Updike scrive il romanzo per Alfred Knopf, editore di New York, nel 1984 (Knopf muore proprio in quell’anno, ma la casa editrice, da lui fondata con la moglie nel 1915, era già stata comprata da Random House nel 1960; e Random House, oggi, è proprietà di Bertelsmann)…
La traduzione italiana se la aggiudica Rizzoli, che la fa fare a Stefania Bertola (essa stessa scrittrice: ho sentito gente che ci capisce chiamarla Bertóla) nel 1986…
non mi risultano grandi ristampe, solo quella del Club degli Editori nello stesso ’86…


Updike era un super già da 30 anni e Warner Bros. compra i diritti cinematografici immediatamente e viene fuori il film di George Miller del 1987 che tutti conosciamo, adattato da Michael Cristofer con
Cher a fare Alexandra Medford (mora),
Susan Sarandon a fare Jane Spofford (rossa),
Michelle Pfeiffer a fare Sukie Ridgemont (bionda)…
è noto che Miller e Cristofer usarono Updike come una sorta di puzzle: lo disfecero e presero solo alcuni pezzi che, ritagliati e incollati, hanno prodotto qualcos’altro, una storia completamente diversa nella quale i cambiamenti macroscopici sono solo la punta di un iceberg…
per esempio, per Updike Alexandra si chiama Spofford, è “in carne” e bionda,
Sukie (che sarebbe Suzanne) si chiama Rougemont ed è rossa,
Jane si chiama Smart, ed è mora…
Dopo il film, grosso successo, le ristampe italiane Rizzoli sopraggiungono assai, riproducendo la locandina del film…

Nel 1992, Rick Rosenthal gira un pilot per la NBC:
Ally Walker era Alexandra Spofford,
Julia Campbell era una Jane ribattezzata Hollis,
Catherine Mary Stewart era Sukie, di nuovo Ridgemont
…ma è rimasto lì: nessuno l’ha comprato…
Nessuno ha comprato neanche il pilot di Michael Robin per la Fox del 2002:
Marcia Cross era Jane Spofford,
Kelly Rutherford era Alexandra Medford,
Lori Loughlin era Sukie Ridgemont
Nel 2008, Ugo Guanda [nome che deriva dallo pseudonimo del fondatore, Ugo Guandalini, che già dagli anni ’30 cominciò a firmarsi Guanda], nella collana Narratori della Fenice, ripropone il libro nella traduzione di Bertola…

E nel 2009 va a segno un altro pilot, prodotto dalla ABC, strutturato da Maggie Friedman e diretto da David Nutter, in cui rimangono i caratteri ma i nomi cambiano davvero del tutto:
Rebecca Romijn sarebbe Alexandra, ma si chiama Roxanne “Roxie” Torcoletti…
Lindsay Price sarebbe Jane, ma si chiama Joanna Frankel…
Jaime Ray Newman sarebbe Sukie, ma si chiama Kat Gardener…
Dopo il pilot, la ABC produce altri 12 episodi, che però non vede nessuno, e quindi lo show viene cancellato…
Nonostante i nomi cambiati, Rebecca Romijn era effettivamente assai aderente alla descrizione che Updike fa di Alexandra, così come appare dalla traduzione di Bertola…
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Dopo le tragedie traduttive doppiaggesi di 4 3 2 1, mi sono immerso davvero con gioia nella traduzione vivida, evocativa e coltissima di Bertola…
e dopo un narratore così pedante come Auster, che ti dice tutto e tutto ti racconta, come se qualsiasi parte della vita fosse raccontabile, avere a che fare con un romanzo di 40 anni fa, di tutt’altra pasta e animo, che al contrario pensa che se tante cose si raccontano allora vuol dire che tante altre rimangono fuori dalla narrazione, è stato davvero rigenerante…
anche se la storia raccontata da Updike è di quelle che ti lascia dubbi e pruriti…
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Scritto con un paradiso di descrizioni metaforiche “assurdiste”, e traboccante di un’adorabile sistema diegetico basato sulla sinestesia, Le streghe di Eastwick parla di cose assai diverse da quelle che si sono viste negli adattamenti cinematografici e televisivi…
poiché Updike, col suo linguaggio magico, cangiante e saturnino, davvero streghesco, fa un qualcosa di interpretabile e simbolico, che gli adattatori hanno plasmato, giustamente, a loro modo, ma che nel romanzo di partenza rimaneva alla mercé del giudizio di qualsiasi lettore…
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La struttura, come effettivamente un triangolo stregoso, è trina:
La prima parte si intitola La congrega (The coven),
la seconda Le stregonerie (Maleficia),
la terza La colpa (Guilt)…
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Nella prosa luninescente e fantasiosa di Updike, le cose sono date per vere ed effettive, anche quando sono palesemente simpatiche o scherzose…
per esempio, del marito di Sukie si dice che è diventato una tovaglietta… e non è dato per fantasy o per sortilegio, ma effettivamente per realtà…
così come per realtà viene dato che le tre donne sono “streghe”…
nella marittima cittadina sonnacchiosa di Eastwick, nel Rhode Island, la confessione protestante degli Unitari sparge di puritanesimo ipocrita la comunità di fedeli, mentre le tre donne protagoniste (i cui caratteri, e certi ma non tutti i particolari del loro passato, vengono fascinosamente evocati) scopacchiano con chi vogliono, in un ambiente che però è piccolo, e quindi molte si trovano a copulare con gli stessi uomini, quasi “a turno”: si sa perfino che Alexandra è stata a letto con l’ex marito di Sukie…
quando il romanzo inizia capiamo l’ambientazione cronologica dei primissimi anni ’70 e siamo alla fine dell’estate…
Alexandra ha da tempo una relazione con lo sposatissimo idraulico Joe Marino;
Jane fa l’amore con l’anche lui sposatissimo musicista Ray Neff;
Sukie se la spassa con lo sposato pastore “Unitario”, Ed Parsley…
Le tre, ogni tanto, per puro dispetto, fanno “incantesimini” ai notabili di Eastwick, soprattutto alle notabili, cioè alle anziane simpatiche ma bacchettone della cittadina… per esempio, Alexandra slaccia il collier di perle a una vecchina rea di aver fatto una battutina su Alexandra e Joe: sulle perle la vecchina cade… non si fa nulla di grave, ma la potenzialità dell’incidente poteva essere grossa…
questi scherzetti sono intesi dalle tre donne come innocenti: per esempio Alexandra nega di aver provocato la caduta: ha solo disfatto il collier: la caduta è stata accidentale…
Tutte e tre le donne sono state lasciate dai mariti, o sono vedove, e hanno diversi figli…
Il giovedì sera, Alexandra (detta spesso Lexa, e alcune volte anche Sandy), Sukie e Jane si ritrovano per quelle che dalla descrizione “magica” sembrano orge saffiche tra amiche…
si capisce che è Alexandra la forte delle tre, l’unica che forse prende l’essere strega sul serio…
La vita a Eastwick è noiosa, e ad animarla giunge Darryl Van Horne, quello che sembra un grande milionario di New York, che a suon di dollari compra la magione locale (Villa Lenox) onde poterci fare esperimenti chimici per creare una vernice fotovoltaica…
Updike dice che il potere delle tre streghe è “sorpassato” da una forza più grande di loro, ma che Van Horne sia un diavolo, o un warlock, come leggo in diverse sinossi anglofone del web, non è mai espresso…
Van Horne è descritto sgradevole, che sputacchia quando parla, pelosissimo, e molto vanesio…
è Alexandra, annoiata da Joe Marino, a volersene innamorare da subito…
ma Van Horne corteggia tutte e tre le protagoniste…
con Jane ci suona della musica, lei al violoncello, lui al pianoforte (con mirabili descrizioni delle partiture di Bach [soprattutto], Webern, Schubert, Brahms, Hindemith, e viene solo nominato il concerto per violoncello di Dvořák, che invece John Williams usa assai nel film di Miller dell”87)…
spinge Alexandra a espandersi nell’arte, lei che è scultrice dilettante, sul solco di Niki de Saint Phalle (quella del Giardino dei Tarocchi di Capalbio!)…
spinge la giornalista Sukie a scrivere un romanzo…
Alexandra si convince di essere contraccambiata nel suo amore per Van Horne quando egli la invita, ultima delle tre già invitate in precedenza, a Villa Lenox: l’invito non finisce in sesso: Alexandra “scappa”, sfidando l’alta marea che minaccia la villa, con la scusa di doversi ricongiungere col cane rimasto in macchina (tutte e tre le donne possiedono un cane; Van Horne ha invece una gatta)… Nella tristezza che Van Horne dimostra nel vederla andarsene, Alexandra si immagina tutto un mondo d’amore…
e Villa Lenox appare piena di meraviglia d’arte e di aggeggi avvenieristici, lussuosissima: le donne vedono i capolavori pop art contemporanei, giudicati costosissimi, esposti nei corridoi (sculture immense e bizzarre); la sterminata collezione di fumetti rari (c’è anche una battuta divertente su Darryl Van Horne che apprezza il Joker di Batman, ben prima che George Miller ingaggiasse Jack Nicholson nell”87 e ben prima che Nicholson impersonasse proprio il Joker due anni dopo!); il fantascientifico impianto hi-fi; i tetti che si aprono automaticamente; il campo da tennis con una cupola gonfiabile che lo rende agibile anche in inverno…
Nella notte di Halloween (le stagioni sono dipinte da Updike con suggestione sopraffina, quasi meglio di come le descrive Puškin!), le tre donne si trovano finalmente tutte e tre nella super-piscina di Van Horne a fare quella che nella prosa magica sembra una grande orgia, simile a quelle saffiche che hanno le donne sole, con in più la presenza maschile, Van Horne, che agisce effettivamente come un satiro diavolo descritto nei processi di stregoneria dalle malcapitate imputate, le cui deposizioni vengono citate in esergo del primo capitolo, che con questa orgia si conclude…
L’inverno passa tra le dicerie della cittadina…
Nonostante la volontà di Alexandra di essere la vera sposa di Van Horne, questo desiderio non si realizza mai, anzi, si dice che Van Horne faccia gli esperimenti sessuali più arditi con Jane… e intanto Villa Lenox perde, nella routine, molto del suo incanto…
Alexandra si accorge che le opere d’arte costose si impolverano, che l’impianto hi-fi comincia a gracchiare, che i tetti automatici si guastano, che la cupola gonfiabile sul campo da tennis si buca, e che la Villa, più che un maniero aristocratico, sembra un magazzino mal tenuto, quasi del tutto vuoto e marcescente…
gli esperimenti di Van Horne sulla vernice fotovoltaica non sembrano andare in nessun posto…
il pastore Ed Parsley lascia Sukie per andare con una sessantottina rivoluzionaria, si dice proprio a fare gli attentati! Per la sessantottina lascia la moglie! E dopo poche settimane il pastore Parsley muore durante la fabbricazione di una bomba casalinga!
la sessantottina sua compagna sembra sparita, “vaporizzata” nell’esplosione…
Una storia tremenda dalla quale Sukie si “consola” guarendo col sesso l’infelice Clyde Gabriel, suo direttore nel giornaletto locale, sposato con la bigottissima Felicia…
Sukie fa del sentimentalissimo sesso col compassato Clyde, appassionato di astronomia, perché con Felicia le cose vanno male: per sopportarla, lui beve come una spugna…
La baciapile Felicia è famosa a Eastwick per le sue sparate pubbliche contro Playboy venduto in edicola e contro le scene più nude del solito nei cinema…
o per questa sua antipatia, o solo perché Sukie vuole sbarazzarsi di lei per guarire meglio l’amato Clyde, Felicia è vittima di un giochetto di Sukie e Jane: un giorno le due riempiono un barattolo, “simbolo” di Felicia, di piume, spilli e puntine da disegno, e da allora Felicia, mentre parla, si trova in bocca piume e spilli, che non può far altro che sputacchiare, anche in pubblico!
Una sera, una Felicia sputacchiante blatera più del solito a Clyde facendogli capire che sa bene che lui la tradisce con Sukie…
Clyde, ubriachissimo, stanchissimo della prosopopea moralistica della moglie, immerso nelle elucubrazioni nichilistico-epicuree sull’inutilità dell’esistenza che deduce dal De rerum natura di Lucrezio, che tanto vorrebbe leggere invece di stare a sentire la moglie, reagisce alle urla di Felicia schiantandole l’attizzatoio del camino in testa…
Preso da una ferocissima ma ferrea idea che tutto è inutile, Clyde, ubriaco, non si scompone granché nel vedere la moglie morta a causa sua: lo prende come un semplice accidente deterministico della termodinamica… totalmente inutile come la termodinamica stessa…
nella stessa maniera vede anche la sua vita, e con piena consapevolezza, pur ubriaca, e con una meticolosità che Updike descrive con millimetrico strazio, si impicca, calcolando benissimo la distanza giusta tra l’attaccatura della corda e gli scalini sottostanti, apposta per rendere efficace l’operazione…
Succede come per le perle e la caduta della vecchina: sono state Sukie e Jane a causare la morte di Clyde e Felicia col loro barattolo stregato?
I maleficia sono effettivi?
oppure Sukie e Jane fanno solo innocenti giochetti consapevoli di avere meno potere senza Alexandra, il vero cuore del loro coven…?
Intato però Clyde e Felicia sono morti, in maniera atroce: chiedersi il perché ha davvero senso?
E la “vita continua”…
La primavera passa lenta: più passano i giorni e più i soldi di Van Horne sembrano “svanire”, o addirittura non esserci mai stati… anche se le ragazze, a corto anche loro di denaro, sperano che siano tutte voci e che Van Horne abbia da parte i fondi per salvarle dalla miseria delle bollette da pagare…
Alexandra, tutta presa dal mai realizzato amore per Van Horne, trascura la sua casa, il suo giardino e la sua arte: progetta una grande scultura, ma non riesce a dargli forma, e le altre, ispirate a Niki de Saint Phalle, vengono rifiutate dal gallerista newyorkese amico di Van Horne proprio perché troppo uguali a quelle di Niki de Saint Phalle…
Jane e Van Horne suonano, e Van Horne compone anche musica pianistica contemporaneista, ma la vera concretezza del miglioramento musicale non perviene… e le musiche di Van Horne giungono alle orecchie come paccottiglia musicale…
Il romanzo di Sukie non trova mai la quadra…
e non solo: con la morte di Clyde, Sukie ha perso sia l’amante sia il lavoro: il sostituto di Clyde la mobbizza al giornale, e lei lo insulta dicendogli «ti auguro di romperti una gamba!»… e il sostituto la gamba se la rompe davvero!
Coincidenze o sortilegi effettivi?
Sukie, licenziata dal giornale, trova lavoro come agente immobiliare e vende la casa dei defunti Clyde e Felicia a due professori in pensione…
e il ricavato della vendita va ai figli di Clyde e Felicia: Chris e Jenny…
Jenny è così carina e innocente: dottoranda “tarda” di biologia, quasi sulla trentina, che però appare molto più giovane, incantata e perbenino…
Sukie la prende in simpatia e la invita da Van Horne insieme a Chris…
Chris si appassiona alla collezione di fumetti di Van Horne, mentre Jenny riesce a comprendere gli esperimenti fotovoltaici proprio mentre Van Horne sta pensando di abbandonare le vernici per provare a fare elettricità con i microorganismi e coi batteri… Jenny diviene quasi una “assistente” di Van Horne…
Chris rimane sempre semi-nascosto, ma Jenny invece partecipa, anche se quasi sempre “passiva”, alle orgione tra le donne e Van Horne…
ed è soprattutto Alexandra che simpatizza con Jenny, che si fa toccare di più da Jenny (rispetto alle altre): insieme condividono una fobia “subliminale” per i tumori…
In estate, quando Van Horne sembra davvero sull’orlo della bancarotta, una sera le tre donne vanno alla solita orgia e trovano Van Horne e Jenny sposati…
Per Jenny e Van Horne è una cosa normale, che non cambia minimamente le cose: le orgie continueranno, così come l’amore panico tra tutti loro, solo che ci sarà questo vincolo legale che lega Van Horne e Jenny…
Jane, Alexandra e Sukie lo prendono come un terribile tradimento, perfino dal punto di vista “economico” (convinte che Van Horne menta sul prosciugamento di capitali, avevano sperato per loro l’eredità di Villa Lenox, che adesso è di Jenny!)… e non tornano quasi più a Villa Lenox…
e l’estate passa tra gossip vari…
la sessantottina che sembrava “vaporizzata” col pastore Parsley in realtà è viva, e torna a Eastwick a fare volontariato per gli “Unitari”, alla cui guida c’è ora la vedova di Parsley…
la sessantottina, la vedova di Parsley, la professoressa che ha comprato la casa di Clyde e Felicia, la vecchina che sparlava di Alexandra e Joe all’inizio, la moglie di Ray Neff, l’amante musicista di Jane, sembrano aver sviluppato un loro coven streghesco, in “antagonismo” con quello di Alexandra, Jane e Sukie…
ma, ancora in lutto per il tradimento di Jenny e Van Horne, le tre donne hanno altro a cui pensare… e contro il coven rivale si limitano a fare piccoli giochetti, con ancora coinvolti piume e spilli da sputacchiare…
Intanto, Jane si trova un altro amante, Sukie finisce per andare a letto con il direttore del giornale che si era rotto una gamba a causa sua, e Alexandra fa un litigio con Joe, sicura che Joe si ripresenterà passandoci sopra come sempre, ma invece Joe non torna più…
Van Horne e Jenny continuano a invitare Jane, Sukie e Alexandra, anche per ravvivare serate tristi a causa, si dice, dell’atmosfera da banca rotta che si respira a Villa Lenox…
Ma Jane, Sukie e Alexandra se la sono legata al dito: soprattutto Jane: lei che aveva dato a Van Horne il sesso più estremo si trova a essere sostituita con una ragazzina inesperta!
E poi sia Jane sia Sukie, di fondo, si sentivano che Van Horne sarebbe stato di Alexandra: quel sentore di connubio tra Alexandra e Van Horne che anche Alexandra ha sentito immediatamente…
Jane e Sukie confessano ad Alexandra che, nel settembre precedente, avevano fatto uno dei loro incantesimini per legare lei e Van Horne…
…ed era a causa di quell’incantesimo che Alexandra ha visto l'”amore” in Van Horne la sera che è scappata contro la marea per ricongiungersi col cane!
quell’amore era finto: era magia…
perché gli incantesimi che sono?
è vero?
o è immaginato?
Fatto sta che Jane e Sukie sono inviperite contro Jenny, la donna che ha rubato loro il sollazzo maschile…
e chiedono, soprattutto Jane, di fare un malocchio, stavolta tutte e tre, contro Jenny!
per farle venire quel tumore che tanto teme…
Sukie e Jane sanno che senza Alexandra l’incantesimo avrà solo la forza del potenziale che hanno avuto gli altri (contro Felicia, a favore di Alexandra e Van Horne, contro il nuovo direttore del giornale che si è rotto una gamba: potenziale possibile ma mai certo; oppure solo scherzoso, come le spillette da sputacchiare nel coven rivale), mentre se c’è Alexandra, il tumore arriverà davvero!
Proprio Alexandra, quella che si era certo dispiaciuta del matrimonio tra Jenny e Van Horne, ma che tra la routine dei figli, della scultura e del giardino aveva serbato meno rancore delle altre, finisce per acconsentire alle richieste delle sue compagne di coven e officia il rituale contro Jenny…
nel rituale, Jane, la più velenosa contro Jenny, che più aveva insistito per farle il malocchio, alla fine però fa poco e nulla, perché l’odio abbaia ma non morde, è l’Amore che innesca la magia… e infatti Alexandra, con il vero amore che aveva per Jenny e per Van Horne, finisce per fare loro del male… per davvero…
A Jenny viene scoperto un tumore immenso pieno di metastasi…
E Alexandra si sente in colpa per aver ceduto alle richieste delle amiche, che al contrario minimizzano: il loro malocchio, per Jane e Sukie, è stato esattamente come gli altri loro incantesimi: un potenziale scherzoso, senza importanza, che non ha *davvero* provocato il tumore di Jenny…
Alexandra invece è avvinta dal rimorso, la guilt del terzo capitolo…
e passa l’arrivo del nuovo autunno, che segna un anno esatto dall’inizio del romanzo, a riflettere sul tradimento, il rancore e il rimorso, a pensare alla facilità con cui l’amato Joe se n’è andato (e perché doveva restare? solo per continuare una relazione che Alexandra stessa ha fatto di tutto per far rimanere senza importanza?), e alla casualità che accade e basta, così scioccante da sublimarsi in sortilegio, in magia, in malocchio, ma invece è sempre e solo cara e vecchia esistenza entropica e termodinamica: completamente a caso e completamente inutile…
Sukie sembra solidarizzare col rimorso di Alexandra, ma poi la vediamo divertirsi troppo a fare gli scherzi al coven rivale…
per niente dispiaciuta è Jane, che si mostra contentissima che Jenny soffra e muoia… la sua cattiveria è punita con la distrazione di lasciare il violoncello fuori dalla custodia: il suo stesso cane, un dobermann, lo divora…
e Jane, però, testarda, non lo fa aggiustare da un costoso professionista liutaio, ma lo risistema in modo casalingo col nastro adesivo e continua a suonarci in quel modo, in una pura follia di cocciutaggine…
Jenny muore dopo tanti mesi: un’agonia malinconica e straziante…
e quando muore si vede che Van Horne ha usato i soldi di Jenny, avuti dalla vendita della casa di Clyde e Felicia, per fare una company con i professori che hanno comprato la casa: una company fasulla in cui accatastare i debiti, che rimangono solo ai professori, mentre Van Horne fugge a New York, dove gli avvocati pensano seriamente che il nome Van Horne sia completamente finto…
e Van Horne fugge a New York con Chris, il fratello di Jenny… sempre in disparte e mai coinvolto nelle orge, si dice che invece sia sempre stato il vero amante di Van Horne…
Il malocchio a Jenny, il tumore a Jenny, la morte di Jenny: tutto ha avuto origine dall’illusione che fosse Jenny la causa dell’infelicità, invece le cose stavano in tutt’altro modo
ma in che modo?
Jane e Alexandra riflettono sul fatto che loro hanno proiettato su Van Horne quello che volevano loro: erano loro che vedevano Villa Lenox lussuosa quando invece era un tugurio marcescente; erano loro che l’hanno tanto voluto amare mentre lui se ne fregava; erano loro che lo volevano solo per loro mentre lui era per chiunque…
forse sono state loro a crearlo: Van Horne forse è solo un manifestarsi di un loro desiderio…
Oppure Van Horne ha sempre davvero avuto il controllo: personaggio che si vede tutto sommato poco nella diegesi, per Jane è stato invece il mastermind di tutto: è stato lui a voler sposare Jenny per prendersi i suoi soldi, ed è stato ancora lui che, per avere solo i soldi e non doversi sorbire una pedante moglie perbenino, ha originato l’odio del coven per far sì che si facesse il malocchio capace di ucciderla (cosa che permetteva a Van Horne sia di intascare i soldi sia di potersela spassare col fratello della morta, un Chris di cui Updike non si impegna a fornire alcuna descrizione o motivazione)!
Ma è così che è la magia, è così che è la vita…
fumo negli occhi di accadimenti casuali, in cui si cercano motivi e sensi là dove c’è solo il nulla, l’impressione, gli ormoni, e solo i sentimenti umani, meschini, speranzosi e triviali sentimenti umani, che prorompono naturali a originare una serie di conseguenze così numerose da incasinare anche il già di suo incasinato universo entropico…
Sopraffatta da tutto questo e incapace di leggere quel che è stato, Alexandra si mette a osservare la sua scultura più grande, informe e arzigogolata: si è sempre chiesta cosa potesse rappresentare…
dopo tanto riflettere, Alexandra pensa che la scultura è un marito, un affetto, un complice…
Da questa epifania, Alexandra comincia a immaginarsi una vita diversa, lontana da Eastwick, e riesce a trovare qualcuno con cui passare il resto della sua vita… Alexandra è riuscita a immaginarsi un Van Horne diverso, e quell’immaginazione si realizza…
qualcosa di simile, dopo più tempo (il finale coincide col tempo della prima edizione), riescono a farla anche Sukie e Jane… tutte vanno via da Eastwick con uomini che hanno invocato…
una Eastwick che sembra rimanere preda del coven loro rivale, ma dove la magia di Sukie, Alexandra e Jane è rimasta, nelle dicerie e nei pettegolezzi che piano piano si fanno leggenda: la leggenda di tre ragazze che cercavano un modo per vivere nella casualità della vita e che, nella distorsione della leggenda pettegola, essa stessa soggetta all’entropia, sono diventate streghe…
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Non è un romanzo edificante, ma la sua prosa, così fantastica, e così ironica in mezzo all’incanto (nel mezzo delle più nichilistiche riflessioni, Updike riesce a immettere metafore o digressioni divertentissime: mentre è in atto il drammaticissimo malocchio su Jenny, le ragazze ricordano l’assurda storia che la candida gatta a pelo lungo di Van Horne è in realtà un avvocato del Settecento reincarnatosi per sfuggire ai debiti di gioco!), va avanti così coccolante, e così pregna di significati nella più minima delle frasi, che è impossibile non fluire insieme a lei, abbandonarsi alla sua corrente, stregati da lei: una prosa che ci racconta questa vicenda esprimente l’ibridazione tra immaginazione e leggenda, tra visto e ricordato, tra vissuto e sognato, che va dalle stelle (la gioia sessuale, l’accensione artistica e vitalistica) alle stalle (la constatazione che nulla serve e che tutto è casuale e inutile, sfociante spesso in assassinio e malattia), imprimendosi assai nella filosofia del lettore, che capisce di stare assistendo a un logos fatato e insieme saturnino sul dolceamaro andamento sinusoidale della propria esistenza, effettiva e interiore…
Io ho compreso la gelosia delle ragazze, il loro rancore, e la loro voglia di vendetta, ma come il narratore che mi narrava i loro sentimenti, sapevo che quel rancore era inutile e sciocco: il romanzo mi ha quindi prodotto una bellissima catarsi sia facendomi vivere i sentimenti istintivi della vendetta sia facendomi comprendere razionalmente la loro inconsistenza…
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Me lo sono goduriosamente bevuto!
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Notare bene: nel 2023, la SUR di Roma ha pubblicato una nuova traduzione di Lorenzo Medici (dovrò valutarla)
Eh
Io sono grande fan del film e prima o poi vorrei leggere il libro
Sapevo che il film non è fedelissimo, mi sono anche un pochino perso nel tuo riassuntone commentato, ma rimango della mia opinione: voglio leggerlo
Grazie!
Io mi sono bevuta questa lettura: conoscevo solo il film e invece qui c’è un mondo.
Ho adorato la definizione “triangolo stregoso” e apprezzato la chicca su Joker!
Non ho visto il film, il libro è bellissimo