Tutti quanti l’hanno già paragonato a un cinepanettone
e hanno ragione da vendere…
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è una sorta di remake di Grand Hotel Excelsior di Castellano & Pipolo (1982), con Celentano, Abatantuono, Verdone, Giorgi, Montesano ecc. ecc.
unito a una voglia di pistolotto scotto politicante e spoliticante alla Triangle of Sadness…
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sembra che Polanski tenti di rifare il suo classico What? (1972: la protagonista di quel film, Sydne Rome, è nel cast), con un cast totalmente decrepito (come i vecchiacci cattivi e fastidiosi di Rosemary’s Baby, ’68, e Le Locataire, ’76), ma poi finisca per essere indulgente con i ricconi poiché, poverini, soffrono anche loro…
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evidentemente dopo la tanta insistenza di Luca Barbareschi sul rifare un film insieme, Polanski, dopo la fredda calligrafia di J’accuse (anche quello parzialmente prodotto da Barbareschi), che, per lo meno, era per una “buona causa”, accontenta il pressante produttore (suo vecchio attore dai tempi dell’Amadeus italiano di quasi 25 anni fa) con una commediola stanca, sì ben lavorata (ancora con i fidi Edelman e de Luze, con un ostentato lusso nei costumi di Carlo Poggioli e nelle scenografie di Tonino Zera) ma priva della precisione nei dettagli, ipertrofica veramente come quei film all stars italiani degli eighties (come Grand Hotel Excelsior era anche Grandi magazzini, ’86), e scritta con Jerzy Skolimowski (che aiutò a scrivere il primissimo lungometraggio di Polanski, nel 1962) ed Ewa Piaskowska senza alcun vero focus se non la dispersione nella caciaronata, nell’estetica cafonal (che appare quasi più da 1992 che da 1999, anno in cui The Palace è ambientato), e nella presentazione di una follia riccastra che però, dicevo, sfocia quasi nell’indulgenza…
come se The Palace fosse un monumento alla follia dei ricconi, senza che quella follia sia stigmatizzata in nessun modo, tante sono le forze centrifughe in atto, tutte ugualmente dispersive e inutili…
le situazioni, così artatamente virate in assurdo, finiscono quasi per non stupire per niente, ma anzi per riciclare vecchie idiozie, dal morto spacciato per vivo, alla marchesa matta infatuata dell’idraulico, fino a tutte le solite macchiette risapute (il concierge accondiscendente, l’ereditiera scema, le battone, i russi imbecilli), degne non solo dei classici Cecchi Gori ma anche delle stupidate di Michele Massimo Tarantini, Sergio Martino, Nando Cicero, Lino Banfi e Alvaro Vitali (con un livello di “anagrafe” un pochino più pesante), su cui aleggia un riferimento a Putin che rimane per aria, senza senso come l’intero film…
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vedere una cazzata del genere è già brutto, ma la cosa peggiora se lo si vede doppiato…
Giulia Nofri permette tutto lo spregevole doppiaggese possibile…
Francesco Pannofino è completamente scarico su Rourke…
Massimo Lopez è inascoltabile su Cleese…
Barbareschi è fuori tono perfino su se stesso…
Massimiliano Alto su Exnar è un ectoplasma…
Paolo Macedonio su Peschel è una macchietta…
un po’ meglio Franco Mannella su Masucci (il vero protagonista)
ed Eva Padoan su Bronwyn James…
tutto il resto è indistinto cicaleggio da sala di doppiaggio, del tutto allo stato brado…
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insopportabile la musichetta di Alexandre Desplat
Che tristezza!