Gógol’ vorrebbe glorificare la “purezza” di uno stile di vita e di un personaggio, ma documenta bene quanto quelle purezze siano follie, del tutto antirealistiche e antinarurali….
Gógol’ mette tutta la sua maestria nel descrivere la Natura in modo tenero e dolce, con un amore immenso per le sue terre, e costruisce una love story commoventissima, stipata tra le cacofonie della guerra come un rubino incastonato nel ferro di una impugnatura di spada….
Alla fine quel “glorioso” stile di vita guerriero porta solo morte, una morte che recide la love story, falcidia le famiglie ma che non scalfisce per nulla la bellezza immutabile, inalterabile e indifferente della Natura, e non ha impedito che l’amore innocente e spontaneo (pur falcidiato) sbocciasse lo stesso, appunto come irrefrenabile fenomeno “naturale”… È stata una “gloria”, quindi, del tutto passeggera, che ha prodotto solo male… Una “gloria”, forse, appunto “innaturale”…
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Nella parte iniziale c’è da entrarci un po’ dentro, poi da quando i giovani si innamorano, all’improvviso, è tutta discesa…
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Leóš Janáček ha scritto uno strepitoso poema sinfonico ispirato al romanzo: spaccacuore!
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Mi sono trovato abbastanza male con la traduzione di Luigi Vittorio Nadai (che mi risulta essere stata effettuata per Garzanti nel 1992, ma forse sbaglio): non l’ho trovata “scorrevole”…
Ho preferito la versione di Laura Simoni Malavasi, condotta per Rizzoli nel 1961: l’ho letta in una edizione del 2002 preceduta da una “anziana” (credo anche lei degli anni ’60) introduzione di Eridano Bazzarelli…
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