Il ragazzo e l’airone

Dopo il tutto sommato più realistico Si alza il vento, Miyazaki torna ai suoi soggetti prediletti, costruendo una fiaba con tutti i crismi, una fiaba (come tutte le fiabe) di liberazione mentale e di elaborazione di problemi psichici (le accuse odierne alle fiabe di sessismo fanno ridere: io, purtroppo, sulla fiaba “psichica” ho scritto troppo per sopportare le fregnacce cancel culture oggi di moda)…

Una fiaba molto aperta ai giochi di Doppelgänger, che fanno somigliare il film alle operazioni di David Lynch e a Big Fish di Tim Burton, o, perché no, al Rouge di Kieślowski… e io, con ‘ste storie, tiro sempre fuori le cose dette nel Don Chisciotte di Gilliam sulle Příhody Lišky Bystroušky di Janáček…

La somatizzazione della morte della madre, e gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, ispirano a Miyazaki una catarsi omeopatica simile a quella costruita da Spike Jonze in Where the Wild Things Are (2009): nell’ansia di non avere il controllo sulla morte e la guerra (e pure sugli amori del padre per la sorella della madre defunta), il protagonista fugge nei sogni dove vive avventure e lutti simili ai suoi, in cui le funzioni della madre e della zia gli capitano davanti un pochino oblique apposta per essere meglio comprese…

La madre è la madre, ma anche no: è una sua versione in un altro tempo che guida il protagonista alla sua perdita e all’amore per la zia…

A tutto questo Miyazaki aggiunge diversi corollari:

  • le vicende dei loop mefitici dei pellicani, costretti a una vita grama di uccisione di innocenti;
  • il regime fascista dei parrocchetti, così violenti e inneggianti a un re/duce (con tanto di cartelli con scritto «Duch», molto gustosi se si ricorda Porco Rosso) ma così sensibili a tutto (sono sempre pericolosi, con le mannaie e i coltelli nascosti dietro la schiena, ma si commuovono per la bellezza del giardino del prozìo);
  • la disperazione del prozìo, un dio che non può sistemare ogni cosa, lasciando nel caos fascio (i parrocchetti) e disperato (i pellicani) il suo mondo;
  • la consapevolezza che ognuno ha il suo modo e il suo tempo nelle diverse continuità spazio-tempo (alla Vonnegut)

tutto questo fa capire al protagonista la caducità del divenire e dell’entropia, e così accetta il destino della madre (sempre presente nella continuità/contemporaneità dello spazio/tempo), il nuovo amore del padre e il nuovo fratellino…

Ovviamente, Miyazaki allestisce una enciclopedia che dà per scontata, come fa sempre (vedi anche Il cliente e La torre)… e, come sempre, gli ci vogliono più di 65 minuti per introdurre all’atmosfera prima dell’ingresso nel mondo magico, 65 minuti interminabili: ma Miyazaki è sempre stato così…

esattamente come non gli compete il considerare davvero onirico il tutto in un senso occidentale
Se tutta l’avventura si fosse conclusa con il protagonista che vede la madre morire (lei che muore “invisibilmente”), e fosse stato capace, dopo l’avventura, di accettare quella morte, dimostrando come l’avventura fosse un sogno di rappresentazione dei Five stages of grief, tutto sarebbe stato più chiaro per un occidentale, ma avrebbe perso gran parte dell’appeal misterioso e avrebbe offerto un percorso fiabesco meno affascinante…

L’unico problema del film è il marchiano e gigantesco manierismo, che lo rende un bellissimo film di Miyazaki completamente identico a tutti quelli che ha fatto Miyazaki in passato…

non è un punto debole vero, ma una lieve ombra

le interpretazioni che vedono nel prozìo un Miyazaki in disperata ricerca di un successore per la guida dello Studio Ghibli e per la realizzazione di film d’animazione disegnati non sono affatto peregrine…

anche perché dimostrano un Miyazaki ben consapevole di farli tutti uguali e quindi alla disperata ricerca di freschezza

perché tutto è bello, ma dopo quasi 40 anni anche il percorso autorale più sopraffino mostra la corda, ed è un peccato accostare Miyazaki a Woody Allen, anche se il paragone è ancora improprio vista la capacità fiabesca ancora acclarata del Ragazzo e l’airone

L’ho visto in italiano in quello che, dopo tanti anni, è un doppiaggio di un film di Miyazaki privo della responsabilità primaria di Gualtiero Cannarsi…

La materia è seria e occorre fare un leggero punto
Miyazaki comincia a fare i lungometraggi da solo nel 1979 e lavora sul serio a partire da Nausicäa nel 1984…
I suoi film non vengono pressoché per niente distribuiti fuori dall’Asia, anche se circolano in USA in qualche maniera, almeno a partire dal 1985, in mercati Home Video…
Nausicäa, per miracolo, arriva in Italia nel 1987 grazie ai contatti che Miyazaki aveva avuto con la RAI e con Marco Pagot nel 1984 (Il fiuto di Sherlock Holmes era una coproduzione tra TMS Tokyo Movie Shinsha e RAI): la RAI la manda in onda tutta un po’ tagliuzzata con un doppiaggio di Eva Ricca…
ma poi basta…
Succede, però, che quando Miyazaki finisce Mononoke, nel 1997, fa un accordo di distribuzione americana niente meno che con Disney e con l’allora disneyana Miramax, e Disney comincia a pianificare uscite di Miyazaki anche nel mercato italiano dei lavori pregressi, commissionando alcuni doppiaggi:
nel 1997 viene preparato da Gualtiero Cannarsi un doppiaggio Home Video per Totoro (1988), che però non esce, e nel 2000, la corazzata Disney/Miramax fa uscire Mononoke addirittura nei cinema italiani, con doppiaggio di Silvia Monelli…
la cosa non va male e nel 2002 Disney doppia Kiki (’89) con Carlo Valli e la fa uscire in DVD, e nel 2002-2003 allestisce un doppiaggio di Cannarsi per Porco Rosso (’92) per un pensato DVD però mai realizzato…
Nel 2003, La città incantata (2001), grazie alla distribuzione americana di Disney, vince l’Oscar per il miglior film d’animazione e Miyazaki viene in qualche modo scoperto a livello di massa anche in Italia (Il fiuto di Sherlock Holmes, ’84, e la serie Conan, ’78, visti con trionfo in Italia, erano nel cuore di agguerriti ma ben pochi appassionati; e i molti episodi di Lupin III, 1971 e 1980, era difficile venissero considerati di Miyazaki), dove il film esce con grande successo grazie a Mikado e a un doppiaggio di Teo Bellia…
Nel 2004 Disney prepara edizioni italiane per Laputa (’86, con Carlo Valli) e inizia la distribuzione dei doppiaggi di Porco Rosso del 2002-2003, e del Totoro del 1997, ancora inediti…
il DVD di Laputa esce, ma quelli di Totoro e di Porco Rosso no…
perché intanto i diritti Disney scadono e vengono riacquisiti dalla Lucky Red di Andrea Occhipinti che riorganizza nuove uscite dei film, non solo in DVD ma anche in sala, e nuovi doppiaggi, nei quali una figura fino ad allora “marginale”, spicca in primo piano…
Gualtiero Cannarsi, che al tempo dell’assunzione per il doppiaggio di Totoro, nel 1997, ha poco più di 20 anni, aveva lavorato come dialoghista per Valli per Kiki e Laputa nel 2002 e nel 2004, ma aveva visto i suoi lavori in prima persona (Totoro nel ’97 e Porco Rosso nel 2002-2003) rimanere inediti…
con l’avvento di Lucky Red, Cannarsi si riappropria di Miyazaki, non solo doppiando i film nuovi che Miyazaki tratta per l’Italia direttamente con Occhipinti (Howl [2004], Ponyo [2008] e Si alza il vento [2013]), ma anche ridoppiando in prima persona i film “vecchi” per ridistribuzioni in sala a marchio Lucky Red: Totoro (2008, scartando il suo stesso doppiaggio del ’97), Porco Rosso (2010, scartando il suo stesso doppiaggio di 7-8 anni prima, che si vocifera mancasse ancora di adeguato missaggio), Laputa (2012), Kiki (2013), Mononoke (2014), Città incantata (2014) e Nausicäa (2015)…
Già nel 2004 alcuni storsero il naso per l’adattamento di Howl, ma è stata la sostituzione del doppiaggio di Monelli di Mononoke, nel 2014, a far protestare più persone: anche se non contentissima del lavoro di Monelli, la gente ha tacciato la versione di Cannarsi di eccessiva pesantezza…
Nel 2019, Cannarsi è assunto da Netflix per rifare il doppiaggio di Neon Genesis Evangelion (1995)… Cannarsi aveva lavorato al primo doppiaggio italiano di quella serie nel 2000, ma 19 anni dopo decide di voler ridoppiare tutto quanto ottenendo un disastro: gli spettatori, già adirati con lui per Miyazaki, protestano con Netflix e si dice anche che i doppiattori si rifiutavano di pronunciare le battute di Cannarsi, sì aderenti al giapponese, ma in maniere così automatiche e letterali da non garantire affatto la comprensione in italiano…
Netflix fa ridoppiare di nuovo Neon Genesis Evangelion nel 2020, eliminando tutto il lavoro di Cannarsi che, da allora, non è più riuscito a riottenere un armistizio con il pubblico…

Il ragazzo e l’airone è doppiato da Alessandro Rossi senza alcuna partecipazione di Cannarsi…

Io non posso mentire dicendo di aver percepito le edizioni di Cannarsi pesanti… anzi, Si alza il vento l’ho visto molto volentieri…
le ho sempre sentite senza alcun problema, anche perché le ho sostituite con le versioni in giapponese appena ho potuto…

E non mi è sembrato di sentire la gestione di Rossi così diversa, se non per una attenzione all’interpretazione attorica meno bimbosa

per capirsi: si avvertivano troppe infantilezze in un contesto effettivamente non user friendly da parte di Cannarsi (in Kiki, per esempio, mi è sempre risultata stonata una Ilaria Stagni manieratissima sul gatto Jiji esclamare come una bimba «mi crepitano i baffi»: un verbo non proprio all’ordine del giorno), ma i personaggi sono effettivamente bimbi e quindi anche Rossi usa attrici bimbose
magari Rossi usa meno vocaboli desueti, ma ha a che fare con una trama così complessa di per sé che il linguaggio usato gioca un ruolo relativo
e siccome Miyazaki è tutto sempre complesso, non credo che Cannarsi lo abbia davvero appesantito più di tanto come tutti dicono…

Alle musiche, Joe Hisaishi non vive per niente di rendita né indulge nel manierismo, e prepara una colonna sonora cattiva, con gli archi che sembrano un quartetto da camera, a cui si aggiungono suoni inusitatissimi: da sentire in sala da concerto!…

Un pensiero riguardo “Il ragazzo e l’airone

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  1. a me la parte prima dell’entrata nel magico è piaciuta molto, era tranquilla e anche misteriosa; suggeriva molto (forse cose che poi non sono state fatte, come le intenzioni dell’airone che chiedeva di essere liberato e che lo voleva rapire?)

    io cmq alla fine, quando lei decide un destino di morte per averlo come figlio, ci ho pianto <3

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