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Giorno 343, Anno VI dello Stato Tirilullino

su Facebook ho appena scritto questa pottata:

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Io sono ateo e anticlericale, questo è ovvio, ma sono comunque appassionato di questa storia che celebra la morte e la resurrezione della natura, cioè la Primavera, personificandola… sono convinto che chi ne ha fatto una religione intransigente e prevaricante sia un criminale, perché ha arrogato un diritto di tutti (il gioire del rinascere traslato dalle celebrazioni per il rifiorire del circuito agricolo) per uno solo: ha rinchiuso la felicità di tutti quanti per dedicarla verso una irrazionale fede verso un ente unico… quelli che hanno rimpicciolito la Primavera e l’hanno intesa solo per loro, secondo me, sono stati stronzi, ma non voglio che per colpa di questi pezzi di merda, io smetta di gioire perché il circuito è ricominciato! — anche se so che gioisco, in realtà, di un eterno ritorno orribile e imprigionante, che ci condanna sempre alle stesse primavere, allo stesso mondo assurdo, alle stesse scemenze da rivivere sempre e sempre e sempre… — anche se so questo, questa festa mi ispira un ottimismo della volontà: sarà sempre lo stesso mondo che si ripresenta e fa rivivere tutte le sofferenze di continuo, ma, io, scemo e sognatore, voglio pensare che, in realtà, questa rinascita del mondo possa essere usata, per una volta, in un altro modo, così da spezzare l’eterno ritorno (break the spell) e costruire una vita nuova…

tutto questo per dire che comincia goduriosamente il Nick Pasquale, che canterà Jesus Christ Superstar la domenica delle Palme! e lo farà senza dio, dio non esiste, e chi dice il contrario è un dittatore, ma esiste la Natura che si rinnova, e solo questo c’è da festeggiare…

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questo stato d’animo è stato innescato non solo dalla Primavera, ma anche da un fatto particolare…

chiarimento #1:

la Primavera?

io che mi sento felice perché c’è la Primavera!!??

è certamente un controsenso, ma in Leek Spin si capisce bene che ogni cosa, adesso, è tornata al suo posto, quello vero, e non nei posti, sì buoni e carini, ma sbagliati che erano prima…

come diceva anche Fossati: «i biglietti senza ritorno dati sempre alle persone sbagliate…»

un fatto normale mi ha invece fatto vedere dove quelle cose andavano posizionate, nei luoghi giusti, e anche nel verso giusto…

le gravi incomprensioni del decennale hanno avuto una pausa quando, irrazionalmente e senza pensarci, sono andato a vedere L’importanza di chiamarsi Ernesto alla Pergola, fatto da Geppy Gleijeses…

Già c’erano dei pregiudizi grossi:

il lasciare il verbo ‘chiamarsi’ anziché ‘essere’, e lasciare il ridicolo nome di Ernesto… Gleijeses si deve essere accorto che la cosa non aveva senso e si è inventato un modo carino per far dire quel nome alle ragazze (Gwendolen e Cecily: Gwendolen era l’unica che si poteva vedere davvero, visto che gli altri erano mortiferi…)

chiamandolo Ernesto, l’ultima battuta era priva di qualsiasi fondamento diventente…

era ovvio che era una illustrazione di un testo, per altro quello di Masolino d’Amico che noi scartammo perché troppo letteroso… (preferimmo Lunari, in primis, e anche l’edizione Garzanti che, genialmente, usa il nome Fedele)…

e come illustrazione non prendeva iniziative, solo per quelle cose che, senza intervento, sarebbero rimaste sulla carta, come, dicevo, il nome e una certa voglia di qualcosa di più, che lui non ha fatto…

 

 

si sentiva l’esigenza di Lalalù, delle musiche, dei camerierini, delle enfasi anche esagerate e parodiche, della gestica parossisitica e dell’amichevolezza accentuata (tra Gleijeses e Algernon, per altro interpretato male da una donna, non c’era chimica, ma freddezza), dei cambi scena, di fattori che ritmassero scene di dialogo lunghe…

non c’era nulla di tutto questo, e quindi, in un primo tempo, pensai:

“cazzarola, quei pezzi di merda lo volevano davvero così! sono scemi, non ci capiscono nulla, sono ghiozzi” ecc. ecc., riproponendo tutta l’antologia bloggosa dal 2007 al 2011…

poi, però, mi ritrovai a ridere perché PENSAVO ALLA MIA EDIZIONE!

le battute dette da Gleijeses in modo mortifero e asciutto, mi stimolavano, per contrasto, la mia versione… e sentivo, nelle orecchie, e mi ricordavo, nelle immagini mentali, coloro che alla mia versione hanno dato corpo e forma…

non sentivo più Gleijeses e non vedevo più il suo corpo ingessato e immobile, ma vedevo Gabriele, distrurbato da Claudia o da Selene, o da Valerio o da Paola, che giocava (letteralmente) col Tadde…

la Cecily anonima mi ha fatto sentire la mancanza di Elisa e il dialogo Cecily-Gwendolen era per nulla efficace senza il duello e le reazioni di Chiara-Elisa… Lo “scusami?” di Chiara, con lo schiocco dell’Oiseau de Feu, era troppo fondamentale!

così come il Phantom of the Opera alla parola “morto” o Strauss alla parola “Ernesto”, così come il Bartoletti che corteggiava la Tozzi, e, certamente, non si poteva sentire Lucia Poli, così accademica, in confronto alla freschezza interiorizzata e creata da Martina!

per cui mi sono trovato a ridere per uno spettacolo che è stato una pietra dello scandalo, una ragione di astio e di rabbia, che, in questi anni passati, additavo come una lotta inutile, come uno sforzo immane ripagato da ladrocini e da commenti disprezzanti le cameriere, le musiche e Lalalù, per annichilire il divertimento e trasformare il tutto nello spettacolo mortifero di Gleijeses…

il rimembrare solo il cast della prima edizione (2005) è sintomatico del fatto che rifarlo è (ed è stato) certamente una idea pessima: la chimica Cecily-Gwendolen, così come la ludicità Prism-Chasuble erano sparite nel 2007, anche se certi lazzi dei camerieri si replicarono in modo più che buono grazie a Cuoricino e Brisa… figuriamoci rifarlo ora, dopo 10 anni e tanta vita passata…

forse feci male a oppormi così tanto, direte…

e invece no!

sono liberissimi di fare una puttanata alla Gleijeses, e la facciano, ma senza estirpare quei lazzi di 10 anni fa, che non sono replicabili, come dice il Grande Gatsby: il passato non si ricrea…

ma, quest’insegnamento, mi è stato utile per capire le mie reazioni quella sera, ridanciane per una replicazione impossibile che mi ha generato tanta rabbia…

quel passato era stato da me esecralizzato, era il non-essere, era l’eresia…

quella cosa, il male, di cui il bene deve per forza parlare per mantenersi bene, quel cattivo esempio da non seguire, comodo per definire il modo in cui siamo…

tanto esercizio di questa pratica forse ha dato i suoi frutti perché, alla Pergola, io ridevo di quel bene, e solo del bene e non del susseguente male, arrivato dopo e per vie traverse…

prima non riuscivo a immaginarmelo, lo scacciavo, lo odiavo, lo esorcizzavo, lo dimenticavo e sminuivo…

non bisognava parlarne, sentirlo nominare era causa di sofferenza perché mi provocava l’odio per la previcarizione per il loro furto e per i presunti amici che coadiuvavano attivamente a quel furto… non si poteva dire…

era il mostro da uccidere eternamente e celebrarne la morte tutti gli anni!

alla Pergola, invece, mi sono ricordato di quanto fosse bello, di quanto fosse divertente, di quanto fosse vivo… di quanto fosse importante…

ridevo con la gente che anche se lo aveva fatto me lo aveva rubato…

questa cosa ha sancito uno slittamento, un rovesciamento del senso: che l’abbiano poi rubato li fa stronzi comunque e mi opporrò sempre a qualsiasi replica (anche se oggi direi che, se lo vogliono fare, possono fare tranquillamente Geijeses, perché non rovinerà, ma farà solo quello che volevano loro fin dall’inizio), ma riesco DI NUOVO a ricordarmelo, a SEPARARE il prima fattuale (construens) dal dopo ladrante (destruens)…

se prima era l’indicibile che, con qualsiasi sussurro, riapriva una ferita purulenta, oggi sono riuscito a parlarne, a ricordarmelo, a dirlo, senza provare dolore, ma ricordandomelo contento e felice, sono riuscito a riimmaginarmelo! è tornato nel non-essere, nel potenziale, nell’immaginato, con tutti i vantaggi di averlo già fatto (per capire questo, leggere: …don’t dream it… be it…) e con tutti i vantaggi di potermelo di nuovo ricordare, rivisitare e rivedere quando voglio senza aver paura di provare dolore, di strofinare una ferita aperta…

quindi posso fare tutto questo perché quella ferita, forse, si è chiusa…

e poterlo di nuovo pensare senza rabbia e dolore è sintomo di GUARIGIONE…

il riposizionare tutto al suo posto, grazie a lei, forse ha fatto sì che tutte le ferite, piano piano, si stanno rimarginando, così che, forse, potrò riparlare, rigodermi di nuovo quel passato tanto odiato, con occhi che guardano dalla parte giusta, che mi permettono di distinguere la fantasia dai furti…

grazie a lei le follie da Grande Gatsby sono lontane, senza doverlo gridare e combattere per farlo capire agli altri…

 

e yé!

 

 

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