«Sanatorium pod klepsydra» di Wojciech Has, 1973

Prima di Ende o Gilliam e dopo Fellini (ma prima del Casanova), Sanatorium è un incubo che precede Inception, Interstellar e Tenet (e ha solo un’ombra di somiglianza con L’inquilino del terzo piano [Witold Sobocinski, alla fotografia, poi ha molto lavorato con Polanski] e Shining) nel parlare della freccia del tempo (come in Rovelli si parla di un tempo navigabile anche se con conseguenze incontrollabili e quindi mortifere) e precede Guillermo del Toro per la capacità di rendere la scenografia un personaggio…

Un po’ come Pincher Martin di Golding (o come Giulietta degli Spiriti) il protagonista rivive tutta la sua vita in una bolla di tempo (che forse include molte altre vite, magari anche “storiche”, soprattutto absburgiche) fatta apposta per salvare suo padre dalla morte, poiché nella bolla del tempo potrebbe verificarsi anche la probabilità quantistica che il padre sopravviva!
Ma non siamo in un cinefumetto: l’esplorazione del tempo è solo, come si diceva, ricognizione della propria esistenza, in cui si ritrovano i propri errori, le proprie velleità tossiche, le proprie sofferenze e quelle che forse si è inferto agli altri, e magari questa esplorazione è solo il delirio di un inferno post-mortem, perché magari, invece di nostro padre, edipicamente i morti siamo noi e lo siamo sempre stati…

Allucinato ma divertente, quasi impossibile da seguire quanto molto più lucido di Nolan nel parlare di entropia, e magnificamente interessante nel suo essere ebraico (con diversi innuendo, quasi a bassorilievo, alla Shoah), di certo non si dimentica!

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