La sala professori, The Teacher’s Lounge parla di un’insegnante (di origini polacche) di una grande scuola tedesca (non si specifica dove, ma il film è girato ad Amburgo e con diversi soldi bavaresi) alle prese con non tanto piccoli furti nell’istituto…
siccome gli altri insegnanti, con metodi leciti ma indubbiamente quasi da Gestapo, sospettano degli studenti stranieri (cioè turchi, la popolazione straniera più ingente e ritenuta più molesta in Germania: e di origini turche è il regista İlker Çatak), l’insegnante cerca un sistema per ottenere una prova video dei furti lasciando accesa la telecamera del suo laptop in sala professori…
un qualcosa si vede: una camicetta con stampate delle stelline si avvicina ai portafogli ma non si vede che li prende, e, soprattutto, non si vede chi porta quella camicetta…
la dirigente scolastica, visto il video, conclude che quella camicetta appartiene inequivocabilmente a una segretaria, madre di uno studente della prof che ha fatto il video…
ma dalla convinzione della dirigente scolastica partono una serie di problemi: un piano inclinato di conseguenze che quel video porta con sé…
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Nella scuola domina il blu, dappertutto: dalle pareti, ai materassi della palestra, ai maglioni degli studenti, agli astucci (la fotografia è di Judith Kaufmann)…
la steadicam segue l’insegnante (interpretata molto bene da Leonie Benesch) in un viaggio nei drammi sempre più ingarbugliati della storia, fino a un attimo di delirio (quando vede la camicetta con le stelline addosso a tutti quanti), attraverso inquadrature ragionatissime e costruite alla perfezione, che usano la profondità di campo in maniera grandiosa (in un film che è largo solo 1,33:1), e fabbricano (grazie alla stupenda musica di Marvin Miller) una tensione davvero unica, fatta di obliqui sguardi di superfici vetrate, di finestre oscurate da veneziane (blu) che si aprono a scoprire cosa c’è dietro, di sguardi attoniti degli attori sul precipitare degli eventi…
alla fine i problemi sociali e le riflessioni sulla comunicazione e sulla concezione della giustizia prendono il posto del mystery, e le soluzioni, parziali e per forza di cose “discriminanti” qualcuno, là dove la certezza pura non può sussistere, rispecchiano il dramma degli insegnanti che sono sicuri di istruire gli allievi su cosa è giusto e cosa sbagliato quando invece, nel mondo complesso, tali categorie si sfumano e deteriorano, come le inquadrature, che si sfilacciano nei molti fuori-fuoco, nella lunga profondità di campo, e nella incertezza dello sguardo indiretto specchiato o vetrato…
una visione eccezionale, che forse, alla fin fine, pecca un pochino di inconcludenza, ma che punta il dito su diversi drammi del vivere di oggi, e su come un’istituzione così universale come la scuola, che, secondo tutti, deve essere il punto di partenza della giustizia e del convivere sociale, possa rattoppare in modo imparziale un mondo sempre più puntillistico di problematiche sacrosante ma molte volte in conflitto tra loro…
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L’ouverture di Ein Sommernachtstraum di Mendelssohn (fatta da Thomas Beecham e la Royal Philharmonic), con le sue perfette proporzioni classicite, conclude il film su un sogno di perfezione irrealizzabile…
carino
dura solo 98 minuti
fa riflettere con tante domande
forse gli si perdona il non dare effettivamente granché risposte…
o forse no…
decidete voi!
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