Dream tutto strambo, cantato con la consapevolezza del canto, quindi quasi come in un’opera post-moderna (Harley è anche compositore: gli attori fanno il playback sulla voce di veri cantanti lirici), e oggettivamente (in senso di ripresa) semplice ma eloquentissimo, quasi come un testo eschileo: non c’è niente ma c’è tutto!
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Una visione stupefacente, che immette il fantastico inconscio in un contesto di lampante realismo (le immagini di Spiller non usano trucchetti fotografici se non nella composizione incantata, e il sistema di shot che non si muovono dà sì l’idea di un onirismo bergsoniano di frame contigui ma ha anche la volumetria di una ripresa concreta, quasi catturata live), che si diverte a cercare (e in diegesi a creare) la bellezza anche nello sfacelo, il divertimento anche nella noia, e la stupidera anche nella routine!
Un qualcosa di davvero fresco, sereno e nutriente!
In soli 8 minuti!
[è su Vimeo a neanche 3 euro]
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