Pubblico il giovedì sera, prima delle cover…
venerdì farò leggeri edit per includerle…
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Quest’anno (le edizioni passate sono qui) è stata davvero tosta per me… per diversi motivi personali…
Dopo i festival di Amadeus, il ritorno alle canzoni sanremesi anni ’90 di solo sole, cuore, amore, e di soli nomi diciamo “consolidati”, mi ha prodotto un sacco di turbe estetiche…
prima di tutto per ragioni anagrafiche, ma anche per ragioni davvero di gusto:
mi sono trovato completamente fuori target per i giovinastri,
per nulla adatto ad abbandonarmi al gaudio per i classici (né Giorgia né Noemi fanno parte del mio Erlebnis),
e completamente insensibile alle fritture di sentimento (Cristicchi e Brunori)…
la cosa mi ha creato scompensi di socialità, che ha inasprito molto il mio tormentato e sempiterno sentimento di essere John Merrick…
sempre escluso da tutti i club, mai voluto da nessun gruppo sociale, sempre guardato con disgusto metaforico ed effettivo da chiunque, con questo Sanremo questi disagi si sono perfino inaspriti: la divergenza estetica, osservata da Kant, capace di dividere anche i più uniti percorsi, ha scisso moltissime mie connessioni recenti (e anche quelle consolidate da anni) per colpa di ‘sto cazzo di Sanremo…
se i festival di Amadeus, con la loro varietas arlecchinesca, garantivano un senso di festa baraccona al di là di qualsiasi trincea del gusto, Carlo Conti riporta le barricate dei fandom targhettizzati che negli ultimi 10 anni mi avevano, per fortuna, solo sfiorato…
sicché i litigi sulla bontà delle canzoni si sono susseguiti fin dalla prima serata, con amici, familiari, parenti, colleghi, conoscenti e passanti vari…
e la mia esclusione da tutto si palesava subito perché quest’anno, veramente, non me n’è davvero piaciuta manco una, sottolineando la distanza estetica da tutti quanti che, rientranti nei target, un loro idolo l’hanno pur trovato… io lì a non comprendere l’estetica di nessuno… di nuovo fuori da tutti i club…
e vabbé… la vita è davvero questa…
e allora perché celebrarla (come fa Gabbani) o volerla a tutti i costi, anche quando non c’è (come Cristicchi)…
boh…
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lei, già a metà della prima serata, ha coniato un suggello impeccabile, insuperabile, per definire in un sol motto le problematiche di questo festival: «è praticamente una serata cover di canzoni che non conosciamo»
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per il resto,
- Maurizio Pagnussat abbandona certi stacchi sincopati di Stefano Vicario, ma costruisce bene statue frontali a favore di camera (evidenti in Rose Villain, Clara e Serena Brancale); indugia un po’ tanto in indesiderati stacchetti fulminei al nero (un po’ troppi), ma compone strepitosi primi piani col volto ai lati dello schermo (alla Ridley Scott)…
gustose anche alcune riprese dal basso, a far giganteggiare sia Conti sia i cantanti (per esempio Ranieri), alla De Palma…
e non brutti certi split screen, anche se un po’ troppo anni ’80… - la scenografia del ritrovato Riccardo Bocchini mi è sembrata un po’ troppo squadrata…
- Conti, l’hanno detto tutti, è andato molto veloce, ha mantenuto una condotta da piacione fiorentino ai limiti del bullismo, e non è stato una spalla comica così pronta (un peccato: 35 anni fa era una spalla eccezionale per i comici toscani, sic transit)… e a un certo punto ho sospettato che avesse una percentuale delle vendite dei braccialetti in dotazione al pubblico…
- Scotti/Clerici, sono d’accordo con tutti i commentatori, sono stati del tutto ancillari e mangiati dalla furia conduttiva di Conti…
- Malgioglio e Frassica erano per ultra-ottantenni, ma hanno fatto proprio loro: è inutile arrabbiarsi: sfugge, certo, l’opportunità di chiamarli…
- Miriam Leone è stata fresca e spigliata, a tratti davvero irresistibile; Katia Follesa un po’ più pesante (e pietosi i riferimenti a Sposerò Simon Le Bon: si sa quanto io sia sensibile all’argomento, vedi Clizia Le Bon); Elettra Lamborghini non è non simpatica, ma boh: è anche invecchiata di merda: sembra abbia 60 anni…
- Iva Zanicchi era allo stato brado…
- Molto bravi Geppi Cucciari e Benigni a buttarla un po’ sulla satira!
e Geppi davvero magnifica a ironizzare su tutti gli aspetti del programma (anche sugli insistenti stacchi in nero!) - Mahmood, mah, fatto e messo lì…
- ridanciano l’ingresso di Bennato a cantare un’unica canzone…
- come mi succede per i tuffi alle Olimpiadi, cioè che ne vedo uno e lo reputo perfetto ma invece è una ciofeca e viceversa, con i giovani di Sanremo a me piacciono da subito quelli che vengono immediatamente eliminati alla prima, e coloro che odio invece vincono… quest’anno avevo ovviamente adorato Maria Tomba!
- Non mi tange la simpatia che tutti dimostrano per Cattelan, quindi vederlo in ogni dove mi lascia indifferente… un discorso grosso sull’utilità mediologica del Dopofestival (e delle sue incarnazioni con altri titoli: cos’eraro quelli di Fiorello degli anni passati? trovare differenze con un effettivo Dopofestival appassionerà gente che riesce a baloccarsi con le diverse sfumature tra lo Spleen e l’Ennui, e io non sono tra quella gente) esula assai dalle mie competenze (come tutto il resto dello scibile, del resto), perciò mi limito a dire che in qualsiasi manifestazione del Dopofestival ho riscontrato problemi di tono: dalla presa in giro benevola al discorso serio di critica testuale, alle fumisterie giornalistiche di critica musicale da praticoni, io perdo davvero il focus: sembra quei contenitori pomeridiani di Mara Venier in cui alla Shoah si accosta la quantità di besciamella nelle lasagne tutto nella medesima inquadratura…
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Per le canzoni, da me, ripeto, non sopportate per nulla, sono riuscito a individuare 7 categorie:
- LE COLONSCOPIE
- Brunori Sas (Stefano Amato)
Brunori non l’ho mai retto: è una squacquarella di De Gregori che si crede ‘sto cazzo: la canzone è mormorata e ritmicamente banalissima: è sul vocabolario alla parola paraculaggine: col testo che parla della figlia dé, come se le canzoni sulle figlie mancassero, e tutte sono meglio di questa… la trivialità più aberrante della roba più ritrita, riscaldata, rimangiata e ripresentata di succo gastrico… una cadenza è identica a quella di Dedicato a te delle Vibrazioni, sicché radical chic una minchia…
la sua cover (con l’orchestra diretta da Mirko Onofrio) è stata più un’imitazione dell’Anno che verrà di Dalla…
però bravissimo a ricordare il povero Paolo Benvegnù… - Francesco Gabbani (Fabio Gurian)
anche lui più paraculo non si può: sembra fatta per una giuria demoscopica degli anni ’80; sembra una ninna nanna e fa dormire…
m’ha fatto vomitare anche alla cover, con Io sono Francesco: ha candeggiato di melodismo insulso la canzone più interessante (e sanamente disturbante) degli anni 2000s: quasi un sacrilegio… - Shablo feat. Gue, Joshua e Tormento (Luca Faraone)
lei, giustamente, ha detto che sembra la canzone dello spot del Grand Soleil, che, almeno, era bella e non si prendeva sul serio: loro sono ambient music per un cesso… - Simone Cristicchi (Walter Sibilotti)
già Ti regalerò una rosa mi aveva tramortito i testicoli, e solo quella del “prete” mi è fievolmente piaciuta della sua carriera adorata da tutti e da me tanto detestata…
la canzone di quest’anno è assolutamente inqualificabile…
roba da galera il rivestire di nostalgia coccolosa e consolante una tragedia immensa come l’Alzheimer, per altro in una canzoncina che sembra perfino dire che le malattie sono cose belle, negando qualsiasi gravitas… o lo fa perché ci crede, e quindi è un cretino come una Madre Teresa di Calcutta allucinata secondo cui la sofferenza è un bene; o lo fa perché ci vuole credere e quindi è un demente che si autoinganna; o, pessimo, ci fa perché sa di fare breccia nella povera gente bisognosa di inganni…
una canzone che è circonvenzione di incapace, come Scientology…
fa cagare sangue molto dolorosamente…
fiacco anche nelle cover, alle prese con La cura di Battiato, che ha sporcato di religione canonica con la litania dei salmi in aramaico (per lo meno comunicati con forza da Amara) e un arrangiamento sviolinoso moscio… - Tony Effe (Enzo Campagnoli)
quando questi stornelli li fanno i napoletani neomelodici li canzioniamo giustamente… è ridicolo… - Willie Peyote (Daniel Bestonzo)
è un girotondo così simpatico che non si capisce se prende davvero in giro quello che dice, se lo critica, oppure se è complice… sicché fa la figura del qualunquismo più predicante, più infimo, più risciacquato…
…orrore…
anche nelle cover ha fracassato i coglioni, con un Tiromancino pesce fuor d’acqua (peccato per la superba Dito nella piaga, che avrebbe meritato ben altro contesto)
- Brunori Sas (Stefano Amato)
- LE PIÙ SÌ CHE NO
- Joan Thiele (Carmelo Patti)
Sembra un po’ troppo Levante… l’arrangiamento è fascinoso, ma non si salva dal fracassare i testicoli; è un altro “bang bang” come Villain dell’anno scorso e strizza tanto l’occhio alle colonne sonore di Tarantino…
sicché boh: è più sì che no perché, magari, mentre la senti non soffri davvero… e ha un aspetto sonoro da Ariete più sofisticata…
nelle cover, Carmelo Patti ha arrangiato molto bene Gino Paoli, e Thiele non è stata per niente male, anche se il risultato complessivo (con Frah Quintale, a me sconosciuto, e una superba arpista) non mi è arrivato davvero… - Sarah Toscano (Valeriano Chiaravalle)
è un’altra Angelina (o un po’ Anamena degli anni scorsi)… è anche troppo da talent… in ogni caso Chiaravalle scrive sempre bene per gli archi e l’inciso «però mi avevi illusa» mi è un po’ entrato in testa…
- Joan Thiele (Carmelo Patti)
- LE PIÙ NO CHE SÌ
- Achille Lauro (Davide Rossi)
inizia promettente con l’arpeggio alla Bach poi sembra i Pooh… anche Lauro è paraculo e fa apposta per farsi apprezzare con una ballatona anni ’90-’00 o perfino anni ’80 (richiami a Reality della Boum?)… è anche odiosamente uguale a Tango di Tananai mischiato con tanto Venditti… il bridge è più coinvolgente in studio…
nelle cover ha cantato con Elodie: bah…
le ha anche improvvisato Ancora: lì è stato simpatico… - Irama (Giulio Nenna)
anche questa è la solita canzone di Irama e lui ulula perfino… è un po’ un latte ai coglioni, però la ricanticchi… - Lucio Corsi (Davide Rossi)
scimmiottatura zoppicante di Renato Zero e malaugurata imitazione balorda (e neutralizzata a livello sociopolitico) del glam… si salva dal grado nefasto di Mr. Rain (e dalle pericolosissime risonanze argomentative alla Povia) perché sembra, in ogni caso, un po’ sincero (alcune nuances sono simili a Meravigliosa creatura di Gianna Nannini)…
alle cover, con Topo Gigio, è stato invece insuperabile… - The Kolors (Valeriano Chiaravalle)
bah boh… a me non m’arriva… però, sì, si ballicchia… sembra Rendez-vous tomorrow di Amanda Lear…
- Achille Lauro (Davide Rossi)
- LE PER ME INDISTINGUIBILI
- Bresh (Diego Calvetti)
la melodia non sa di un cazzo, ma l’onda sonora, alla Creuza de ma, acchiappa… il rischio è cadere nel Terzo cuore di Leo Gassman e dei Pinguini… e il refrain è parecchio fiacco…
L’aria di Creuza de ma si è palesata anche nelle cover, con un’interpretazione straordinarissima, afflitta da tutti gli acciacchi possibili (microfoni spenti, terminali sonori che cadono) risolti con un mestiere che manco Al Pacino (che non sono bastati agli esecutori che, giustamente, hanno preteso di ricantare: alla fine l’abbiamo sentita 3 volte), con un Cristiano De André maestoso e uno zoom all’indietro, di Pagnussat, sull’ultimo ritornello, veramente da infarto… bellissima! - Clara (Valeriano Chiaravalle)
mah boh: si ascolta ma ti passa… come Gaia è una bellissima ragazza che si esprime, ok, ma non capisco cosa davvero voglia comunicare… in studio sbimbominkia male…
alle cover ha dovuto cantare con Il Volo: una cosa che non si augura neanche ai mafiosi… anche in quel caso, però, Chiaravalle ha dimostrato che gli si può dire tutto tranne che non sappia armonizzare… - Elodie (Davide Rossi)
imita male Canzone per te di Sergio Endrigo e poi diventa la solita canzone di Davide Simonetta, molto simile a quella di Annalisa dell’anno scorso…
riascoltato più volte in studio, il ritornello non sbraca, ma dé… - Gaia (Riccardo Zangirolami)
d’estate forse andrà, ma copiatura del repertorio di Elodie e di Elettra Lamborghini…
come Clara, è una ragazza molto bella che si muove: però a me sfugge il perché della sua espressione (e in studio sparisce l’ottimo tappeto di archi che Zangirolami ha scritto per l’orchestra e che almeno dava un certo tono sonoro che non salvava un cacchio ma per lo meno denotava un lavoro di concetto)…
alla Cover, con Toquinho (canzone di Ornella Vanoni), è stata invece estremamente strepitosa, davvero sorpredente! - Olly (Giovanni Pallotti)
è una ballatona da talent ed è assolutamente uguale a quella di Alfa di pochi mesi fa… Olly c’ha anche una R moscia un po’ pesante e dal vivo la fa quasi tragica; in studio, però, il tono è leggermente più luminoso, e l’ingegneria sonora è più intrippante, anche se rimane brodaglia da talent adolescenziale…
nelle cover (del Pescatore, forse una delle canzoni più inquietanti del mondo), con Goran Bregović, è stato diligente… - Rkomi (Riccardo Zangirolami)
tutti hanno preso in giro le sue vocali… non è brutta ma è una sbimbominkiata… forse la somatizzerò col tempo… anche stavolta, a Zangirolami è toccata l’esclusione del suo non brutto lavoro orchestrale dalla peggiore versione in studio… - Rocco Hunt (Enzo Campagnoli)
il ritornello non è brutto, ma la parte rap è interminabile…
- Bresh (Diego Calvetti)
- QUELLE MI HANNO LASCIATO PERPLESSO E INDECISO
- Marcella Bella (Fabio Gurian)
è abbastanza varia e divertente, e davvero ottimo l’accompagnamento classico di Gurian (gli archi hanno una luccicanza smagliante, che in studio sparisce, rendendo la canzone molto meno efficace), ma ha un gusto leggermente amaro e non so perché…
alle cover mi ha commosso, sia perché ha trovato un equilibrio tra recitazione e perfezione canora davvero sopraffino, di grande classe, sia perché ha omaggiato il fratello Gianni, in sala, in un momento davvero da lacrime! - Rose Villain (Davide Rossi)
è uno stile che non inquadro: melodico ma prova a fare il ballato; recitato ma con gli acutoni; sembra un’Annalisa prima della svolta pop; l’arrangiamento, con coretti vari in una salsa tra il gospel e il blues, però è degno d’attenzione, soprattutto in studio…
- Marcella Bella (Fabio Gurian)
- QUELLE TROPPO ANNI ’90
- Francesca Michielin (Carmelo Patti)
banalissima, copia di mille riassunti sanremesi (con un occhio particolare alla poppettizzazione di Mia Martini e a una italianizzazione degli ABBA)… teniamo presente che a Michielin è perfino piaciuto il Nosferatu di Eggers… - Giorgia (Enzo Campagnoli)
va bene lo stile e va bene la tecnica, ma davvero si può stare 35 anni a cantare la stessa canzone?
Ha un che degli anni d’oro di Carucci ed è fin troppo somigliante alle tediose Due vite del nefasto Mengoni e al Xdono per primo Tiziano Ferro…
in studio forse è più compatta…
naturalmente, lei e Annalisa, nelle cover (Skyfall di Adele), hanno dato nuovi e inattesi sensi ai concetti di perfezione canora… - Massimo Ranieri (Lucio Fabbri)
vabbé, tutto sommato è orecchiabile, ma “giustamente” per attempati…
bello, però, il sassofono…
molto noiosa la sua cover con i Neri per Caso… - Modà (Andrea Benassai)
forse in studio è meglio, ma è bella emotiva… anche loro sono manierati ma sono loro (e sono molto più stanchini in studio)…
alle cover, con Renga, ci sono state diverse incertezze d’intesa… - Noemi (Michelangelo)
è una ricopiatura della stessa Noemi: uguale a tutte quelle che ha cantato in 20 anni: due palle… rimane il testo di un amore che finisce, ma anche questo è vecchio di 35 anni… nella cover ha dimostrato che, nel profondo, è la reincarnazione di Franco Califano…
- Francesca Michielin (Carmelo Patti)
- I TRE »COLPI« CHE, NEL BENE E NEL MALE, MI SONO RIMASTI LEGGERMENTE PIÙ DEGLI ALTRI
- Coma_Cose (Enrico Melozzi)
ricopiata dalla Rappresentante e dalla Rettore… ed è molto postmoderna…
Melozzi è andato sul classico, coi violini là dove di solito stanno, ma è stato capace, almeno, di creare una certa sinergia tra la melodica violinosa e la ritmica ostinata (che in studio scompare parecchietto, infiacchendo un po’ tutto)…
Melozzi è stato bravo a garantire anche un’ottima cover, con lo splendido inciso del sassofono presente a mille: e Johnson Righeira ha tirato fuori un’energia sorprendente! - Fedez (Valeriano Chiaravalle)
ma sai che non è brutta: depressione, farmaci: interessante; il dramma è che Fedez è sempre venale come la mmerda…
con Masini ha riammaginato Bella Stronza rendendola una nuova canzone personalissima di sublimazione dei traumi: capolavorissimo! - Serena Brancale (Nicole Brancale)
un mix di suoni stupendo: Africa (perfino Missa Luba), Spagna, Napoli, Bari… e tutti i suoni sono leitmotivici (da Lazzì alla ruota di R che si sentono a milionate in sottofondo)!
È neomelodicona e spiattellata, ma avviluppa…
molto più stanca la versione in studio, anche se dal missaggio più pronto…
per le cover il direttore d’orchestra è stato Fabio Barnaba…
- Coma_Cose (Enrico Melozzi)
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