È stato pubblicato dalla Minimum Fax di Roma nel 2021…
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Questo non è uno sproloquio di qualcuno che riesce a riempire 100 pagine solo di chiacchiere di niente come un’edizione del Grande fratello (come l’ultimo di Veronica Raimo), né un gialletto inconcludente saputello (come quelli di Carofiglio)…
è un libro molto interessante
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I gangli ispirativi li dichiara la stessa Galletta verso la fine della vicenda: Paolo Volponi, La speculazione edilizia di Italo Calvino, La chiave a stella di Primo Levi, e The Turn of the Screw di Henry James…
Come stanno insieme queste cose?
Con un amalgama affascinante di osservazione esatta ma rielaborata mentalmente e personalmente…
Anche Volponi è tanto esatto ma mentale da farci sfuggire spesso il senso recondito, che va cercato con fatica di riletture; anche Calvino scolora in magia nelle improvvise figurazioni epifaniche interiori dei protagonisti; anche Levi conclude spesso con chiosette che aprono ironicamente al nonsense dopo tante parole scientifiche; e Henry James è maestro nel lasciare nel dubbio quanto è percepito e quanto è immaginato…
Galletta usa gli stessi ingredienti strutturando tutto in un intreccio quasi alla Sergio Leone, il Sergio Leone dei flashback di C’era una volta in America e Per qualche dollaro in più: flashback via via sempre più ampi e “chiari” nel rivelarci il rapporto col presente della diegesi…
Quelli di Galletta sono sia flashback sia visioni di dubbia percezione come quelli di Henry James, presentati come consustanziali al presente, come succede in In the Electric Mist di Bertrand Tavernier (il film del 2009)…
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Il risultato del mix è un romanzo fluido, fatto di analisi del mondo del lavoro edilizio civile italiano, analisi minuziosa ma aerea, densa di baluginii irrazionali, di risacche di allucinazione, come se nel lavoro stancante del cantiere civile, fatto di spossatezza, sfruttamento, idiozie burocratiche, mezzemaniche scribacchine incompetenti ma strafottenti, il rifuggire verso il “conforto” delle visioni mentali fosse l’unica strada…
…anche perché le visioni mentali contribuiscono a fare “giustizia” (quasi come in What Lies Beneath di Zemeckis) di quei cantieri (o dei loro “indotti”) andati maluccio nel passato, cantieri in cui la disperazione era traboccata e finì in tragedia…
una tragedia che emerge a far capire alla protagonista le “ragioni” del passato affinché non vengano ripetute in futuro…
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Galletta racconta, con una intrippante idea narrativa a metà tra l’analisi e l’allucinazione, un cantiere fatto bene, e fatto bene perché portato avanti da depressi empatici, pieni di problemi personali, che elaborano quei problemi in fantasmi da ascoltare, fantasmi che ispirano a imbrigliare tristezze e dolori in un lavoro che sia preciso, funzionale, utile, apposta per non far provare ad altri quegli stessi dolori…
E imbrigliando tutte le delusioni e le tristezze in un qualcosa di fatto bene, quel qualcosa fatto bene poi funziona come exemplum e monito esso stesso di consolazione e ispirazione futura, a emendamento ed edulcorazione di qualsiasi altro malessere futuro…
…il cantiere è andato bene, e l’abbiamo fatto noi, ed è la prova che si deve agire in quel modo…
il cantiere stesso, una volta finito, diventa esso stesso il fantasma da evocare per consolarsi dei problemi ingiusti da affrontare…
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Il cantiere viene bene anche perché, grazie alle fantasmatiche consapevolezze, è stato lavorato con flessibilità e non con rigidità, è stato realizzato per adattarsi invece che per imporsi sul fiume e sulla vita, è stato costruito per fare parte del tutto e non per negare il resto…
E questo è la vita: piegarsi ma non spezzarsi, sopportare sì le ingiustizie ma con tutta la forza di aggirarle per fare bene: per fare quel qualcosa di fatto bene che non solo salverà la gente concretamente, ma farà da zavorra immateriale (mentale e fantasmatica) alle delusioni future…
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Nonostante la fluidità dello scorrimento, non l’ho trovato per niente lungo…
L’intreccio fantasmatico mi ha funzionato come perno portante per andare avanti…
La cornice del cantiere, delle indagini penali per i falsi fatti per far tornare i progetti (che invadono il genio civile), dei problemi degli inconsapevoli e degli incompetenti, dell’odio dei burocrati fine a se stessi, è preciso e rivelatore…
L’angoscia di chi lavora davvero, tra alzatacce, chilometri in autostrada, e ansie di risultato, è resa tangibile e pressante, quasi come in un film di Elio Petri…
L’ambiente di bruma piemontese che svapora in estate di alta pianura padana (con le zanzare che tramortiscono: il libro è ambientato a qualche chilometro dal Lago di Viverone tra l’agosto 2005 e il giugno 2006) è stringente e tangibile…
L’uggia dell’immigrazione, tra pruriti di adattamento (i pesci di lago al posto delle parmigiane di melanzane), nostalgie, non nostalgie (con chi non è nostalgico che viene guardato male), e alla fine affezione per la terra “nuova”, è sincera e benevola…
La malinconia piena di sordo patimento di chi ha subito le morti è raccontata con delicatezza tangente piena di empatia…
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Ne sono rimasto molto coinvolto!
Anch’io l’ho trovato interessante